LUGANO – DAVOS
0-1
(0-0, 0-0, 0-1)
Rete: 59’01 Stransky (Chris Egli) 0-1
Note: Cornèr Arena, 5’464 spettatori
Arbitri: Kohlmüller, Lemelin; Cattaneo, Kehrli
Penalità: Lugano 4×2, Davos 4×2
Assenti: Marco Müller, Lorenzo Canonica, Julian Walker, Markus Granlund, Stephane Patry, Niklas Schlegel, Giovanni Morini, Samuel Guerra (infortunati), Arno Snellman, Joey LaLeggia, Arttu Ruotsalainen (sovrannumero)
LUGANO – Ahia, questa fa male. La classica occasione mancata con la beffa che si concretizza nel finale è andata in scena alla Cornèr Arena, protagonista un Lugano scellerato nella gestione dei momenti decisivi in una partita tirata, intensa e molto combattuta che comunque i bianconeri avrebbero potuto vincere ancora prima di vedere Stransky con le lunghe braccia al cielo.
Un disco da gestire con calma, che sarebbe dovuto uscire con tutta tranquillità dalla zona difensiva dei bianconeri, i quali invece, come spesso capitato, si sono complicati la vita in maniera inspiegabile fino al patatrac.
Deve far male questa sconfitta perché è arrivata quando tutti si stavano ormai accontentando di vedere la posta divisa dopo il sessantesimo, e forse colpevolmente lo ha fatto anche il Lugano in quei momenti finali, dopo aver sprecato due occasioni in powerplay negli ultimi dodici minuti.
Ecco, il gioco – se così lo possiamo descrivere – in superiorità numerica della squadra di Luca Gianinazzi sta diventando un grosso problema, nonostante gli apparenti miglioramenti visti nelle ultime due uscite, a dimostrarlo in particolare l’ultima situazione giocata contro i grigionesi, con il pubblico anche comprensibilmente spazientito nel vedere la propria squadra incapace quasi di superare la zona neutra.
Difficile ancora oggi spiegare una tale involuzione anche solo con dei giocatori nuovi da inserire, fatto sta che a una manciata di partite dal postseason, una situazione del genere non può essere accettabile.
A parità numerica invece i bianconeri hanno comandato il gioco per un tempo e a fasi alterne degli altri due, ma in generale le difese si sono annullate per diverso tempo, con la partita che si è sviluppata molto tra la zona neutra e gli angoli attorno alle porte, lasciando gli slot molto densi a livello di lotta tra giocatori ma liberi dai dischi.
Per questo va dato merito al Davos di aver giocato una partita di grandissima intensità, con quel sentimento di “emergenza” da finale di regular season che ha portato il match a tratti su livelli da playoff almeno per quanto ha riguardato l’ingaggio fisico e la sottigliezza degli spazi, restando comunque una partita molto corretta.
In un ambiente finalmente caldo della Cornèr Arena, il Lugano si è slegato sul piano dell’esecuzione dopo un secondo periodo giocato con minor precisione e con un Davos più avanzato che ha esaltato anche l’ottima serata di un Koskinen sicuro e pulito, tornando a controllare di più il gioco nel terzo periodo ma di nuovo senza la necessaria pulizia.
È stato soprattutto in attacco che si sono visti gli errori più numerosi, tra la zona neutra e la linea blu offensiva, mentre davanti a Koskinen il sistema difensivo bianconero si è sempre mosso bene, i giocatori si sono aiutati tra loro cercando sempre le posizioni giuste sul ghiaccio anche senza il disco, perlomeno fino all’errore tra Jesper Peltonen e Alatalo nel finale.
Con un Arcobello in crescita durante la partita – il più lucido dei suoi nel gestire il disco e far muovere la squadra – si è però visto un primo blocco stavolta meno preciso nei movimenti automatici e altre tre linee molto intraprendenti ma che alla fine non hanno raccolto frutti, un po’ per la fumosità (Fazzini, Kempe) altre volte per imprecisione (Quenneville) e altre per l’ingenuità delle scelte unite alla troppa foga (Zanetti, Cormier).
Non è stato un brutto Lugano, ma in una partita così tirata e combattuta sul piano fisico e del pattinaggio, con spazi tanto stretti da aver tirato cinquanta volta in porta in due, con più precisione e qualche situazione meglio gestita questi potevano assolutamente diventare tre punti bianconeri.
Invece, dagli elogi per la maturità e la personalità di alcune prestazioni, dobbiamo scrivere di un dobbiamo scrivere di un Lugano che a volte si ostacola da solo, un po’ come quando si vuole correre con le scarpe slacciate per la fretta di voler scattare.
IL PROTAGONISTA
Matej Stransky: Sembrava scritto che dovesse deciderla lui questa partita. In un contesto così difficile dal punto di vista fisico, il ceco spesso ha trovato la crepa giusta in cui infilarsi senza però arrivare fino in fondo, picconando sempre di più certe aperture. Impegnato moltissimo anche in difesa e in box play, alla fine ha avuto la freddezza necessaria di infilarsi nell’apertura più grande concessa dal Lugano e portare via tre punti pesantissimi dalla Cornèr Arena.
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