LUGANO – AMBRÌ
3-2
(1-0, 1-0, 1-2)
Reti: 19’03 Andersson (Marco Müller, Fazzini) 1-0, 20’26 Arcobello (Granlund, Zanetti) 2-0, 43’40 Virtanen (Spacek) 2-1, 50’51 Bürgler (Chlapik) 2-2, 51’03 Morini (Josephs) 3-2
Note: Cornèr Arena, 6’733 spettatori
Arbitri: Stricker, Urban; Schlegel, Cattaneo
Penalità: Lugano 2×2′, Ambrì 3×2′
Assenti Lugano: Daniel Carr, Julian Walker, Stephane Patry (infortunati), Oliwer Kaski, Yves Stoffel (sovrannumero)
Assenti Ambrì: Nick Shore (sovrannumero), Zaccheo Dotti (ammalato), André Heim, Rocco Pezzullo, Stefan Müller (infortunati)
LUGANO – Il periodo di Halloween ha regalato un derby da paura, non in senso esaltante ovviamente, ma che attendeva due squadre alle prese con i loro problemi, da un Lugano sprofondato all’ultimo posto in classifica a un Ambrì sconfitto nelle ultime cinque uscite prima della sfida cantonale.
Insomma ci si poteva aspettare quanto contasse non solo a livello di punti – soprattutto a sud del Ceneri – ma anche quanto pesasse sul piano morale per entrambe le squadre una vittoria in questo contesto. Alla fine a spuntarla è stato il Lugano, che ha strappato alla fine con i denti tre punti che sembravano potersi incanalare verso le tasche dei bianconeri con più fluidità di quanto sia poi successo nel terzo periodo. Lì è stato vero derby, con il rientro dell’Ambrì Piotta fino al 2-2 dopo che i padroni di casa avevano condotto il risultato fin sul 2-0.
Senza Kaski per la prima volta in stagione, accomodatosi in tribuna per fare spazio al rientrante Andersson in difesa e a Josephs tra gli stranieri, il Lugano ha interpretato la partita in maniera intelligente e prudente sin dall’inizio, senza strafare ed evitando di cercare la giocata rischiosa magari anche conscio di alcuni limiti, marcando la presenza territoriale con il maggior possesso del disco sfociato nel vantaggio proprio ad opera dello svedese con una sua tipica incursione a rimorchio.
L’Ambrì dal canto suo ha avuto le sue chances con un palo colpito da Heed, ma poi ha pagato una distrazione difensiva tra Isacco Dotti e Lionel Marchand, andati entrambi malamente fuori posizione sulla rete del Lugano. E il raddoppio non è nato in maniera tanto diversa, non per l’azione in sé ma per l’incapacità di lettura difensiva ancora con il numero 7 protagonista, rimasto indietro sulla discesa di Arcobello che ha potuto insaccare facilmente il 2-0 dopo 36 secondi nel periodo centrale.
Su quel momento l’Ambrì Piotta ha avuto la capacità di non crollare e cedere troppo spazio al Lugano, che non è stato capace di trovare l’occasione di “uccidere” la partita, facendosi coprire bene da Koskinen in retrovia, faticando però ad entrare nello slot basso dei leventinesi.
Doveva essere però il terzo periodo la vera cartina di tornasole di questo derby, per verificare se il Lugano stesse lavorando sui suoi terribili tempi conclusivi e se i ragazzi di Cereda fossero in grado di trovare le forze per rientrare dopo alcune partite in cui era mancata la fiammata giusta.
E difatti il Lugano qualche crepa l’ha subito mostrata, incassando prima il 2-1 di Virtanen su un’indecisione della difesa, facendosi spaventare da una traversa di McMillan e poi incassando il 2-2 quasi naturale con un’invenzione di Bürgler, aiutato da un intervento di Koskinen non propriamente pulito.
Sembrava ancora una volta scritto che il Lugano venisse tradito da quel terzo periodo, ma Gianinazzi in quel momento è stato ripagato dalla fiducia nei suoi ragazzi. Dopo aver subito il pareggio, il quarto blocco è stato rimandato subito in pista dal coach bianconero per l’ingaggio di ripresa e soli dodici secondi più tardi Morini ha scacciato la maledizione con il definitivo 3-2 su assist di Josephs.
Pali, traverse, secondi decisivi, un gol-non-gol di Fazzini rivisto in video, improvvisamente il derby si è acceso anche sul piano emozionale dopo essere stato fin troppo “accademico” anche se piacevole nei primi due tempi, ma alla fine a prevalere è stata una squadra che forse ha fatto un pochino meglio certe piccole cose.
Certo, il Lugano non ha brillato particolarmente per prestazione tecnica, ma ha giocato una partita regolare sul piano della combattività, con qualche distrazione qua e là ma capace di sfruttare meglio il momento decisivo della partita, quando paradossalmente sarebbe dovuto pendere dalla parte biancoblù.
Sorretti anche loro da un grande portiere come Juvonen, i ragazzi di Cereda hanno pagato a prezzo più alto i loro errori e di nuovo soffrono la mancanza di concretezza in alcune occasioni, dipendendo fin troppo nelle incursioni offensive da pochi uomini scelti.
Chi ha vinto questo derby ha l’obbligo di sfruttare al meglio l’entusiasmo e lo slancio di una battaglia strappata con orgoglio, chi lo ha perso dovrà essere ancora più bravo a non cadere nello sconforto. Forza, la pausa è vicina, sarà un toccasana per entrambi.
IL PROTAGONISTA
Calle Andersson: Appena rientrato lo svedese ha subito fatto capire quanto fosse mancato nella globalità del gioco bianconero. Il gol di apertura è stato il bentornato dopo l’infortunio, la presa a carico di decisioni importanti, il volere essere al centro del gioco in ogni sua fase ha ricordato cosa può fare un difensore del suo calibro. Gli manca un po’ di ritmo, ma ha portato anche quel carattere che forse nella sua assenza era mancato a tutti.
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