Undici anni fa, il 5 ottobre del 2011, ci lasciava il grande Peter Jaks. Perché pubblicare un piccolo ricordo che non combacia esattamente con l’anniversario della sua morte? Semplice, sarebbe stato troppo banale e a Peterone la banalità non è mai piaciuta.
Dopo la sua mesta scomparsa si sono scritti giustamente chilometri di tributi, sono stati prodotti documentari, interviste e testimonianze toccanti. È stato detto in sostanza tutto sulla sua vita, sia quella del campione, sia quella dell’uomo. Inutile ripercorrere la sua immensa carriera, sfornare per l’ennesima volta i suoi immensi numeri fatti di reti e assist a volontà.
Oggi proviamo a presentarvi un lato di Peterone magari un po’ meno conosciuto, quando era appunto il direttore sportivo dell’Ambrì. Il classe 1966 cominciò la sua avventura nel 2003 e rimase in sella sino al 2009. Un periodo molto lungo (per rendere l’idea, ad esempio anche Paolo Duca è arrivato al suo sesto anno da direttore sportivo). A posteriori si ha spesso l’impressione che i grandi viaggi siano durati molto meno dell’effettiva lunghezza.
Tutti si ricordano i primi acquisti di Peter, ovvero Trudel e Domenichelli, ma anche in questo caso tralasciamo il resto. Sarebbe nuovamente troppo banale esporre fatti già noti. Andiamo allora dietro le quinte, o perlomeno ci proviamo. Jaks era molto circospetto nella sua funzione da diesse, specialmente all’inizio della sua attività.
Da collaboratore alle prime armi era difficile carpirgli qualche informazione o qualche conferma, spesso rispondeva in maniera evasiva. A quei tempi gli scoop di mercato erano merce pregiata. Il web esisteva già, ma in maniera molto marginale e a farla da padroni erano ancora i quotidiani cartacei. Ai tempi gli scoop erano quindi motivo di «prestigio» e vanto perché appunto eri l’unico ad avere la notizia e aveva una certa risonanza. Oggi non è più così, appena esce uno scoop di mercato, dopo 5’ è già stata ripresa da dozzine di portali d’informazione e l’utente non sa praticamente più chi è all’origine della notizia.
Restio a dare conferme, non significava però non essere disponibile. Peter rispondeva praticamente sempre al telefono, anche negli orari più disparati. Quelle poche volte che non accadeva, potevi stare sicuro che avrebbe richiamato il più presto possibile. Quando si pubblicava uno scoop inerente al mercato dell’Ambrì, era assodato che il tuo telefono avrebbe squillato ancora nella mattinata. Tra il serio e il faceto cercava di capacitarsi di come la news fosse filtrata.
Alcune volte era pure assai arrabbiato, ma Peterone restava sempre composto ed educato, mai sopra le righe. Ormai era il gioco delle parti: da un lato il dirigente sportivo che non vuole fughe di notizie, dall’altra il giovane scribacchino alla ricerca di «gloria» al fine di dare notizie fresche ed esclusive ai suoi lettori.
Diventando in seguito co-commentatore e analista per la RSI, Peterone imparò e capì sino in fondo il ruolo dei media. Formò un tandem molto affiatato in particolar modo con il giornalista Alessandro Tamburini. Un’amicizia che andava oltre al loro rapporto professionale. È sempre bello ascoltare gli aneddoti del “Tambu” quando ricorda il suo amico scomparso.
Peter oltre a fare il direttore sportivo svolgeva anche tante altre mansioni all’interno della società. A volte pure quella di autista. Quando Thomas Bäumle nel 2008 si ruppe il ginocchio a Rapperswil in una triste sera di fine ottobre, fu proprio Jaks a fungere da tassista e riportare a casa lo sfortunato estremo difensore. Un fatto che fotografa bene quella che era l’indole di Peter Jaks, ovvero delegare il meno possibile e prodigrarsi nel farsi in quattro.