ZUGO – LUGANO
7-4
(3-2, 3-2, 1-0)
Note: Bossard Arena, 6’687 spettatori. Arbitri Mollard, Stricker; Borga, Bürgi
Penalità: Zugo 16×2′ + 1×10′, Lugano 15×2′ + 2×10′
ZUGO – Le reti sono 11, le penalità fischiate contro lo Zugo si attestano a 42’, quelle contro il Lugano a 50’, le bagarre degne di nota ben 5, un rigore (sbagliato), un portiere sostituito. Basterebbero questi numeri per descrivere ciò che è accaduto alla Bossard Arena e per dare un’idea di come Zugo e Lugano abbiano preso questa partita, ma i fattori che hanno delineato questi sviluppi sono molteplici.
Partendo dall’inizio, si comincia col dire che il Lugano si è presentato alla Bossard sempre con due soli stranieri, e con le assenze dell’ultima giornata di Hirschi – contusione al pollice – e dell’ammalato Kparghai, per il resto formazione praticamente confermata.
Tra quei fattori che hanno portato la partita a svilupparsi su livelli di spettacolarità e intensità pazzeschi c’è sicuramente l’atteggiamento propositivo di entrambe le squadre, decise sin dal primo minuto a giocarsi la sfida a viso aperto.
Un primo tempo spettacolare, giocato a ritmi incredibili e ricco di reti è stato praticamente un’intera partita intera racchiusa in soli 20’. Un inizio di tempo a spron battuto dei bianconeri – avanti 2-0 dopo 9’, con pure un rigore fallito da Bertaggia – ha illuso forse che potesse quasi ripetersi quel 7-1 di qualche mese fa, ma lo Zugo attuale, sconfitta di Zurigo a parte, è una squadra con il piede pesante sull’acceleratore, con stranieri e svizzeri in grande forma.
Una mancanza di maestria nel gestire il vantaggio, unita a reti di pregevole fattura da parte di Robbie Earl e compagni ha consegnato agli archivi un primo tempo terminato sul 3-2 per i locali, risultato giusto, ma quasi incredibile per ciò che si è visto appunto in quei primi 9’.
La partita è stata comunque decisa nel periodo centrale, quando i padroni di casa sono riusciti a portarsi fin sul 6-3, grazie a un cinismo micidiale, soprattutto in power play, e a un Lugano che difensivamente ha perso la bussola per qualche minuto, salvo riprendersi verso il 40’, grazie anche a una rete del bistrattato Brunner. Bistrattato dal pubblico e dagli ex compagni, molto generosi nel rifilare colpi proibiti a al numero 98 e ai suoi compagni, in particolare Klasen, che ha rimediato pure 2’ per proteste dopo aver subito un colpo al ginocchio da parte di Schnyder, non sanzionato da Stricker.
Questo nervosismo avrebbe dovuto suonare come campanello d’allarme per gli arbitri, che invece nel terzo tempo hanno assistito quasi senza batter ciglio a quella che si era trasformata ormai in una sorta di battaglia più di pugno che di tecnica, con diversi colpi sporchi e pericolosi, intervenendo in maniera grottesca solo quando era troppo tardi per porvi rimedio e riprendere in mano il match.
Occorre dire che prima che la partita si trasformasse in un ring, il Lugano ha tirato fuori un’ottima reazione, rabbiosa ma anche abbastanza lucida, trascinato dagli indiavolati Brunner e Klasen, che però si è scontrata con uno Stephan formato muro. Dopo parecchi minuti passati invano nel terzo offensivo dello Zugo, il Lugano si è poi fatto sorprendere da Bürgler, praticamente alla prima azione dei locali nel terzo conclusivo, 7-4 e discorso chiuso definitivamente.
Una partita pazzesca, giocata a viso aperto dalle due squadre, ma a uscirne vincitore è stato semplicemente chi in questo momento è più in forma. Lo Zugo pareva potesse segnare quasi a ogni discesa – incredibile lo stato di forma di alcuni giocatori, Bouchard, Martschini, Earl, Suri su tutti – e non tanto per colpe dei portieri bianconeri, perché anche il subentrante Merzlikins (entrato nel secondo tempo sul 4-2) ha subito reti di pregevolissima fattura, su cui poco più avrebbe potuto fare.
Il Lugano conferma sia problemi che progressi, a partire da una formazione che senza due centri stranieri fatica a dare equilibrio alle fasi di gioco, una difesa a volte troppo leggera – la differenza senza Hirschi e Kparghai la si vede eccome in retrovia – e conferma pure i problemi nella gestione del risultato, come accaduto nel primo tempo.
Non tutto è da buttare, ci mancherebbe, a partire dai primi 10’ giocati da “grande”, o dalla doppietta di un Brunner sempre più vicino agli standard abituali, sperando non fosse solo l’aria di Zugo a fargli bene. Serata intensa per Klasen, che dopo la penalità per “ingiurie” ha saputo riversare quella rabbia sul ghiaccio, proponendo giocate imprendibili e pericolosissime per il corso del terzo periodo, in una “sfida nella sfida” vinta dall’avversario Stephan.
La sua reazione nei confronti di Stricker è stata sbagliata, ma va pur detto che, visto il “trattamento” sporco che gli era riservato – a tratti non si poteva parlare di semplice durezza, vista la cattiveria di alcuni interventi – mantenere la calma sarebbe stato difficile per chiunque. Grande partita anche di Vauclair, apparso in uno stato di forma straripante, motore instancabile tra difesa e attacco, intelligente nelle chiusure e pericoloso nelle sue abituali discese.
Un peccato per il Lugano aver perso questa sfida, ma vanno riconosciuti i meriti di uno Zugo velocissimo e concreto, in forma smagliante in ogni reparto, difficile per i bianconeri pensare di semplicemente “contenere” Bouchard e compagni in certe condizioni, giocarsela a viso aperto è stata la soluzione giusta, seppur non pagante anche per dei limiti propri che Fischer spera di poter colmare con qualche difficile botto di mercato.
Intanto la lotta per il quarto posto ha risucchiato anche un Davos che ha perso 4 delle ultime 5 partite – solo 11 punti in 10 partite dopo la Spengler – e chissà che le carte non comincino a mescolarsi del tutto.