AMBRÌ – “È stata una vittoria da Ambrì”, ha commentato Luca Cereda allo scoccare del sessantesimo. Una vittoria sudata fino all’ultimo secondo da un gruppo che, una volta di più, ha saputo portare sul ghiaccio del buon gioco ma, soprattutto, quella giusta attitudine fatta di duelli vinti e di spirito di sacrificio, ad immagine del suo giocatore simbolo: Marco Müller. Nella rete del giovane solettese c’è tutto l’Ambrì di questi due anni di gestione Duca–Cereda.
Lavoratore instancabile, la crescita del numero 13 non accenna ad arrestarsi e contro il Losanna il suo apporto è risultato nuovamente decisivo. E non parliamo solo di punti – marcati consecutivamente nelle ultime 6 partite –, ma di un lavoro a tutta pista davvero impressionante.
“Il nostro obiettivo era di riconfermarci dopo la vittoria di Davos”, ci ha spiegato l’autore del primo vantaggio biancoblù. “C’era grande entusiasmo nello spogliatoio per essere riusciti a conquistare i tre punti in terra grigionese, e c’è grande entusiasmo adesso per la sofferta vittoria contro i vodesi. In questo periodo la classifica è estremamente corta e se si perdono un paio di partite il rischio è di scivolare immediatamente sul fondo, ciò che vogliamo evitare”.
Sabato il forecheck è stato decisivo: con la tua pressione su Kenins hai trovato la rete dell’1-0 e Zwerger ti ha imitato in occasione del raddoppio…
“Il Losanna è davvero un’ottima squadra, dotata di grandi talenti. Se non avessimo giocato in questo modo avremmo permesso loro di portare il momentum a proprio favore. A quel punto chissà che cosa sarebbe potuto accadere. Abbiamo cercato di mettere tanta pressione sul portatore del disco, impedendogli di ragionare e di crearsi degli spazi. Il nostro sistema di gioco ha funzionato bene e siamo riusciti ad essere aggressivi per sessanta minuti”.
Anche contro il Losanna hai messo a segno una rete eccezionale. Stai vivendo un grande periodo di forma ed è evidente la fiducia che hai nei tuoi mezzi…
“Poco importa chi segna, ciò che conta è la vittoria. Chiaramente non posso che essere soddisfatto del mio rendimento, ma questo è soprattutto merito dei miei compagni di squadra. Con Kubalik e Zwerger ci intendiamo alla perfezione e ognuno lavora per il proprio compagno sul ghiaccio. Gestiamo bene il disco e riusciamo a creare degli spazi per il tiratore. Non si tratta di me, ma di un grande lavoro di squadra figlio della giusta attitudine da parte di tutti. Il momento che sto vivendo è sicuramente positivo e ne sono davvero felice, ma non si tratta di un regalo. Se le cose funzionano è perché ce lo stiamo guadagnando attraverso il lavoro quotidiano”.
La scorsa settimana hai indossato la “C” di capitano, culmine di un percorso di crescita in continua evoluzione. Al tuo arrivo in Leventina te lo saresti mai immaginato?
“Devo ammettere di essermi sentito davvero onorato in quell’occasione. Non capita tutti i giorni di essere capitano di una compagine di NLA. Quest’esperienza con l’Ambrì Piotta mi sta aiutando a crescere in maniera importante ed è per questo motivo che avevo deciso di firmare con questo club. Aver indossato la “C” di capitano mi ha dato conferma della fiducia che tutto lo staff tecnico sta riponendo in me. Ciò che posso fare è ripagare coloro che credono in me dando ogni sera il 110%”.
Toglici una curiosità: per quale motivo alla fine di ogni periodo ritardi il rientro negli spogliatoi e resti da solo in panchina?
“Alcuni credono che lo faccia per concentrarmi, ma non è così. È un piccolo rituale che ho preso l’abitudine di seguire… Lo faccio per me. In quei momenti rifletto a caldo sui 20 minuti di gioco appena conclusi e cerco di trarre una sorta di bilancio personale. Mi chiedo che cosa ho fatto di buono e che cosa invece ho sbagliato. Insomma, mi prendo qualche minuto per rinfrescare la mente. Sai, l’aria in pista – specialmente qui alla Valascia – è un po’ più fresca rispetto a quella negli spogliatoi (ride, ndr.)”.