AMBRÌ – È stata una stagione in cui di costanti ce ne sono state ben poche in casa Ambrì Piotta, tra infiniti alti e bassi e le difficoltà di una squadra che non ha mai trovato una propria identità. Un fattore che ha però costantemente seguito i biancoblù da agosto ad oggi c’è stato e – pur se con positività si è fatto di tutto per ignorarlo – della sua presenza ce ne siamo sempre accorti tutti, volenti o nolenti… In questo Ambrì qualcosa non quadra, e lo si capisce da un numero infinito di segnali.
Sin dalle sue fasi di preparazione la scorsa primavera, la stagione dei leventinesi è infatti stata contraddistinta da un numero impressionante di contraddizioni. Una serie di inspiegabili decisioni e circostanze che hanno via via fatto perdere anche al più assiduo e attento osservatore il filo logico con cui viene condotto il club, sino ad arrivare al baratro su cui ci si ritrova oggi.
A poco più di una ventina di giorni dallo spareggio con il campione di NLB – eventualità a cui l’Ambrì è al momento la più grande candidata – si resta basiti dal vedere delle sessioni di allenamento con in pista oltre 30 giocatori, quasi si trattasse di una sorta di training camp estivo per conquistarsi un posto in squadra.
I giocatori ruotano di partita in partita, si sperimentano infinite combinazioni offensive e mai come ora questa squadra è un cantiere aperto, dopo che Kossmann aveva passato mesi (invano) a cercare le giuste alchimie ed equilibri, sbattendo però la testa contro una rosa costruita in maniera opinabile e tradita da quelli che avrebbero dovuto esserne i trascinatori.
Alla Valascia si è di fatto in pieno preseason, e alla guida c’è un Gordie Dwyer il cui ingaggio è stata una scelta coraggiosa e interessante, ma non esente da pericoli. L’ex Zagabria è indubbiamente un coach capace, promettente e che rappresenta una base intrigante per chi vuole aprire un nuovo capitolo, partendo da idee fresche e non alterate da quei pregiudizi tipici di chi conosce (troppo) da vicino la nostra realtà.
Elementi questi interessanti, ma che non necessariamente rendono il canadese l’uomo giusto per questa delicatissima situazione, ed il sospetto viene sistematicamente alimentato da alcune sue dichiarazioni post partita che lasciano trasparire una pericolosa tendenza a sottovalutare la grave situazione in cui versa il club.
Le contraddizioni di questo Ambrì iniziano proprio lì, dalle parole di chi questa squadra l’ha costruita e da chi la conduce, che spesso evidenziano una percezione della realtà sin troppo ottimistica. Minimizzando si va ad alimentare e tollerare una politica di mediocrità che sembra entrata nel DNA del club, mentre la squadra tende a rassegnarsi con troppa facilità.
Non c’è dunque da meravigliarsi se anche il pubblico sta via via assumendo un atteggiamento che mai nella storia biancoblù si era verificato, ovvero quell’evidente disaffezione che sta svuotando la Valascia e privando il club della sua risorsa più preziosa. Il tifoso il “suo” Ambrì Piotta lo ama ancora, ma collegare i puntini per capire dove si sta andando a parare sta diventando davvero complicato.
Ci si ritrova così ad esempio con un Tom Kohler che a metà marzo viene integrato nel gruppo per una sorta di tryout, mentre a giovani promettenti come Christian Pinana e Misha Moor – due nel giro della U20, non gli ultimi arrivati – una qualche pattinata in prima squadra è stata sempre negata.
Nessuna amichevole estiva, praticamente nessun allenamento alla Valascia ed ora “sacrificati” per rimediare alla disastrosa situazione degli Élite, che sul fondo della classifica c’erano già da mesi. Non che si pretendesse di vederli in pista per chissà quante partite, ma iniziare a far sentire loro il profumo della NLA con qualche convocazione ogni tanto avrebbe fatto bene a tutti.
Nel frattempo la sconfitta è diventata un’abitudine che in Valle si sembra convinti possa venir estirpata a comando quando in gioco ci sarà l’esistenza del club, quasi come se per attivare una mentalità vincente ci fosse a disposizione una sorta di interruttore.
Senza veri leader e con un gruppo in cui ad emergere ultimamente ci sono solamente Stucki e Trisconi (qui entra in gioco anche una differenza di condizione fisica?), ci si chiede chi sarà a trascinare questa squadra alla salvezza, anche considerando i diversi giocatori già accordatisi altrove oppure che ben difficilmente verranno confermati.
D’altronde i numeri confermano tutte le preoccupazioni. Dall’arrivo di Dwyer i biancoblù hanno vinto due partite su dieci, segnato 15 gol (1.5 a partita) e incassati 33 (3.3), hanno avuto 43 occasioni di powerplay sfruttandone 3, e le statistiche relative al possesso si attestano su un preoccupante CORSI al 43.15%, come per dire che a livello di gioco si sono fatti addirittura passi indietro.
A controbilanciare i numeri c’è però un’ultima importante consapevolezza, che rappresenta anche la principale speranza. Una legge dettata dal buon senso afferma che “una squadra non è mai così forte come sembra nelle sue fasi migliori, ma nemmeno così debole come appare in quelle più negative”… Ed è vero.
Per quanto debole e “fuori fase” questo Ambrì Piotta possa essere, i biancoblù non sono così scarsi da potersi esprimere solamente sui livelli mostrati di recente, ma una stagione nata male ed evolutasi ancor peggio ha minato nel gruppo forza di volontà, spirito di sacrificio, talento, fantasia, intensità, piacere nel scendere in pista.
Kossmann mesi fa aveva ammesso i problemi interni avuti da questo gruppo, e chissà se con l’arrivo di Dwyer le cose sono migliorate. Poco importa, perché all’Ambrì ora l’unica opzione che rimane è quella di unirsi e iniziare davvero a giocare come una squadra disperata e che lotta per la sopravvivenza. L’alternativa, se si continuerà a nascondersi e scaricare le responsabilità, sarà uno spareggio da incubo.