KLOTEN – LUGANO
5-2
(1-1, 0-0, 4-1)
Reti: 9’19 Morini (Gerber, Josephs) 0-1, 17’54 Simic (Ang, Aaltonen) 1-1, 43’21 Meyer (Ekestahl-Jonsson) 2-1, 43’41 Faille 3-1, 51’20 Ang (Aaltonen) 4-1, 58’00 Bennett (Andersson, Arcobello) 4-2, 59’18 Meyer (Aaltonen, Ruotsalainen) 5-2
Note: Stimo Arena, 6’754 spettatori
Arbitri: Borga, Hürlimann; Fuchs, Gurtner
Penalità: Kloten 4×2′, Lugano 5×2′
Assenti: Daniel Carr, Julian Walker, Stephane Patry (infortunati), Oliwer Kaski, Yves Stoffel (sovrannumero)
KLOTEN – Il sentimento di frustrazione deve essere pesante. Dopo una partita del genere il Lugano può solo recitare il più classico dei “mea culpa”, e l’amarezza di una sconfitta maturata in questa maniera la si è percepita nei comportamenti fallosi dei bianconeri nel finale.
Ancora una volta è stato il terzo periodo a condannare i ragazzi di Luca Gianinazzi, anzi, per dirla meglio, è stato il tarlo nella testa dei giocatori a tradirli di nuovo, stavolta però con qualche colpa in più dopo aver stradominato i primi due tempi ed averli chiusi su un misero risultato parziale di 1-1.
Due tempi giocati con disciplina difensiva, rapidità nell’uscita dal terzo difensivo e un continuo macinare azioni, creando davanti all’eccellente Metsola una quantità di occasioni che anche se sfruttate in maniera minima avrebbero dovuto portare il Lugano avanti di almeno tre reti comode.
Invece i bianconeri non solo hanno dovuto fare i conti con le parate del portiere del Kloten, ma anche con la loro incapacità di trovare la freddezza davanti alla porta, anche questa una questione che viene dalla testa. Lo è per forza, perché non è possibile vedere Fazzini continuare a litigare in questa maniera con la rete, altri giocatori che davanti al portiere senza alcun disturbo non vanno oltre a un tiro in pancia, o altri che invece del tiro al volo di “cattiveria” si sentono indecisi e cercano spazi che mezzo secondo più in là non ci sono più.
Va bene però, lasciamo che il momento offensivo sia questo e che i giocatori ritrovino la fiducia, sulla prestazione dei primi due tempi globalmente invece non c’è molto da rimproverare ai luganesi, se non qualcosa a una prima linea – e un paio di altri giocatori – abulica e troppo fiorettista in questo contesto, ma in quanto a sviluppo di un proprio timbro riconoscibile e strutturato Gianinazzi sta dimostrando comunque di saperci fare.
Quello che non va bene, e che di fatto sta facendo affondare il Lugano in questo autunno, è ciò che regolarmente succede appena parte il terzo periodo e gli avversari mettono fuori la testa dal guscio come fatto dalla squadra di Tomlinson, inesistente per quaranta minuti.
Il Lugano ha permesso ai padroni di casa di iniziare il terzo tempo con troppa libertà invece di continuare con pazienza come fatto nei primi due tempi, l’unica maniera per picconare una partita che prima o poi si sarebbe sbloccata di nuovo in maniera naturale.
Con questo atteggiamento degli avversari gli zurighesi hanno trovato il vantaggio con Meyer dopo una bella iniziativa di Ekestahl-Jonsson, praticamente alla terza occasione vera di tutto l’incontro, mandando in confusione il Lugano. La rete, come episodio negativo, ha mandato in tilt i bianconeri, incapaci di reagire come di consueto alla prima avversità. Una fragilità che di nuovo si è riversata sull’esito dell’incontro, perso completamente di mano da Arcobello e compagni, che in men che non si dica hanno gettato tutto nella spazzatura – per essere gentili – subendo il 3-1 di Faille pochi secondi dopo nel caos dello choc subito.
Tutto il resto è venuto di conseguenza, da quel momento la squadra bianconera si è letteralmente sbriciolata sul piano mentale e dell’organizzazione, cadendo nelle penalità da frustrazione per aver visto sfuggire di mano una partita che era praticamente impossibile da perdere con quella mole di gioco e di occasioni create, subendo anche il 4-1 in shorthand prima del 5-2 finale.
In questo contesto non è mancato solo il tocco di finizzazione, ma anche la personalità di quei giocatori che devono tenere in carreggiata la squadra e non permettere che vada allo sbando, come fatto invece dagli stranieri del Kloten.
Cattiveria, furbizia, mestiere, personalità. Se sul piano del gioco i passi avanti sono incoraggianti, durante la pausa e dopo l’ultimo impegno contro il Bienne, il Lugano avrà un sacco di lavoro da fare. E chissà se dieci giorni basteranno per fare almeno la metà dei compiti.
IL PROTAGONISTA
Jonathan Ang: Juha Metsola ha fatto una bella partita, non c’è dubbio, ma è stato facilitato anche dagli attaccanti bianconeri. Ang invece ha dimostrato cosa fa un leader quando le cose si complicano, salendo in cattedra e trascinando la sua squadra al quinto successo consecutivo. Impressionante per personalità e impatto generale sulla partita.