PYEONGCHANG – Imbarazzante. È quanto meno il minimo che si possa dire della figuraccia rimediata dalla Nazionale Svizzera ai Giochi Olimpici di Pyeongyang.
Senza giri di parole, senza giustificazioni stucchevoli o i soliti “sì, ma”. Perché questi giochi, senza le grandi stelle della NHL, erano l’occasione per i rossocrociati di partire quasi alla pari – o perlomeno con un gap molto più sottile del solito – delle grandi squadre, un’occasione che per alcuni è stata anche possibilità di pronunciare sibillini la parola “medaglia”.
Forse si è esagerato a parlare di podio, ma forse nemmeno troppo, viste le formazioni dei top team e l’entusiasmo che il clan elvetico lasciava trasparire prima della trasferta nella penisola asiatica, ma un risultato del genere è del tutto ingiustificabile, un fallimento insidacabile.
Uscire prima ancora dei quarti di finale per mano della Germania, una nazionale che si vuole sempre credere (a giusta ragione peraltro) inferiore tecnicamente alla Svizzera è un naufragio e non saranno le parole a fine gara dei giocatori che cercano in qualsiasi modo una comprensibile seppur fragilissma consolazione a cambiare quello che è il risultato di questa spedizione, un vero fallimento.
Sconfitta per 5-1 dal Team Canada spengleriano, sconfitta per 4-1 da una tecnica ma non irresistibile Repubblica Ceca, una vittoria illeggibile contro i padroni di casa che conta quanto conta e sconfitta contro la Germania che per forma e sostanza ci riporta indietro di di una 20ina di anni, quando la piccola Svizzera doveva fare l’impresa pure contro queste nazioni.
In pratica nelle partite che hanno confrontato i ragazzi di Fischer alle nazionali di riferimento e all’avversario del primo playoff, le cifre parlano di 3 gol fatti e 11 subiti, una scoppola che deve far pensare non poco, ancor di più pensando al livello effettivo degli avversari.
Gli elvetici in pratica hanno dovuto lottare ogni volta contro due avversari, quelli che erano in pista contro di loro e una personalità a dir poco imbarazzante. Chiamiamola timidezza, oppure addirittura supponenza, fatto sta che oltre ai vari Scherwey, Rüfenacht, Furrer, Diaz e pochi altri, la Nazionale ha mostrato limiti caratteriali preoccupanti, organizzazioni di gioco a dir poco lacunose e incapacità di tirare fuori un maledetto orgoglio.
Su questo piano i tedeschi hanno tenuto una “Masterclass” dinnanzi agli elvetici, con una selezione completamente composta da giocatori della DEL ma che ha mostrato unità d’intenti, carattere e personalità, tutte carattersistiche che in un torneo come i Giochi Olimpici possono fare la differenza.
Ci sarebbe pure da discutere su alcune convocazioni – o quelle mancate – ma prima dei singoli bisognerà ragionare su quello che ha mostrato il gruppo in questo breve torneo, ossia pochissimi lampi di luce e tre quarti di ombra, praticamente tutto quello che era racchiuso nella sfida contro la Germania.
Doveva essere il banco di prova definitivo per la squadra di Fischer, poteva essere la svolta verso i quarti di finale, invece è stata la conferma di quello che tutti sospettavano sin dalle prime battute della partita contro il Canada, ovvero un’occasione mancata in pieno.
Sarà tempo di veloci bilanci, di smaltire le delusioni, ma ci sarà – dovrà esserci – anche il tempo di valutare certe scelte fatte “in amicizia”, che alla luce di questa disfatta stanno mettendo in una posizione scomoda ma anche pronosticabile i vertici della federazione.