GINEVRA – LUGANO
2-7
(0-0, 2-5, 0-2)
Note: Les Vernets, 7’135 spettatori. Arbitri Koch, Wiegand; Borga, Küng
Penalità: Ginevra 8×2′, Lugano 4×2′ + 1x rigore
GINEVRA – A volte il destino di due squadre, o perlomeno lo svolgimento di una serie di playoff, è deciso da episodi particolari, che cadono come dei segni. In passato furono dei gol casuali di Antisin o Vauclair a cambiare il vento, o un gol sbagliato da Domenichelli – ci perdonino i tifosi biancoblù, ma sono gli esempi perfetti – questa volta chissà che Vukovic, con quel gol impossibile da sbagliare alla Resega, non abbia sconvolto lo svolgimento dei quarti tra Lugano e Ginevra. Sarebbe ingeneroso affidare al solo destino l’esito della serie e soprattutto il ritorno dei bianconeri, perché se ora la serie è sul 2-2 c’è tanto del loro.
Costretto a far fronte all’assenza di Ulmer, che si è aggiunta a quella di Brunner, Patrick Fischer, schierando la medesima formazione che ha sconfitto i granata in gara 3, ha compiuto un lavoro perfetto soprattutto dal lato tattico, con una gestione del match che ha rasentato la perfezione, aiutato in pista da una squadra che si è mossa come un gruppo vero, trascinata dai propri leader.
L’iniziale sfuriata dei padroni di casa era da mettere in conto, difatti il Lugano ha cercato di giocare in maniera prudente senza lasciare tropo scoperti i fianchi, anche se qualche appoggio sbagliato di troppo in uscita ha facilitato il compito ai padroni di casa. Molto lavoro per Manzato nel primo tempo, anche se paradossalmente, a parte un’asta di Rod, il Lugano si è fatto quasi più pericoloso con i suoi miseri 5 tiri che il Ginevra in tutto l’arrembante primo tempo.
Questo perché il Lugano era preparato ad un assalto del genere, e nonostante il gioco fosse spesso incentrato nel terzo bianconero, Vauclair e compagni hanno resistito, costruendo un vero fortino dalle parti di Manzato.
Passati indenni nella tempesta, era giunto il momento di dare una sterzata all’incontro. Soli 7 minuti, tanti ne son bastati al Lugano per fare la differenza, sfruttando in maniera incredibilmente spietata alcuni momenti di sbando della difesa di casa, impreparata di fronte a un Lugano sceso in pista con un assetto tattico decisamente più offensivo.
Doppietta di Pettersson in 35”, reti di Chiesa e Filppula, e “gollonzo” di Sannitz – sfortunata e maldestra autorete dell’appena entrato Descloux – per uno 0-5 che ha mandato in frantumi i piani di McSorley. Tutte queste reti sono cadute mettendo sotto pressione la difesa di casa nel proprio terzo, sfruttando alcuni errori in uscita facendo trovare uno o due attaccanti nello slot basso davanti al portiere.
L’unico errore del Lugano in quel frangente è stato quello di non voler approfittare fino in fondo dello shock subito dai ginevrini, rilassandosi un po’ troppo e permettendo loro di risalire sul 2-5, con le reti di Loeffel e Vukovic, la prima in power play, la seconda addirittura segnata in shorthand. E poi quel rigore a 34” della seconda sirena, guadagnato da Kast ma tirato disgraziatamente male – altro segno – da D’Agostini, che ha preso il posto dell’infortunato (?) compagno.
L’altro ottimo lavoro il Lugano lo ha compiuto nel terzo conclusivo, controllando il Ginevra con assoluta autorità e facilità, impedendone l’assalto finale anche grazie a dei nervi d’acciaio. Nervi che invece sono crollati da parte granata, a causa del nervosismo e della frustrazione di D’Agostini (bastonata gratuita in schiena a Chiesa davanti all’arbitro), di Picard (“giustizia” privata) e alla successiva reazione di McSorley dopo la doppia penalità affibbiata ai suoi due canadesi. Troppa grazia per il Lugano che ne ha approfittato per affondare le lame sin sul 7-2, grazie alle reti in doppia superiorità numerica di Walker e Reuille.
Un Lugano che ha vinto su tutta la linea, per aver resistito all’assalto del primo tempo e per aver affondato i colpi appena ne ha avuto l’occasione. La gestione del risultato ha dato qualche affanno in chiusura di secondo tempo, ma l’autorità messa in pista nel terzo tempo è stata emblematica. Il Ginevra ha cominciato anche a “mollare” qualcosa anche sul piano fisico, impensabile di gestire un’intera serie con quel pattinaggio e quel fore checking, e la maggiore classe degli attaccanti bianconeri ha saputo approfittarne.
La classe di un primo blocco a grandissimi livelli, sorretta dal grande lavoro delle checker lines e da un Manzato in forma strepitosa fanno del Lugano di gara 3 e 4 una squadra dotata di freddezza e personalità, contraddistinta da un’identità di gruppo decisamente marcata.
I bianconeri hanno vinto perché hanno saputo credere nella rimonta nella serie, perché forse anche l’opera di auto convincimento di Fischer – “siamo i più forti” – sta dando i suoi frutti, fatto sta che il Lugano sembra ora più squadra del Servette. A livello tecnico rimane da sistemare il power play, che se già non se la passava benissimo negli ultimi tempi, contro un box altissimo, al limite del rischio da parte del Ginevra ha oltremodo faticato, subendo anzi, la rete in short hand di Vukovic.
Si riparte con un best of 3, ma con equilibri morali probabilmente ribaltati. È vero che nei play off una sconfitta per 7-2 conta quanto una per 1 a 0, ma sul piano emozionale e della sicurezza, subire o infliggere una sconfitta del genere può avere grandi ripercussioni. Se ci si ricorda, fu proprio un 7-1 subito alle Vernets a dare il via all’affondamento del Lugano giusto un anno fa.