BERNA – LUGANO
5-0
(1-0, 1-0, 3-0)
Note: PostFinance Arena, 15’777 spettatori. Arbitri Fischer, Vinnerborg; Kovacs, Obwegeser
Penalità: Berna 3×2′, Lugano 6×2′
BERNA – Non sappiamo quanti credevano in una svolta della stagione o perlomeno in un importante sussulto della squadra dopo il faccia a faccia con i vertici della società nella giornata di mercoledì, ma il pensiero è che siano molto di più i disillusi, quelli che ormai hanno capito che da questa situazione non se ne esce solo con i buoni propositi e una (mezza) autocritica.
Pensare poi di andare a darsi una svegliata alla Postfinance Arena di questi tempi era oltremodo coraggioso, se non addirittura fantascientifico, portando a Berna una squadra sempre falcidiata dagli infortuni, reduce dal vergognoso 8-3 di Kloten e con evidenti problemi caratteriali che non si risolvono in un amen.
I molti disillusi probabilmente se lo aspettavano, loro malgrado, di assistere all’ennesima prova incolore dei bianconeri (non solo di fatto), perché chi ha seguito in questi ultimi 10 anni il Lugano e soprattutto nelle ultime settimane, in cuor suo non si attendeva alcun cambiamento significativo.
Troppo profondi i mali attuali di questa squadra per pretendere che di punto in bianco le cose cambino in maniera repentina, troppi gli strascichi lasciati da certe sconfitte per non credere che qualcosa sia rotto irrimediabilmente (?) e che la fiducia a gettone data allo staff tecnico non fosse semplicemente un misto tra false speranze, un guadagno di tempo e un riversamento di responsabilità che vanno equamente divise.
A Berna le cose non sono cambiate di molto, niente sussulti caratteriali clamorosi, parvenze di schemi di gioco ancora inesistenti (e tra una chiacchiera e l’altra mancano tre settimane a Natale…) giocatori in balia di errori disarmanti sotto la “guida” di una panchina ancor di più confusa e senza idee.
Il quadro non è cambiato, e non è bastata un’impostazione prudente, quasi timida e accomodante per dare segnali di speranza, perché se non è stato un naufragio totale come alla Swiss Arena, il merito è stato di un Merzlikins che in alcuni frangenti, abbandonato a se stesso, ha parato l’imparabile, e anche perché a un certo punto Ebbett e compagni si limitavano a gestire la partita.
La differenza tra il Berna e il Lugano (che perlomeno ha recuperato Furrer), aldilà della completezza della rosa e degli assenti è stata qualcosa di abissale. Da una parte i ragazzi di Jalonen e Peltonen che a memoria e occhi chiusi hanno manovrato a tratti a una velocità impressionante, portando pericoli a ogni cambio, dall’altra un Lugano (schierato con un line up inedito, con Martensson all’ala…) che ha vissuto sugli spunti di pochi singoli, ossia del solito Klasen, di Bertaggia e in un paio di frangenti con Gardner e Lapierre.
In totale le occasioni da rete create dai bianconeri si contano sulle dita di una mano, mentre il 5-0 scritto sul tabellino dagli orsi rispecchia in pieno la differenza vista in pista.
Ancora una volta il Lugano ha mostrato tutti i suoi difetti, che si ripetono con una costanza allucinante di partita in partita, come la rete subita a pochi secondi dall’entrata in pista nel secondo tempo, la mancanza di concentrazione in difesa e le idee radenti lo zero in attacco.
Shedden, con quale convinzione non si sa, ha provato a dare un po’ di alternative al top six, con Sannitz al centro di Klasen e Martensson all’ala, scelta che lascia non pochi dubbi, viste le ultime prestazioni al centro di quello che rimane un centro puro, e che fuori ruolo è rimasto totalmente invisibile.
Il confronto degli stranieri è stata un’altra “sfida” persa su tutta la linea dal Lugano, tra le cui fila il solo Klasen ha dato qualche impulso, Lapierre ha fatto il suo soprattutto in box play senza infamia ne lode, mentre Zackrisson e Martensson hanno vivacchiato sparendo dalla scena gradatamente.
Un confronto impari, guardando la velocità di esecuzione di Lasch ed Ebbett, o l’energia offensiva e il carattere prodotti cambio dopo cambio da Arcobello, senza dimenticare Noreau al suo rientro.
Beffa ulteriore, il gol di Calle Andersson, il quale, senza voler rigirare il coltello nella piaga di un discorso ormai chiuso, partita dopo partita guadagna ghiaccio in una difesa lunga e competitiva come quella bernese, chapeau.
Insomma, una nuova prova dei problemi che affliggono i bianconeri, distribuiti in tutti i settori, con giocatori spenti, uno staff tecnico apparentemente confuso e privo di polso nelle situazioni che lo richiedono e una preoccupante depressione dell’ambiente.
I segnali non erano buoni, le conferme pure, da Berna il Lugano se ne torna a casa con un elettrocardiogramma quasi piatto, ed era difficile credere potesse succedere qualcosa di clamoroso.
Doug Shedden per intanto ha la fiducia della società, ma pur sapendo che questi risultati sono figli di più fattori, e che sia la stessa società che i giocatori devono essere in grado di guardarsi in faccia, l’esperienza di chiunque segua lo sport di squadra ha insegnato da sempre su chi sarebbe il primo a pagare il giorno in cui si vuol muovere una pedina.
Il Berna è una corazzata in forma, con stranieri che rendono in punti e classifica, un allenatore dalle idee in chiaro e che attraversa un periodo tranquillo.
Messe di fronte l’una all’altra il risultato non poteva che essere quello scaturito dalla Postfinance Arena, che rispecchia (inversamente) i momenti agli antipodi di due squadre che pochi mesi fa si sono giocate il campionato.