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5 spunti da Lugano: Shorty, gli esiliati, porte scorrevoli, accento svedese, la rotta del pirata

(Photobrusca & Luckyvideo)

Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.

Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!


1. Lo chiamavano Shorty

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Lorenzo Canonica ha risolto la difficile contesa di Porrentruy segnando il gol decisivo a pochi minuti dalla fine con un break solitario in shorthand. Il numero 14 bianconero ha letto bene la rischiosa giocata tra Turkulainen e Nättinen, sfuggendo a entrambi per andare a battere Patenaude.

Per Canonica è il terzo gol stagionale e il secondo in shorthand dopo quello infilato al Kloten in combutta con Sanford, ma altre volte l’attaccante bianconero è riuscito a staccarsi dal boxplay in maniera efficace, mostrando le sue grandi capacità di lettura della situazione. Un po’ come l’assistente di Indiana Jones capace sempre di risolvere alla sua maniera le situazioni più intricate.

2. Gli esiliati

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Il Lugano ha deciso giustamente di mandare in prestito alcuni giocatori per tenerli in forma nei momenti di scarso utilizzo con la prima squadra, in modo che possano essere pronti in caso di bisogno.

Samuel Guerra a Zugo sta ricevendo quasi 17 minuti a partita dopo le tante tribune di Lugano, Jakob Lee a Sierre ha segnato cinque reti in sei partite, Nick Meile è uno dei difensori più impiegati nel Visp (lui riapparso domenica per la sfida con l’Ajoie) senza contare che a Sierre c’è sempre posteggiato un Cjunskis autore di sette reti in undici incontri.

Chissà se prima o poi qualcuno di loro avrà qualche possibilità in più con la squadra bianconera, alla luce dei tanti impegni di regular season da qui a Natale e delle prestazioni decisamente deludenti di altri.

3. Porte scorrevoli?

Abbiamo visto come Joren Van Pottelberghe, nonostante alcune prove incoraggianti, necessiti di tempo per tornare ad essere un portiere che possa garantire almeno un rendimento sufficiente come backup. D’altra parte le soluzioni sono poche, Schlegel non può giocare ogni incontro, mentre l’ex Bienne non garantisce in che tipo di serata lo si possa trovare.

A questo punto ci si può anche chiedere se non ci sia possibilità e spazio per almeno una partita ogni tanto – con magari possibilità di percorsi inversi – di vedere all’opera Alessio Beglieri, perlomeno per tastarne il polso e capire se ci si possa affidare al portiere oggi ai GDT in caso di necessità. È una semplice considerazione.

4. Faccio l’accento svedese?

Un recente editoriale apparso sul portale Hockeysverige a cura dell’ex giornalista e dirigente svedese Szymon Szemberg, in scia ai recenti cambi in panchina di Berna, Ginevra e Ambrì (casi comunque diversi tra loro) ha posto l’accento sulle differenze di aspettative tra la Svizzera e la Svezia.

Nell’articolo in questione ci si chiede come un paese come il nostro, amante della quiete, del calmo vivere e delle decisioni razionali, possa essere così schizofrenico a livello sportivo – nel caso ovviamente si parla di hockey – e incapace di attendere risultati che necessitano di tempo.

In SHL, il massimo campionato svedese, si attendono anche più stagioni prima di prendere certe decisioni, consapevoli che alcuni risultati non possono essere figli della fretta e delle pressioni mediatiche. Szemberg, che ha lavorato anche in Svizzera, sa però che in terra elvetica, divisa in cantoni, regioni linguistiche diverse (con gli spogliatoi che riflettono questo fattore) e con tante sfide che per vicinanza territoriale si trasformano in derby, mantenere bassa la pressione è difficile.

Un altro aspetto è quello della grande diversità di passaporto dei coach sulle varie panchine, il che crea grandi e immediate aspettative soprattutto quando si crede in un certo tipo di hockey che viene dall’estero, con continui “rebuild” da cui si pretendono risultati immediati che difficilmente sono ottenibili con questi ripetuti cambi di direzione.

Insomma la Svizzera non è (ancora) la Svezia dove predominano staff tecnici praticamente tutti indigeni, dove le pressioni sono alte ma le aspettative sono molto più spalmate nel tempo e dove i coach possono lavorare con meno peso sulle spalle. In fondo il discorso vale in pieno anche per il Lugano, dove Tomas Mitell sta cercando di portare più pazienza nell’attesa dei risultati dopo aver preso in consegna una squadra ridotta in macerie. Riuscirà a farci fare perlomeno l’accento svedese o rimarrà vittima anche lui della schizofrenia sportiva rossocrociata (e molto luganese)?

5. La rotta del pirata

(Photobrusca & Luckyvideo)

Ha impiegato qualche partita a prendere le misure delle piste e del gioco, ma da qualche giornata Mike Sgarbossa sembra in crescita soprattutto sul piano della fiducia e alla luce di diverse giocate che ne hanno messo in mostra la capacità di playmaker.

Ad oggi il rendimento del numero 92 non si può dire certo sia dominante, ma dalla doppietta contro il Losanna, gli assist di Rapperswil e le due reti in serie contro Langnau e Ajoie vediamo uno Sgarbossa sicuro dei suoi mezzi e più a suo agio nelle misure dell’hockey elvetico. Piano piano sta prendendo in mani i comandi della nave.

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