AMBRÌ – Quando una stagione viene consegnata agli archivi, è solitamente tempo di bilanci. Considerazioni più o meno elaborate, che tendono ad allungarsi al termine di quelle annate un po’ più tribolate, mentre se le cose sono andate per il verso giusto la lista si accorcia, e questo è sempre un buon segnale. E poi c’è questo Ambrì Piotta, cresciuto sull’arco di oltre 60 partite – tra preseason, campionato e Coppa – e, dopo averle viste e commentate tutte, ci si sente quasi svuotati.
“Svuotati” non perché non ci sia nulla da dire, ma piuttosto perché si ha la sensazione che in questo percorso tutte le tematiche importanti che ruotano attorno alla squadra di Duca e Cereda siano già state discusse nel loro svilupparsi, sino ad arrivare a un epilogo di Gara 5 che non ha fatto altro che mettere un punto esclamativo su tutti quegli elementi che hanno permesso all’Ambrì Piotta di rendersi protagonista della sua miglior stagione da 20 anni a questa parte.
Certo, in termini di risultati nel 2006 la squadra era riuscita a vincere tre incontri di playoff prima di venir eliminata dal Lugano, ma è allargando le proprie prospettive – evitando di cadere nel tranello di concentrarsi troppo sulla singola annata, esaltante ma da collocare in un contesto pluriennale – che ci si accorge quanta importanza può realmente avere un campionato come quello appena terminato.
Innanzitutto l’Ambrì Piotta è riuscito in soli due anni ad eliminare due dei fardelli più pesanti lasciati in eredità dalle precedenti gestioni, che avevano portato il club ad avere un’etichetta perdente ed un pubblico che – pur fedele – piano piano stava diventando sempre più freddo.
Il lavoro di Duca e Cereda ha saputo cambiare l’intera percezione che si ha nei confronti dei leventinesi, facendo leva su un’idea che si è velocemente trasformata in mentalità e creando una squadra che può sì perdere, ma che da nessuno è più considerata perdente. La differenza è abissale, ed è stata chiaramente riconosciuta da un pubblico che è di nuovo un tutt’uno con il gruppo, mentre gli avversari sono tornati ad avere quel rispetto che contro le iterazioni più arrendevoli dei biancoblù era venuto a mancare.
La più grande vittoria dell’Ambrì Piotta è stata proprio questa, frutto di un lavoro iniziato appena due anni fa ma che è ben lungi dall’essere concluso, questo nonostante l’annata 2018/19 abbia il potenziale per rimanere ineguagliata per un po’ di tempo.
Non sarà però questo il punto, perché i biancoblù i loro passi avanti non li misureranno (solamente) in termini di punti ottenuti e posizioni in classifica, ma anche e soprattutto nella capacità di dare stabilità ad un progetto sportivo che è ancora ai primi stadi, anche se alcune circostanze favorevoli – comunque non cadute dal cielo, ma concretizzatesi a risultato del buon lavoro svolto – abbiano portato ad un’insospettabile colpo di gas.
Inutile ignorare ulteriormente il gigantesco elefante nella stanza, guardando alla prossima stagione il pensiero di tutti va immediatamente al vuoto lasciato da Dominik Kubalik, con ampio margine il miglior giocatore dell’ultimo campionato. Il suo arrivo in Svizzera è stata un’anomalia – e un’eccezionale operazione da parte del DS Paolo Duca – virtualmente impossibile da replicare, ma è proprio con la sua partenza che la squadra avrà la possibilità di dimostrare di essere pronta a pedalare senza l’aiuto delle proverbiali “rotelle”.
La struttura rimarrà la medesima, visto che vi è un solo addio svizzero di peso (Guerra), ed i rinnovi già avvenuti di Zwerger, Müller, Novotny e con tutte le probabilità Hofer permetteranno di mantenere l’impalcatura della top six invariata. Sul mercato straniero andranno scovati i finalizzatori – la logica ad oggi dice due ali straniere, in attesa di conoscere il futuro di D’Agostini – ma con le giuste intuizioni Luca Cereda avrà a disposizione un gruppo nuovamente intrigante, che avrà inoltre in organico sin dall’inizio il promettente Rohrbach e forse Daniele Grassi.
La fase di programmazione e preparazione avrà dunque un ruolo determinante nella costruzione della continuità e stabilità che il club vuole raggiungere. Le pedine da scovare sul mercato saranno poche ma importanti, mentre sul lato puramente sportivo il compito sarà quello di mettere i singoli giocatori in condizione di ripetersi.
Un rapido sguardo alla rosa è infatti sufficiente per realizzare che buona parte ha vissuto la propria miglior stagione in carriera, ed in definitiva solamente Kienzle e Kneubuhler non hanno mai trovato un reale ruolo all’interno della struttura di squadra. C’è naturalmente chi ha contribuito in maniera più tangibile di altri, ma Cereda si è confermato bravissimo nell’affidare ad ognuno un ruolo ben preciso, ed in questo contesto tutti hanno saputo attingere al loro potenziale.
Potenziale che per alcuni elementi rimane da esplorare, con i giovani Pinana e Rohrbach che – per motivi diversi – hanno giocato poco ma che rappresentano pedine importanti e intriganti per l’immediato futuro. C’è poi chi, come Fora o Plastino, ha avuto più alti e bassi rispetto al 2017/18, motivo per lavorare nell’ottica di ritrovare la miglior versione di se stessi già da settembre… Motivazioni che dovrebbero spingere anche Kienzle e Kneubuhler, che se avranno un approccio al lavoro in linea con la mentalità di Cereda potrebbero anche rilanciarsi.
L’Ambrì Piotta rimane alla ricerca di un suo standard, e per questo l’asticella non potrà essere messa troppo in alto, ma nemmeno ritornare alla collocazione di partenza. Nel progetto della nuova gestione sportiva questo secondo anno ha rappresentato un grande passo avanti – così come il primo – ma deve anche essere considerato “solamente” come un secondo strato di cemento per delle fondamenta che dovranno essere solide e permettere al club di arrivare a quell’equilibrio sportivo e societario per stabilirsi come club di metà classifica.
La formula rimane dunque la stessa, si dovrà rimboccarsi le maniche e perdere poco tempo guardandosi allo specchio, senza ritrovarsi paradossalmente condizionati dagli eccezionali risultati appena ottenuti.
“Nei prossimi mesi ci sarà tanta voglia di costruire sulla base di quanto mostrato quest’anno, provando a fare un altro passo a livello di crescita. Ciò non significa arrivare in semifinale; un altro passo significa mantenere la continuità, cercare di far crescere la squadra assieme alle individualità, provare a portare il tutto ad un livello superiore”, aveva spiegato Elias Bianchi al termine di Gara 5.
Nessuno meglio del capitano poteva riassumere un concetto che deve essere ben chiaro sin dal principio. L’Ambrì Piotta non è più alla ricerca di risultati fini a se stessi, ed è proprio questo che sta facendo la differenza.