Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica “semiseria” dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.
Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!
Nuova maglia, vecchio “D’Ago”
Al suo rientro giovedì sera, Matt D’Agostini si è presentato sul ghiaccio con una tenuta inedita, ovvero indossando la sua maglia blu numero 36 nuova di zecca! Il canadese non l’aveva infatti mai usata in questo campionato, visto che l’unica uscita in cui non aveva vestito la divisa fiammeggante era stata la prima di campionato alla Resega. D’Agostini non si è però distratto nel vedere il casco giallo sulla testa del compagno di linea Zwerger, e dopo una decina di minuti ha ritrovato la rete con uno dei suoi classici tiri! La maglia sarà anche stata nuova, ma fortunatamente “D’Ago” era quello di sempre.
Tra cechi ci si trova ad occhi chiusi
Perdonateci la battuta nel titolo, oramai trita e ritrita, ma per una volta non c’è modo migliore di descrivere l’intesa tra Kubalik e Lhotak, amici e connazionali che sul ghiaccio si sono trovati a meraviglia nell’ultimo weekend. Basti andare a rivedere le due reti messe a segno dal numero 11 contro Friborgo e Davos, simili per dinamica ed entrambe nate da due passaggi illuminanti del compagno di linea! Prima e quarta linea sono da tempo confermatissime, ma dopo le ultime prestazioni sembra che anche la seconda possa finalmente trovare una certa concretezza.
La trappola di Müller
La forma strepitosa del centro biancoblù oramai non fa quasi più notizia, tanto che leggere il suo nome sul tabellino è diventata una bella abitudine. La costanza che ha avuto nella seconda metà di campionato ha dell’impressionante, tant’è che nelle ultime 22 partite ha messo a segno la bellezza di 21 punti. Il suo contributo va però oltre le statistiche di base, e la sua indole inarrestabile gli sta permettendo di contribuire in ogni maniera possibile. Un esempio? Nel weekend ha costretto gli avversari a ricorrere ben quattro volte al fallo, guadagnando così alla squadra altrettante opportunità di giocare in powerplay.
Di nuovo in panchina
C’è chi, se si accenna ai “DS in panchina”, ancora ha i brividi pensando alla scorsa stagione, quando Ivano Zanatta aveva cercato di mettere un cerotto ad una situazione disastrosa decidendo di affiancare Hans Kossmann a bordo ghiaccio. Nell’ultima uscita è invece stato Paolo Duca a fare capolino in panchina, spalleggiando coach Luca Cereda assieme a Pauli Jaks… Questa volta la situazione era però decisamente diversa, con l’Ambrì Piotta in grande forma e con i due ex giocatori che si sono messi a disposizione per sostituire René Matte, assente per motivi personali. Dopo quell’ultimo gol segnato a Langenthal, Duca è così tornato a vivere da vicino le emozioni dell’hockey giocato, ed anche questa volta tutto è andato per il meglio.
Debutto sincronizzato
Cos’hanno in comune Benjamin Conz e Fabio Haller? Oltre a rivestire lo stesso ruolo, apparentemente nulla, ma non è proprio così. I due hanno infatti condiviso un dato statistico più unico che raro, debuttando entrambi esattamente all’età di 25 anni, 11 mesi e 25 giorni! Una combinazione praticamente impossibile, ma che in occasione della sfida di giovedì contro il Friborgo è diventata una curiosa realtà.
Come ai vecchi tempi
Lugano contro Kloten, quelle sfide a metà anni 90 che dividevano il grande Kloten da quello che fu l’ex grande Lugano di John Slettvol. Le giocate di Mikael Johansson, di Anders Eldebrink o ancora di Roman Wäger e Felix Hollenstein. Sabato sera alla Resega sembrava di assistere a una di quelle serate di più di 20 anni fa, con gli aviatori a farla da padroni sul ghiaccio dei bianconeri, a disegnare hockey e trame spettacolari, a sfruttare in maniera micidiale i power play come sapeva fare la banda che fu di Conny Evensson, Ingvar Carlsson e Alpo Suhonen. Se dal lato di classifica questo Kloten non ha nulla a che fare con lo squadrone degli anni 90, in quello di sabato sera c’erano pur sempre un Hollenstein e uno Schlagehauf a fare ammattire i bianconeri come un tempo…
Come ai vecchi tempi – Parte II
Volti scuri, occhi increduli e borbottii che si sono trasformati in vere e proprie arrabbiature sugli spalti della Resega dopo (o già durante) la sfida contro il Kloten. A un tifoso è uscito persino “non vedevo cose del genere dai tempi dei playout”. Già, il triste spettacolo offerto in pista ricordava quei molto più tristi periodi, con il Lugano costretto all’onta del torneo contro la relegazione. E dire che oggi il Lugano può lottare con mezzi infinitamente più grandi rispetto a quei tempi, che il quarto posto in classifica è ancora di buon auspicio e abbastanza comodo. Però, che se lo mettano bene in testa tutti, non si vada a rovinare tutto con certi colpi di testa e certe tristi serate. I tifosi che c’erano nei playout e che oggi controbuiscono a riempire la Resega come mai era stata prima non se lo meritano per nulla.
Il giorno della marmotta
Il 2 febbraio, nella giornata di Bienne-Lugano, si è celebrato a Punxsutawney, in Pennsylvania, il Groundhog Day, il famoso “giorno della marmotta” che andrà a determinare (per chi è disposto a crederci) la lunghezza residua dell’inverno. Se, Phil, la marmotta in questione ha delineato un inverno ancora lungo, lo ha fatto anche la sconfitta di Bienne per il Lugano, dimostrando che i bianconeri dal loro inverno faticano ad uscire definitivamente. E chissà come si è sentito Greg Ireland sabato sera contro il Kloten, magari un po’ come Bill Murray che nel film “Ricomincio da capo” (“The Groundhog day”, ma sorvoliamo sulle scialbe traduzioni cinematografiche in italiano) ogni mattina doveva rivivere lo stesso giorno della marmotta. Risparmiategli questa pena.
Leave a light on me
“Lascia una luce accesa per me”, cantava nel 1989 Belinda Carlisle, “perché questo mondo mi porta via”. Un po’ quello che il povero Elvis Merzlikins deve avere implorato ai suoi compagni quando era in completa balia degli attaccanti del Kloten. La luce i suoi compagni l’hanno spenta e chiuso persino la porta, lasciando nell’angolo al buio il loro portiere, inerme al suo destino di dover raccogliere 7 dischi in fondo al sacco in 40 minuti. Non un gran gesto di eleganza per chi chiede semplicemente di vedere uno spiraglio in un mondo che sta andando a rotoli.
Il weekend delle bestie nere
Se il 2 febbraio è andato classificato come il giorno della marmotta, l’intero fine settimana del Lugano è classificabile come quello delle sue bestie nere. Contro la squadra che gli ha soffiato il terzo posto, ossia il Bienne, i bianconeri hanno infatti incamerato solo 3 punti su 12, vincendo la prima delle 4 sfide e finendo con una differenza reti di 11-13. Anche contro il Kloten i bianconeri hanno vinto la prima contesa della stagione, perdendo le altre 3 e finendo addorittura con un pesante 6-17 sulle reti fatte e subite. Anche questo è il Lugano, capace di portare via 8 punti su 12 al Berna per poi subire in maniera pesante dal fanalino di coda. Vallo a capire.