Hanno destato clamore le parole di Paolo Duca negli ultimi giorni. “Io e Cereda abbiamo iniziato insieme questo percorso e lo concluderemo assieme”. Parecchia la sorpresa, ma in fondo non è una novità. I due timonieri dell’Ambrì avevano già comunicato al club questa intenzione al momento dell’ingaggio e non è mai stato un mistero.
Già ai Mondiali di Parigi del 2017, quando Duca era entrato in carica da nemmeno un mesetto, si era espresso a tal proposito con noi media presenti in loco. Certo, è una situazione inusuale e che si presta a critiche, ma di sicuro non insormontabile.
Prima di tutto si è ancora molto lontani da tale scenario. Secondo aspetto da tenere in conto, quando arriverà il sentimento di avere la necessità di un cambiamento, il club potrà farlo con calma e non in fretta e furia. C’è da immaginarsi che saranno addirittura proprio Duca e Cereda a scegliere i loro eredi, o comunque avranno voce in capitolo a tal proposito.
Qualcuno potrebbe temere che i due non sapranno riconoscere il momento adatto per farsi da parte e che oltretutto il resto della società non abbia il know-how hockeistico o persino il coraggio di intraprendere una tale decisione. Timori in fin dei conti pure leciti, ma la realtà è un’altra.
Duca e Cereda hanno molto cervello, quando capiranno di non potere più dare nulla al club della loro vita avranno l’intelligenza di lasciare. Qualcuno potrà obiettare che quando c’è di mezzo il cuore si rischia di perdere l’orientamento o la lucidità. Ci sentiamo di escluderlo, i due sono molto razionali e per certi versi anche freddi.
Essendo tifosi e avendo a cuore le sorti leventinesi, sarà loro premura lasciare la società in uno stato dignitoso, in buone mani e garantire continuità, anche per non sprecare il duro lavoro svolto nella loro gestione. Insomma, non è come avere un allenatore o un direttore sportivo provenienti dall’Alberta, distaccati dalla realtà e dall’ambiente e che possono tranquillamente filarsene verso nuovi lidi o tornare a Calgary potendosi fregare altamente del seguito e delle ripercussioni.
Non stiamo dunque parlando di un normale rapporto di lavoro come in qualsiasi altra società sportiva professionistica. Sostituire contemporaneamente il coach e il diessé non è sicuramente un optimum, ma non e neppure un fatto inusuale o così raro. Di esempi, anche recentissimi ce ne sono, vedi Ajoie e Langnau. Inoltre ci sono ancora club che hanno tuttora una persona con il doppio incarico, come ad esempio Dubé a Friborgo.
Ora si può anche affermare che nel Gottéron ci sia comunque un CEO come John Gobbi, dotato di un immenso pedigree hockeistico, ad Ambrì invece no. È vero, ma all’interno del club biancoblù ci sono comunque altre persone con un soldo background in materia e che possono dire la loro al CDA. Qualche nome? Manuele Celio, Pauli Jaks, Lorenzo Croce. Morale della favola? I tifosi dell’Ambrì non devono inquietarsi a dismisura.