LUGANO – Il big match della serata non ha deluso le attese, soprattutto di chi si aspettava un match spettacolare e dall’alto contenuto tecnico. Lugano e ZSC Lions hanno dato vita a una partita – risultato a parte per i tifosi bianconeri – bellissima e intensa, giocata su ritmi da play off e senza esclusione di colpi. Il Lugano si è presentato in pista con alcuni cambiamenti: lo straniero in sovrannumero è stato Metropolit, in porta è tornato Manzato e a marcar visita, oltre al solito Conne, sono stati Kparghai, Hirschi, Kienzle e Murray.
Squadra dalla coperta corta, ma che dal primo minuto ha messo le proprie carte in tavola, con un hockey aggressivo, veloce e di grande intensità. I Lions, forse un po’ sorpresi da questo atteggiamento hanno risposto sì all’energia bianconera, ma più di una volta ne hanno saggiato le conseguenze. Nello splendido primo tempo del Lugano è infatti caduta la rete di Pettersson in power play, con una precisa sassata al volo, poi, dopo un palo di Heikkinen, Walker ha trovato un’importantissima rete a soli 22″ dalla fine del primo tempo, mettendo fine al suo personale digiuno durato 29 partite.
Il Lugano, estremamente preciso e calmo in difesa, ha attuato una tattica di gioco senza disco che non ha lasciato fiatare gli ospiti, i quali, anche nel periodo centrale, seppur un po’ più attivi, hanno dovuto passare alle maniere forti per fermare le rapidissime ripartenze di Micflikier e compagni. A suggellare i primi 40′ praticamente perfetti ci ha pensato Heikkinen con una delle sue bordate dalla linea blu in doppia superiorità numerica, portando il risultato sul 3-0. Quello che si è visto nei primi due tempi è stato un capolavoro di tattica difensiva, di velocità di transizione e di pattinaggio senza disco. Il meglio insomma.
Lugano alle stelle, Lions in caduta, applausi scroscianti dalle tribune, volti entusiasti. E poi? E poi è cominciata un’altra partita. I Lions di Crawford, decisi come non mai a legittimare la loro superiorità in campionato, hanno alzato il ritmo a livelli frenetici e, forzando le linee di Cunti, Nilsson e Wick, hanno approfittato del tremendo calo fisico bianconero e delle susseguenti penalità con una potenza e un cinismo impressionanti. Il Lugano, già privo di tre difensori ha gestito malissimo le forze fisiche e adattato altrettanto male il gioco senza disco, trovandosi sempre in inferiorità numerica sulle ripartenze degli ospiti e cadendo sulle ginocchia nei vari box play.
Le quattro reti in rapida successione, cadute anche durante e dopo gli infortuni di Vauclair e Kostner, sono stati dei veri e propri pugni in faccia a un pugile inerme e sulle ginocchia, ormai non più in grado di rialzarsi. A dire la verità, dopo la rete del 3-2, sembrava già scritta la fine, ma almeno un punto era legittimo sperare di portarlo a casa.
Per quello che si è visto nei primi due tempi, il Lugano ha mostrato la sua faccia migliore, in fatto di efficacia offensiva, ermeticità in difesa e velocità di transizione, ma poi sono usciti i limiti di una squadra ancora immatura dal lato gestionale delle forze fisiche e la superiorità di uno ZSC che gira a memoria in quattro blocchi, straripante fisicamente e non più solo dipendente dai “tre tenori” Cunti, Wick e Nilsson. Vi è da sottolineare che le assenze in difesa e i susseguenti infortuni a Vauclair e Kostner hanno aggravato il quadro di una squadra che si stava difendendo con ogni millimetro cubo di fiato, rendendo la già strenua difesa ancora più faticosa.
Sconfitta bruciante, eccome, ma anche da tenere in conto come insegnamento per giocatori e staff tecnico: con una squadra già dalla coperta corta è difficilissimo battere uno ZSC del genere se non con una gestione accurata delle energie fisiche, soprattutto quando l’avversario non è nuovo a rimonte nel terzo conclusivo.
Pochi sono stati in grado di reggere i ritmi sino in fondo, tra i quali spicca Pettersson. Il piccolo svedese ha giocato un match “a mille”, coronato dalla splendida prima rete e da tanto lavoro in fase di transizione e box play, rendendosi già imprescindibile per la qualità messa in pista per tutto il match. Bella partita anche dei giovani Dal Pian e Fazzini, che pur subendo a volte la fisicità ospite hanno saputo mettere assieme alcune belle trame offensive, oltre che le dovute coperture difensive.
Heikkinen è sembrato in ripresa, oltre alla rete e a un palo, ha saputo portare il disco fuori dal terzo in maniera pulita e rendersi utile in copertura, chissà che l’orgoglio punzecchiato non cominci ad uscire. Di nuovo positivo Blatter, che ha pure sfiorato la rete colpendo anche lui un palo, ma soprattutto gioca con estrema calma e semplicità, strappando pure alcuni applausi. Manzato in porta ha subito il calo dei propri compagni, e se nei primi due tempi ha parato benissimo, nella rimonta zurighese non è sembrato perfetto, ma sarebbe ingeneroso affibbiargli anche solo parte della sconfitta.
Questa sconfitta deve essere interpretata come un insegnamento, severo quanto si vuole, ma dal quale soprattutto lo staff tecnico deve imparare a leggere l’avversario e a gestire meglio le forze dei suoi uomini sul ghiaccio. Che serva da lezione e che tiri fuori l’orgoglio di una squadra che sa giocare bene contro chiunque ma che deve ancora imparare a essere veramente grande.