GINEVRA – L’arrivo di Serge Pelletier sulla panchina del Lugano è coinciso con l’inizio delle “finali” una in fila all’altra per i bianconeri, conseguenza della situazione venutasi a creare prima di Natale.
Quindi bando alle raffinatezze e alle trovate bizzarre, quello del Lugano dovrà essere un puro inseguimento da strappo sulle montagne, senza fronzoli e quant’altro. La partita giocata domenica pomeriggio contro il Davos dava già un’idea di questo nuovo e obbligato concetto – reso tale anche dal mancato rendimento di alcuni giocatori – ma a Gineva Chiesa e compagni hanno messo in pista una di quelle prestazioni da elmetto militare in testa e difesa al forte con ogni mezzo.
Non fosse stato per il ritmo basso e un effetto soporifero della partita, il Lugano è sembrato tornare indietro a certe sfide di playoff contro i granata, lasciandogli il pallino del gioco ma riuscendo a colpire con cinismo quando all’avversario ha fatto più male.
Sorretti da un brillante Sandro Zurkirchen, i sottocenerini hanno badato al sodo ma lo hanno fatto con intelligenza e tanta qualità nel lavoro difensivo. I padroni di casa hanno infatti manovrato per gran parte della contesa ma solo in una manciata di occasioni si sono trovati a giocare il disco nella lunetta davanti al portiere bianconero, protetto alla grande nello slot davanti a lui.
La squadra di Pelletier ha avuto il merito di interpretare al meglio le direttive del coach, senza inventarsi nulla e soprattutto senza rischiare nulla, permettendosi semplici liberazioni del terzo quando il disco poteva diventare pericoloso. Certo è che iniziare con un gol di vantaggio dopo pochi secondi è un “boost” mica da poco, soprattutto su una pista difficile come quella ginevrina, dato che proprio la squadra di Emond è una delle più performanti del periodo grazie alle sette vittorie nelle ultime otto partite prima di martedì sera.
L’aspetto migliore del Lugano, oltre a quello difensivo, sta nel fatto che tutti i giocatori si sono impegnati per ogni cambio che hanno passato sul ghiaccio, sfiorzandosi con un forecheck profondo e asfissiante e con tantissimo lavoro alle assi.
Nemmeno evidente tenere questi sforzi fino alla fine con il Ginevra alla ricerca della rimonta, visti gli ultimi fitti impegni del Lugano, ma spesso si è imparato che la fatica diventa secondaria quando la squadra si muove veramente da squadra.
E in questi contesti non potevano che esaltarsi giocatori come Julian Walker, che con Pelletier è tornato ad avere tanto ghiaccio e compiti importanti, premiato con il fondamentale e definitivo 0-2 a fil di seconda sirena, una mazzata sul morale delle aquile.
Significativo come il Servette non sia mai riuscito a mettere sul ghiaccio una reazione rabbiosa, nemmeno sul finale con Robert Mayer richiamato in partita, sempre disturbato dal grande lavoro dei bianconeri che si è protratto fino alla terza sirena.
Come già detto questo Lugano non è per palati fini e neppure deve diventarlo. Pelletier aveva promesso di voler “mangiare con due forchette” ed il concetto è piuttosto chiaro. Il coach bianconero si affida sugli uomini che ora danno più garanzie, dà una certa libertà in attacco ma pretende ed ottiene disciplina difensiva senza inventarsi nulla ma traendo il meglio dai mezzi a disposizione.
Senza farsi distrarre dalla classifica il Lugano sa di aver intrapreso la strada giusta per lo strappo finale, le quattro vittorie piene in cinque partite sono un segnale piuttosto evidente. Roba che non si vedeva da mesi.
IL PROTAGONISTA
Serge Pelletier: Il coach svizzero-canadese sta mettendo la sua esperienza al servizio del Lugano e ha saputo preparare alla perfezione la partita di Ginevra.
Tatticamente il Lugano ha disputato esattamente la partita che doveva giocare e Pelletier ha azzeccato le mosse in un incontro che si prospettava durissimo, ingabbiando il sistema delle aquile e facendole abbattere dai suoi giocatori con cinismo e puntualità micidiali.