LANGNAU – LUGANO
4-1
(1-0, 1-1, 2-0)
Note: Ilfis, 5’835 spettatori. Arbitri Hom, Wiegand; Gnemmi, Wüst
Penalità: Langnau 1×2′, Lugano 1×2′
LUGANO – Chi si aspettava una svolta dopo la vittoria nel derby (pure se con speranze un po’ forzate) è rimasto sicuramente deluso, dato che dopo le 11 vittorie consecutive contro i Tigers, la squadra di Ehlers ha sfatato questo tabù, infliggendo l’ennesima sconfitta esterna ai bianconeri.
Nulla di nuovo dal fronte, purtroppo, e la situazione continua a essere piuttosto preoccupante da molti punti di vista, dal lato del gioco offensivo, della fragilità caratteriale, della confusione creata in parte anche da uno staff tecnico (Doug Shedden in corpore al momento) che cercando soluzioni frettolose non riesce a mantenere un line up invariato per più di un tempo.
E mettiamoci sì anche la sfortuna, quella che colpisce sistematicamente almeno un uomo a partita, e nel caso della Ilfis a farne le spese è stato Ulmer proprio al rientro dall’infortunio, che si è beccato un disco in pieno volto nel primo tempo. Ciò non ha impedito al difensore austriaco di rientrare con qualche punto di sutura, rimpolpando i ranghi della disastrata difesa bianconera, ma riprendendo il discorso sfortuna e assenti, questa è solo apparentemente una parte dei problemi e non l’unica.
Va riconosciuto che giocando con così pochi effettivi e con assenze del calibro di Furrer le cose possano farsi difficili, ma ciò che si è visto a Langnau è l’ennesima prova che c’è molto di più nei mali che affliggono la squadra bianconera. È vero, il Langnau di Ehlers è tutt’altra squadra rispetto a quella inizialmente allenata da Scott Beattie e diversi altri ci hanno lasciato le penne nell’Emmental, ma a preoccupare di più è stato l’atteggiamento attendista prima e quasi rinunciatario poi dei ragazzi di Shedden.
I bianconeri non sono mai stati in grado di sovrapporre la loro personalità e la classe superiore al furore e all’ordine dei padroni di casa, che sì giocheranno bene e alla Ilfis sono combattivi, ma è impensabile che una squadra che propone certi fuoriclasse dal primo al terzo blocco non sia in grado di imporre una legge superiore e di prendere in mano la partita per almeno due tempi.
E qui sta anche uno dei casi di questo Lugano, tutti quei giocatori da top six che in questo momento stanno attraversando un momento “no”. Da Hofmann a Martensson, da Zackrisson a Brunner, da Bürgler a Bertaggia, persino Klasen dopo aver tirato il carro si sta spegnendo, tutti questi giocatori nello stesso periodo stanno vivendo un periodo di magra impensabile, e risulta difficile pensare a semplici momenti negativi individuali o conseguenza delle assenze.
È vero, il gioco voluto da Shedden si basa sulle ripartenze veloci e sui primi passaggi dalla difesa alle ali, quindi le assenze possono pesare in questo senso, ma oltre a ciò i giocatori sembrano sfiduciati e spenti, trascinati tutti in un vortice negativo, e alla luce di ciò sembra difficile pensare che i mali del Lugano nascano solo dalla sfortuna e che il coach non possa trovare altre soluzioni di gioco.
Immagine di questo momento rimane immortalata in una situazione che purtroppo va a ripetersi troppo spesso nelle partite del Lugano, che è quella di subire gol in rapida sequenza o immediatamente dopo le proprie reti. È problema di concentrazione o attitudine? Probabilmente di entrambi, ma è una caratteristica talmente radicata tra i bianconeri che anche a Langnau ha deciso il match in favore dei padroni di casa. Al pareggio di Walker ha fatto seguito 36 secondi più tardi il game winning gol di Kuonen (sì, proprio lui, al terzo gol stagionale, il secondo al Lugano…) e poi nel miglior momento di Chiesa e compagni nel terzo tempo con le due reti di Moggi e Albrecht a chiudere in conti nel giro di 1’38”.
Preoccupante fragilità, paurosa la sterilità offensiva, confusionaria la gestione delle linee da parte di un Shedden che forse, volendo riparare o situazioni a lui non congeniali, va a creare ancora più incertezza nella testa dei giocatori.
No, la musica non è cambiata nell’Emmental, ed è inutile in questo momento sentir parlare di prime posizioni, play off, “ricordiamoci il Berna”, ecc… Ora il Lugano non deve perdere ulteriormente la bussola e Shedden deve essere bravo nel mantenere compatto un gruppo che al momento sembra fragile soprattutto sul piano della convinzione e della fiducia nell’evoluzione della situazione. I bianconeri devono lasciare stare obiettivi oggi lontanissimi e devono solo pensare a come uscire da questo vortice, che la vittoria nel derby non ha cancellato e non ha sicuramente ingannato i più, ma c’è da guardarsi negli occhi e ritrovare compattezza e serenità.
Perché la sensazione (anzi, è ben più che una sensazione) che sale guardando il Lugano in pista, è che semplicemente aspettare che l’infermeria si svuoti non sia la soluzione a tutti i mali, e se mai lo fosse, forse sarebbe un attesa troppo lunga in un campionato che corre veloce.
Il problema è stato semmai che questi momenti sono stati rarissimi e appena i bianconeri ne traevano qualche frutto come il pareggio di Walker o stavano per farlo nel terzo periodo, si sono lasciati prendere da un attitudine debole, che ha permesso al Langnau di imporre il proprio carattere.
Già, il carattere, al Lugano in questo momento sembra mancare per chissà quale ragione e i risultati stanno nelle reti del 2-1 e del 4-1, ossia quelle che hanno deciso e chiuso la partita, e vedere una squadra come quella bianconera subire in quella maniera la furia dei Tigers (che con tutto rispetto non sono il Berna o lo ZSC) fa veramente pensare male.