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Ambrì Piotta

Era un percorso oramai arrivato al capolinea, ma che non meritava davvero di chiudersi così

Per il club è lecito decidere di voltare pagina e salutare Duca e Cereda, ma le modalità attuate dalla dirigenza sono imperdonabili. La situazione sportiva mostra la necessità di un cambiamento, ma in un clima di rispetto reciproco

AMBRÌ – Poteva finire in tanti modi il percorso di Paolo Duca e Luca Cereda, ma così proprio no. La decisione di fare un cambiamento importante alla guida sportiva del club – specialmente per la figura dell’allenatore – è perfettamente legittima e forse anche necessaria visto come stavano andando le cose, ma la maniera in cui il CdA ed il presidente Filippo Lombardi hanno scelto di attuare le loro intenzioni è mancata totalmente di rispetto considerando le premesse lavorative poste con i due interessati.

Intenzioni e modi sono insomma andati a cozzare pesantemente tra loro, andando a creare la più classica delle situazioni da doppio gioco. Le intenzioni di Lombardi di preparare un “piano B” possono anche essere comprensibili, ma la grande leggerezza da parte sua è stata quella di non capire che andare a colloquio con un altro allenatore, e soprattutto incontrare la squadra alle spalle dello staff, rappresentava in termini sportivi un punto di non ritorno.

Preparare il terreno per voltare pagina a quel punto ha automaticamente cementato la volontà di farlo, perché non sarebbe potuto esistere alcuno scenario in cui Duca e Cereda sarebbero potuti essere ancora credibili davanti ai giocatori. E per chi fa il loro lavoro, questo significa calare il sipario.

Una squadra si basa anche e soprattutto sulla credibilità di chi la guida, e con le sue azioni il presidente ha tolto irreparabilmente il tappeto da sotto i piedi del duo. “Una pugnalata alle spalle”, è stata definita in conferenza stampa, e di fatto è così. Le intenzioni di Lombardi erano forse solo “preliminari”, ma avrebbe dovuto capire che, agendo in tal modo, avrebbe totalmente esautorato i pilastri sportivi del suo club. Il risultato poteva essere solo un disastro.

Duca e Cereda dunque se ne vanno, ma non per loro volontà e nemmeno perché licenziati dal club, ma perché messi in una posizione in cui era impossibile continuare nel loro lavoro. Lombardi anche sul finale di conferenza stampa non è sembrato capirlo, facendosi di nuovo sfuggire le leggi che governano uno spogliatoio, ma ora starà a lui raccogliere i cocci di questa situazione e creare le condizioni per una stagione dignitosa.

Inutile infatti girarci attorno, per l’Ambrì Piotta la figuraccia fatta mercoledì è stata grottesca, con i propri panni sporchi lavati davanti a tutti ed un presidente che per finire non aveva più parole per giustificare le proprie azioni. Il silenzio dopo la domanda relativa all’abbraccio a Cereda dopo il derby, e alla condivisione sui social media di parole di sostegno e affetto, ha ben rispecchiato la confusione totale nella gestione della situazione.

Da qui come proseguirà il club? Perdere due figure che negli anni hanno riversato nel loro lavoro tutto quello che avevano non sarà evidente, soprattutto pensando a Paolo Duca che rappresentava il vero motore dell’Ambrì Piotta. E di certezze non ce ne sono nemmeno a livello societario, con pure in quel campo tanti punti interrogativi e poca chiarezza, il tutto unito ora ad una figuraccia a livello d’immagine.

L’Ambrì ha insomma voltato pagina, attuando un cambiamento che era nell’aria e di cui – soprattutto pensando al ruolo del coach – se ne sentiva l’esigenza sempre più crescente. Lo scenario migliore avrebbe forse voluto un passaggio di consegne tra una stagione e l’altra, come si è andati vicino a fare un paio di anni fa, con l’onestà e la schiettezza che ha sempre contraddistinto le parti.

Quello tra Paolo Duca, Luca Cereda e l’Ambrì Piotta era un rapporto unico, romantico, fuori dai tempi e anche un po’ folle. Dietro aveva però delle idee precise, portate avanti con passione e che sicuramente hanno portato a momenti positivi ed altri caratterizzati da errori. E i due avevano probabilmente anche dei limiti, che hanno impedito alla squadra in questi anni di compiere l’exploit e di crescere per fare un passo in più, ma l’Ambrì di oggi non è però nemmeno più quello del 2017.

Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Duca e Cereda hanno ridato al club quella credibilità e dignità che erano andate perse prima della loro entrata in carica. Il minimo che si poteva fare nel metterli alla porta, era essere schietti e restituire il favore.

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