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Interviste

Sanford: “La Stanley fu uno sforzo enorme, onorato di essere stato amico dei Gaudreau”

Il nuovo attaccante canadese dei bianconeri ha parlato del passato, della sua integrazione a Lugano e della scelta di varcare l’oceano: “Tanti ex compagni europei mi hanno sempre consigliato questa esperienza”

(Jari Pestelacci)

LUGANO – All’allenamento di giovedì mattina alla Cornèr Arena si sono rivisti Luca Fazzini e Jakob Lee a pieno regime e Rasmus Kupari in maglia rossa. Gli unici due assenti erano l’infortunato Jiri Sekac (in attesa del responso medico) e Zach Sanford, impegnato con la burocrazia dei permessi di lavoro e che ha raggiunto i compagni in tarda mattinata: “Sono stati giorni intensi questi ultimi – afferma il canadese – ma adesso posso concentrarmi sugli allenamenti e integrarmi al meglio in squadra”.

Zach Sanford, martedì eri appena arrivato in Ticino ma proprio per accelerare i tempi sei stato schierato subito nell’amichevole con il Kladno…
“Appena arrivato mi sono allenato con la squadra e poi ho voluto giocare subito, dato che ce n’era la possibilità. Credo che sia la soluzione migliore in questi casi per prendere una prima confidenza con i compagni, il sistema di gioco e ovviamente con le misure del ghiaccio, dato che è la prima volta che gioco su piste europee”.

Come sono state le tue sensazioni durante il match?
“Ovviamente ero preso più che altro a cercare di capire come muovermi su una pista diversa, la velocità con cui si sviluppa il gioco cambia, e spesso dovevo capire meglio dove posizionarmi. Ho sicuramente diverse cose da capire e imparare prima di sentirmi completamente a mio agio, ma le sensazioni sono buone.”

Per chi non ti conosce, puoi darci una breve descrizione di che tipologia di attaccante sei?
“Mi considero un power forward abbastanza equilibrato, cerco di usare il fisico e il pattinaggio per rendermi utile in qualunque situazione. Di norma uso le mie caratteristiche per mettermi a disposizione dei compagni e creare spazio di gioco”.

Durante l’estate come hai avuto la possibilità di tenerti in forma?
“Ho passato l’estate prevalentemente a Boston, dove mi sono allenato con altri giocatori e ho svolto una preparazione individuale in attesa di avere una possibilità che mi interessasse. Credo di essere comunque in buona forma, ma ovviamente mi manca il ritmo delle partite”.

(Jari Pestelacci)

Quali le ragioni di varcare l’oceano per la prima volta in carriera all’età di 30 anni?
“Nella mia carriera ho giocato con tantissimi giocatori di cui una gran parte europei. Tutti mi hanno sempre parlato benissimo della cultura e del livello dell’hockey in alcuni campionati, e mi sono detto che sarebbe stata un’opportunità a un certo punto della mia carriera. Quando è arrivata l’offerta dal Lugano ho pensato che non sarebbe stato un cambiamento facile, ma che forse era giunto il momento di farlo”.

Il Lugano ti ha scelto anche per la tua leadership e per l’esperienza. Qualità accresciute con la vittoria della Stanley Cup con i Blues nel 2019 e soprattutto una squadra che a dicembre era ultima in classifica. Come è stata possibile una trasformazione del genere?
“Questa è davvero una buona domanda! (Ride ndr) Penso ci sia più di una risposta a qualcosa del genere, perché non è successo per caso. Nelle difficoltà il gruppo si è compattato, ha trasformato la rabbia e la frustrazione in orgoglio e voglia di risalire, ma solo quando siamo arrivati in cima ci siamo resi conto di quanto si era fatto. Non era questione di pochi uomini, ma tutti i giocatori, lo staff tecnico, il management e tutto ciò che ruotava attorno alla squadra ha iniziato a lavorare all’unisono per fare un passo dopo l’altro, fino a diventare quello straordinario gruppo che ha vinto la Stanley. Certe cose non le costruisci dall’oggi al domani, e non puoi farlo se non hai la compattezza di tutta un’organizzazione.”

È ormai passato un anno dalla tragedia che ha colpito la famiglia Gaudreau con la morte dei fratelli Johnny e Matthew, e che ha scosso l’intero mondo dell’hockey. Tu sei stato compagno proprio di Matthew al college, hai delle memorie particolari?
“L’intera famiglia Gaudreau è stata una delle migliori che ho avuto il piacere di incontrare. Quello che è successo a Johnny e Matthew è stato terribile. Ho vissuto con Matty durante il mio secondo anno di college, ed ho davvero tanti bei ricordi. Sia lui che suo fratello sono stati tra le migliori persone e compagni di squadra che abbia mai conosciuto. Matty in particolare non era sempre il miglior giocatore su ghiaccio, ma arrivava sempre con il sorriso e pronto a sostenere i suoi amici. Sono stato fortunato a poter chiamare amici entrambi i fratelli Gaudreau”.

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