ZUGO – Chi credeva che sarebbe bastata la “cura dei derby” al Lugano per ritornare sulla retta via, dopo la prestazione di Zugo probabilmente dovrà ricredersi. Gli uomini di Ireland sono infatti usciti a capo chino dalla Bossard Arena al termine di una partita incolore e dopo aver fatto solamente il “solletico” ad un Tobias Stephan, che non si è dovuto impegnare molto per ottenere il suo quarto shutout stagionale.
La scelta del coach bianconero di mischiare nuovamente le sue carte – Fazzini è finito in quarta linea per lasciare spazio a Walker al fianco di Hofmann e Lapierre – non ha dato i frutti sperati, ed al suono della terza sirena si poteva tranquillamente affermare di aver visto per 60 minuti un Lugano che non è mai riuscito ad entrare in partita.
Non che lo Zugo abbia fatto stravedere – i due gol sono stati frutto di un puck carambolante finito in rete su tocco di Sanguinetti, e di un autentico regalo di Merzlikins – ma i padroni di casa non hanno mai perso il controllo della sfida, nemmeno durante un terzo tempo in cui la timida reazione del Lugano non ha dato l’impressione di poter davvero concretizzarsi in una rimonta.
Eppure gli uomini di Ireland hanno avuto tutte le opportunità per raddrizzare la sfida, a partire da quel powerplay di 5 minuti che Nolan Diem ha ingenuamente “regalato” al Lugano, dopo essere intervenuto in maniera poco intelligente su Wellinger ad un metro dalla balaustra in zona neutra, provocando al bianconero la frattura del naso. L’occasione sembrava di quelle perfette, anche perché un attimo prima Holden – in pista al posto dello squalificato Stalberg – era andato ad un nulla dal 3-0 colpendo in pieno il palo, e la legge del “gol sbagliato, gol subito” era lì, pronta a concretizzarsi.
Il Lugano da quella lunga fase di superiorità ha però ricavato solamente un paio di tiri pericolosi e nulla più, finendo paradossalmente per rinvigorire lo Zugo e ritrovarsi alla seconda pausa senza alcun argomento valido per rilanciare le proprie quotazioni. Nulla è infatti successo nel terzo tempo, se non un palo pieno colpito da Reuille, e l’ennesimo powerplay sprecato a cinque minuti dal termine, quando i tentativi del Lugano hanno finito nuovamente per trasformarsi in energia positiva per Diaz e compagni.
Quello di martedì sera è però stato anche un Lugano nervoso, incapace di reagire nella giusta maniera quando è finito in svantaggio, e troppo concentrato sulle sue frustrazioni per riuscire a fare un respiro profondo e cominciare finalmente a costruire le proprie manovre con una certa logica. Senza l’ammalato Cunti e con Sannitz a mezzo servizio – ha di fatto giocato solo le situazioni speciali – coach Ireland ha cercato una scintilla nel terzo tempo invertendo lo schieramento di Walker e Brunner, ma nulla è cambiato.
Il Lugano ha così perso il secondo posto in classifica al termine di una partita in cui le occasioni da gol si sono potute contare sulle dita di una mano, ed è grave rimarcare come l’episodio più significativo in questo senso sia quel contropiede in shorthand (!) di Lapierre al termine della prima frazione.
Alla Resega c’è dunque da rimboccarsi le maniche, e forse ritrovarsi al quarto posto in graduatoria – e con il Davos a due sole lunghezze – potrebbe rivelarsi uno stimolo in più per tornare a mostrare quella convinzione che aveva permesso ai bianconeri di scalare la classifica nei primi mesi di campionato.
IL PROTAGONISTA
Garrett Roe: La sfida della Bossard Arena non è stata propriamente la più spettacolare vista tra Zugo e Lugano, ma l’attaccante statunitense ha saputo regalare alcuni numeri tipici del suo repertorio, ergendosi a protagonista facendo dimenticare l’assenza per squalifica di Stalberg.
Lo scattante centro della seconda linea non è finito sul tabellino, ma ha rappresentato una spina nel fianco per la retroguardia bianconera, che non ha mai potuto permettersi di perderlo di vista.