THE LAST GLADIATORS
Regia: Alex Gibney
Anno: 2011
Attori principali:
Chris Nilan, Donald Brashear, Marty McSorley
Durata: 94 min.
Lingua: inglese
www.thelastgladiators.com
L’estate è sempre un periodo particolare per gli appassionati di hockey che, nonostante le notizie di mercato e a qualche discussione in merito alla prossima stagione, finiscono inevitabilmente per sentire la mancanza del loro sport preferito.
Su HSHS cercheremo nel mese di luglio di ingannare l’attesa proponendovi una serie di articoli dedicati ad alcuni interessanti film e documentari a tema hockeyistico. Il nostro consiglio è naturalmente quello di andare poi a gustarsi il tutto in prima persona!
(© www.knucklesnilan.com)
Due mani avvolte dall’oscurità; una voce fuori campo che ne descrive le ferite: ossa rotte, tagli, morsi. Sono queste le prime suggestive immagini del documentario “The Last Gladiators” diretto da Alex Gibney.
Le mani appartengono al personaggio principale del film, Chris “Knuckles” Nilan. Cresciuto in Massachusetts, ha iniziato ad appassionarsi di hockey su ghiaccio seguendo i Boston Bruins degli anni Settanta. Soprannominati “Big Bad Bruins” e guidati dal leggendario Bobby Orr, riuscirono a vincere due Stanley Cup unendo giocatori molto tecnici ad altri più fisici.
Nilan si contraddistingue sin dalle squadre giovanili per essere il classico “Goon”, ovvero quel tipo di giocatore comune soprattutto in Nord America al quale viene affidato il lavoro sporco. Un po’ a sorpresa, viene draftato nel 1978 dai Montreal Canadiens in 231esima posizione assoluta (quell’anno vennero draftati 234 giocatori).
(YouTube)
Esordisce in NHL nel corso della stagione 1979/80 e riesce velocemente a ritagliarsi un ruolo fisso in prima squadra. Veste per nove stagioni consecutive la maglia dei Canadiens e riesce pure a vincere una Stanley Cup al termine della stagione 1985/86. Finisce poi a giocare qualche stagione per i New York Rangers e per i Boston Bruins, prima di ritirarsi all’età di 34 anni con la maglia dei Canadiens.
Dopo il ritiro, Nilan non riesce a dare una svolta alla sua vita e cade in una spirale autodistruttiva che lo porterà a diventare un alcolizzato ed un eroinomane.
Il film è diretto da Alex Gibney, un documentarista che si è fatto notare molto negli ultimi anni. Nella sua vasta filmografia, va sicuramente citato “Taxi To The Dark Side” che gli ha fruttato un premio Oscar come miglior documentario nel 2008.
“The Last Gladiators” è un film che ben combina immagini d’archivio, interviste e filmati girati appositamente per riuscire nel difficile compito di fornire un affresco efficace di uno dei ruoli più controversi dell’hockey moderno.
(YouTube)
La storia di Chris Nilan è il cuore della pellicola, ma anche altri “Goon” hanno fornito interessanti interviste come Bob Probert, Marty McSorley e Donald Brashear. Pur restando un ruolo molto controverso, nel film ci sono numerosi spunti che ne fanno emergere anche i lati positivi.
Questo tipo di giocatore è pronto a dare tutto per la sua squadra e farà tutto ciò che l’allenatore gli chiederà pur di portarla alla vittoria. Tanto amato dai fan quanto odiato dai supporters avversari, è in grado di dare una scossa alla partita quando più ce n’è bisogno.
La parte centrale del film risulta essere la più interessante, con un buon ritmo e numerose interviste. Gli ultimi 25 minuti sono invece la parte più difficile da seguire, soprattutto per via del tema trattato che risulta essere un po’ intenso. Tuttavia, questa è anche la parte che ci mostra il lato più intimo di Nilan e ci sono alcuni momenti veramente toccanti.
(YouTube)
Una delle sequenze più interessanti del film è quella in cui viene sottolineata l’importanza dei “tough guys” e di come questi difendano e creino spazio per i giocatori più dotati tecnicamente che normalmente finiscono per raccogliere tutti gli applausi. A questo proposito, Joe Fitzgerald dice: “se non ci fosse mai stato un Marty McSorley, non ci sarebbe neppure stato un Wayne Gretzky”.
“The Last Gladiators” riesce piuttosto bene nel compito che si prefigge, ma potrebbe risultare deludente per alcuni spettatori. La scelta di incentrare l’intero film su Chris Nilan lo fa diventare più in ritratto dell’ex giocatore che un documentario sportivo.
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