LANGNAU – Per l’Ambrì Piotta quello appena andato agli archivi era un weekend importante, con due sfide che dovevano lanciare il periodo ricco di impegni che ci porterà sino a Natale. Due partite intense anche per l’assistente allenatore René Matte, con cui ci siamo intrattenuti al termine della sfida di Langnau.
René, ti abbiamo visto più indiavolato del solito in panchina, come mai?
“Ma no, dici?”
Sì dai, ti abbiamo visto protestare spesso con gli arbitri e sei quasi entrato sul ghiaccio…
“Ho cercato di fare il mio lavoro, c’erano delle situazioni in cui dovevamo di reagire, ma non voglio parlare degli arbitri, non ho tempo da perdere”.
Dobbiamo comunque chiederti di commentare la situazione inerente alla chiamata del coaches challenge bernese, arrivata in ritardo…
“Il regolamento in Svizzera è chiaro. Ci sono 45 secondi di tempo per richiedere un coaches challenge e non 55. Gli arbitri ci hanno invece detto che si può chiamarlo sino all’ingaggio, ma ripeto, in Svizzera non è così e per questo abbiamo espresso il nostro disappunto”.
Sei contento dei cinque punti raccolti nel weekend?
“Ci voleva una reazione, in questo senso il bottino ci soddisfa. Siamo comunque reduci da due settimane di buon lavoro con tante analisi al video al fine di ritrovare la stabilità. Mi è piaciuta la reazione dopo il pareggio del Langnau, non siamo andati in panico. Mi è piaciuto pure lo spirito combattivo, non è mai facile giocare alla Ilfis. Evidentemente non tutto è stato perfetto, ma direi che rispetto a 2-3 settimane fa ci sono stati dei progressi. Stiamo andando nella giusta direzione”.
Il weekend di Chlapik è stato eccezionale…
“Ci sono stati i riflettori puntati su di lui negli scorsi giorni a causa della famosa polemica, penso che non ci potesse essere un modo migliore di rispondere e reagire. E non parlo nemmeno delle reti, ma del resto. Ha fatto un gran lavoro difensivo, ha lottato nei duelli ed è stato ricompensato”.
Per la prima volta in stagione avete schierato lo stesso portiere due volte nell’arco di 24 ore, come mai avete cambiato le abitudini?
“Non parlerei di abitudine, ogni partita si prepara singolarmente, non siamo in una situazione in cui si può pianificare a lunga gittata. Juvonen contro il Kloten ci ha dato la chance di vincere in una partita rimasta in bilico sino a 5’ dalla fine, è stato dominante e abbiamo creduto che si fosse meritato la chance di giocare anche a Langnau”.
Usciamo dalla stretta attualità, si è parlato tanto del record di Cereda in qualità di coach. Le tue 295 partite non sono mai un grande tema, sai chi è l’assistente allenatore più longevo della storia biancoblù?”
“Direi Diego Scandella, giusto?”
Esatto, lui ha disputato 432 partite (grazie a Brenno Canevascini, ndr). Tra il serio e il faceto, è un obiettivo raggiungerlo?
“No, io non guardo molto ai numeri e alle statistiche, ma capisco che possano interessare e facciano parte del gioco. Io mi concentro esclusivamente sul mio lavoro cercando di dare il massimo. Ho la fortuna di svolgere un lavoro che mi piace tantissimo in un posto dove mi trovo benissimo e con persone molto rispettose che apprezzano il mio apporto e mi danno fiducia”.
Tuo fratello gemello Louis, dopo una vita in qualità di assistente, ha fatto il grande salto e ora è l’allenatore del La Chaux-de-Fonds. E tu, hai questo traguardo e desiderio nella mente?
“Prima di arrivare in Svizzera ero head coach in Canada. Nell’anno e mezzo dove mi sono ritrovato senza una panchina, dopo Friborgo, avevo ricevuto due offerte da club di Swiss League in qualità di allenatore. Ci furono anche degli incontri, ma poi nulla andò in porto. Mi interesserebbe fare l’head coach, se un giorno ci fosse la possibilità concreta l’accetterei, anche nella lega cadetta, ma è pure una questione di timing. Non credo però molto nei casi in cui si cambia ruolo all’interno dello stesso club, ovvero passare da assistente ad allenatore. La gente che gravita attorno alla società e i giocatori ti hanno conosciuto in un determinato ruolo e solitamente quando cambia la prospettiva non funziona”.
E lavorare con Louis?
“Ne abbiamo già parlato, sarebbe molto difficile. Non ci sarebbe quella distanza necessaria per poter lavorare quotidianamente, per prendere determinate decisioni, ci sarebbero troppe emozioni da gestire e inoltre ci sono delle gerarchie da rispettare in uno staff, saremmo troppo legati. Non siamo solo fratelli, siamo gemelli”.