SVIZZERA – GERMANIA
1-3
(0-1, 1-2, 0-0)
Reti: 6’25 Kastner (Wissmann, Müller) 0-1, 20’47 Siegenthaler (Fiala, Kukan) 1-1, 37’51 Peterka (Kahun, Gawanke) 1-2, 38’27 Sturm (Stachowiak, Müller) 1-3
Note: Arena Riga, 2’896 spettatori
Penalità: Svizzera 4×2, Germania 2×2 + 1×5 + 1×20
Assenti: Tim Berni (non iscritto), Tobias Geisser, Joren van Pottelberghe (sovrannumero), Denis Malgin (ammalato), Calvin Thürkauf (infortunato)
RIGA – Fanno quattro uscite consecutive ai quarti di finale per la Svizzera. Non un bel vedere per una squadra che di nuovo si proponeva come una delle più forti di tutto il torneo sulla carta, ma che al momento della verità si è di nuovo sciolta come neve al sole.
E a questo punto l’incapacità di superare l’ostacolo principale verso le prime quattro del Mondiale non è più questione di tattica, capacità tecniche o materiale umano, è un vero blocco psicologico che rischia di prolungarsi nel tempo e di rappresentare un macigno sulla strada del futuro di questa Nazionale.
Ed è certo che questo problema viene dalla mentalità che questa selezione negli anni ha assimilato, di certo consapevole di poter ambire ancora a giocarsi le medaglie ma anche succube di un’incapacità del proprio staff tecnico di trasmettere le giuste sensazioni durante i giochi che contano.
Contro la Germania – di nuovo, un incubo – è bastato un errore di Mayer per il vantaggio tedesco a mandare allo sfascio le intenzioni di Niederreiter e compagni, impossibilitati ad uscire dall’improvvisa paura di perdere. E si è ben visto come anche in panchina un sempre più nervoso Patrick Fischer denotasse un linguaggio del corpo non proprio ideale per quei momenti.
Ed è andata sempre peggio, nemmeno il pareggio provvisorio di Siegenthaler ha smosso sul serio il carattere dei rossocrociati, mentre dall’altra parte un’onesta Germania fatta di tanti buoni giocatori e un paio di star perdeva pure il suo giocatore più forte – il difensore Seider – a metà partita ma il merito degli uomini di Kreis è stato quello di fare il contrario della Svizzera, ossia continuare con il proprio piano e affidarsi alla semplicità.
La Svizzera ha fatto una fatica tremenda a trovare linee di tiro pulite, anche molto per demeriti propri nel perdere l’attimo giusto e per cercare la giocata complicata e più passava il tempo e più la personalità dei tedeschi prendeva il sopravvento, facendo giocare i nostri avversari con sicurezza e una sana dose di “baldanza”, mentre sull’altro fronte, tra chi litigava con il disco, chi cercava nella disperazione la giocata individuale e un portiere che mai ha regalato sicurezza ai compagni, si solo è vista una squadra senza convinzione, timorosa, assente.
E questo è l’aspetto più grave, una selezione nazionale non può permettersi di arrivare a un certo punto di una competizione mondiale e trovarsi spaesata senza riuscire a reagire, aldilà di chi gioca quando c’è una bandiera da rappresentare il coraggio non deve mai mancare.
E oggi, dopo il 3-1 rifilato da Kreis a Fischer, siamo qui a pensare logicamente a processi, discussioni e quant’altro, e sarà bene che certe analisi – fatte anche su quello che si vede sul ghiaccio e in panchina – vengano snocciolate minuziosamente, mettendo in discussione parecchie cose.
Anche Patrick Fischer? Di sicuro sarà lui il primo a sapere che a questo punto il suo nome passerà in tante bocche e su tanti titoli di giornale, ancora di più oltre che per l’eliminazione in sé anche dopo la “vacanzina” contro la Lettonia, per alcuni tagli discutibili in tempo di selezione e la scelta di Robert Mayer come portiere contro i tedeschi.
E se dalla sua parte l’ex coach del Lugano ha il grande merito di aver negli anni ricostruito attorno alla “Nati” l’entusiasmo dei giocatori più rappresentativi nel rispondere alle chiamate, dall’altro c’è un problema di risultati che si sta prolungando in maniera preoccupante, con quest’ultima eliminazione che è probabilmente la più cocente delle delusioni da quando “Fischi” è in panchina.
Più dell’eliminazione già dalla Germania ai Giochi Olimpici, più delle altre uscite ai quarti ancora contro i tedeschi qui a Riga, oltre che di quelle contro Canada e USA tra Kosice ed Helsinki. Più dolorosa di tutte, perché una Svizzera vista da tutti come una delle favorite ha sbattuto contro un autentico muro, e i mattoni sembra averceli messa lei stessa, rischiando di trasformarsi ancora di più in una squadra da “intrattenimento” dei gironi, bella ma perdente.
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