
AMBRÌ – Saranno diverse le sfide che dovrà affrontare l’Ambrì Piotta nella prossima stagione, e tra queste c’è sicuramente quella di una fase offensiva che dovrà trovare nuovi leader dopo la partenza di Kubalik.
In Leventina si spera che uno dei principali motori dell’attacco possa essere il canadese Nic Petan, che arriva in Leventina con un passato zeppo di spunti interessanti che hanno caratterizzato sin qui la sua carriera.
“L’Ambrì Piotta è un’organizzazione che gode di una buona fama, in passato ho sentito parlar bene del club da parte di vari altri giocatori e allenatori”, ha debuttato Petan, interrogato sulla sua scelta di raggiungere in biancoblù. “Una componente importante è inoltre stata quella culturale, ovvero quella italiana che si respira anche in Ticino e che fa parte della mia famiglia. Queste prime settimane qui sono state stupende, mi piace molto lo stile di vita che ho trovato”.
Nic Petan, arrivi in Leventina dopo un’esperienza in Russia. Com’è stata?
“Nel complesso è stata positiva. Per molte cose è come vivere in un altro mondo, ma altre rientrano più nella normalità e l’hockey è di alto livello. La lingua ha rappresentato una barriera importante, non parlo una parola di russo, ma in generale sono felice di aver vissuto quell’esperienza. Non ho rimpianti”.
A inizio carriera sei cresciuto come centro, ma negli ultimi anni hai giocato più come ala. È la posizione che ti permette di sfruttare al meglio le tue qualità?
“Penso di poter giocare bene in entrambe le posizioni, mi sento a prescindere a mio agio, ma ora è da un po’ di tempo che vengo impiegato all’ala e mi sono abituato. In generale mi piace molto avere il disco, dunque qualsiasi posizione mi permetta di riceverlo il più possibile va benissimo (ride, ndr)”.
L’Ambrì cerca in te un leader offensivo, avrai dunque la responsabilità di portare gol e punti. È una sfida, ma anche quello che hai sempre fatto in carriera…
“Esatto, ed ovunque vada cerco questo tipo di sfide. È importante riuscire a confermarsi in squadre e contesti diversi, ho la fiducia necessaria per portare anche all’Ambrì Piotta quelle che sono le mie caratteristiche e i miei punti di forza. Ora si tratta solamente di arrivare bene all’inizio della stagione e mettere tutto in pratica”.
Questo per te sarà il secondo anno lontano dal Nordamerica. Cosa ti manca di più, e cosa invece non ti manca affatto della NHL e AHL?
“Sicuramente non mi manca il fatto di dover fare spesso su e giù tra una lega e l’altra, con tutti gli spostamenti del caso. Intendiamoci, non è la fine del mondo, ma sicuramente non è il massimo. Della mia vita in Nordamerica mi mancano gli amici e la famiglia, ma amo molto scoprire nuovi posti e vivere esperienze inedite. Dalla mia partenza dal Nordamerica è stato tutto eccezionale”.

Hai origini italiane e slovene, quanto questo influenza il tuo carattere?
“Non conosco nessuna delle due lingue, ma sì, queste sono le due metà che caratterizzano la mia famiglia. Mio fratello Alex ora gioca in Slovenia e lui parla molto bene italiano, dunque spero possa insegnarmi qualcosa presto o tardi. In passato ho visitato l’Italia, ma ora è bello avere l’opportunità di vivere così vicino a una delle mie nazioni di origine, anche per conoscerla con più calma. Per ora posso dire che dell’Italia adoro il cibo”.
Come valuti la tua carriera finora? Prima del tuo Draft c’erano tante aspettative. Sei arrivato a giocare in NHL, ma mai ottenendo un posto fisso… Cosa ti è mancato?
“Seguo una filosofia secondo la quale tutto capita per una ragione. Non ho rimpianti e sono felice di dove mi trovo ora. Vivo la mia vita giorno dopo giorno, e voglio gustarmi al massimo le esperienze. Bisogna guardare avanti”.
Hai vinto un Mondiale U20 al fianco di McDavid, ottenendo il suo stesso numero di punti. Come ricordi quel torneo?
“Sembra passata una vita da quei momenti, ma in generale la manifestazione rappresenta due settimane eccezionali in cui ti cali in un ambiente con i migliori giovani giocatori del mondo. Ma sei anche molto giovane, vivi il tutto quasi come fosse un flash e non ti rendi conto di cosa sta succedendo. Vivi il momento. Alle nostre partite c’erano tanti famigliari e amici, è una sorta di grande celebrazione dell’hockey, ed ancora oggi è bello parlarne”.
Avevi vissuto una grandissima serata nella semifinale contro la Slovacchia, quando segnasti un hat trick…
“La considero ancora oggi una delle mie migliori partite in carriera. Fui in grado di fare la differenza nei momenti chiave della sfida, in un contesto di grande tensione. Aver segnato quei tre gol è sicuramente qualcosa che è sempre bello avere nel proprio bagaglio di ricordi”.
Un’immagine che resta è quella di tuo papà che lancia il cappellino sul ghiaccio… Sappiamo purtroppo poi cosa è successo qualche anno dopo. Ora anche sul tuo bastone porti la scritta “dad”, quanto ti ha cambiato vivere quella tragedia?
“Ci sono persone che sostengono che da episodi del genere si possa andare oltre, ma la verità è che alcune cose sono impossibili da dimenticare. Sicuramente puoi sentirti meglio, imparare e progredire come persona, ma quanto accaduto rimarrà sempre con te. Questa non deve necessariamente essere una cosa negativa, è per me anche un modo per ricordarlo sempre, ed è per questo che scrivo il suo nome sui miei bastoni. Quella partita in cui segnai l’hat trick rendendo mio papà così felice è stata una serata speciale. Ogni tanto riguardo quelle immagini e tanti ricordi tornano a galla. La vita a volte è dura, questa è la realtà”.
Tornando all’attualità, le Olimpiadi con l’Italia per te non saranno possibili, giusto?
“Esatto, anche se nelle mie intenzioni c’è quella di intraprendere l’iter per ottenere il passaporto. Non l’ho ancora fatto, ma lo farò in futuro. Purtroppo, per gli imminenti Giochi di Milano non c’è nessuna possibilità che io possa partecipare con l’Italia, ma spero che mio fratello possa vivere questa esperienza”.



