Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica “semiseria” dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.
Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!
L’Ambrì è l’eccezione che conferma la sua regola
Chi segna per primo, vince. È questa la regola non scritta che sembra governare le partite dell’Ambrì Piotta di Luca Cereda, tendenza verificatasi in tantissime circostanze nell’ultimo campionato e che anche nel nuovo torneo la sta facendo da padrone. Una prima eccezione stagionale si è però verificata giovedì all’Hallenstadion, dove purtroppo sono stati proprio i biancoblù a rappresentare l’eccezione di una regola che in quell’occasione volevano sicuramente vedere rispettata. Kostner con un bel gol aveva infatti sbloccato il risultato, ma a vincere per finire sono stati gli ZSC Lions… In barba alle statistiche.
Gli stranieri, quelli imprescindibili
Essere dipendenti sul fronte offensivo da pochi giocatori può essere pericoloso, ma la produttività dei giocatori d’importazione è imperativa per una squadra come l’Ambrì Piotta, che nel proprio arsenale svizzero ha tanti lavoratori ma ben pochi cecchini. Data la capacità di andare a bersaglio di Kubalik e D’Agostini, i biancoblù sono attualmente – e nettamente – la squadra trascinata in maggior misura dai propri stranieri, con quasi il 53% di reti firmate da giocatori non-svizzeri. La percentuale è superiore del 15-20% rispetto alle squadre che precedono i leventinesi in questa speciale classifica, ovvero Berna (36%), ZSC Lions (35.7), Zugo (34.6), Bienne e Rapperswil (33).
D’Agostini chiude il cerchio
Il canadese dell’Ambrì Piotta non ha più conti aperti con nessuno. Grazie al gol messo a segno giovedì all’Hallenstadion, D’Agostini può ora dire di aver segnato almeno una rete contro tutte le avversarie del campionato affrontate con la maglia biancoblù, in attesa di incrociare i bastoni per la prima volta contro il Rapperswil (squadra a cui aveva comunque dato dispiaceri quando era a Ginevra). Una bella soddisfazione per l’attaccante, anche autore contro gli ZSC Lions della rete numero 2900 messa a segno da uno straniero nella storia dell’Ambrì Piotta.
Fate gli scongiuri, inizia il secondo tempo…
C’è una tendenza che sta emergendo in questo primo scorcio di campionato per l’Ambrì Piotta, e riguarda i periodi centrali. È infatti questa la frazione di gioco in cui i biancoblù hanno subito la maggior parte delle reti incassate sinora, ovvero 15 delle 26 segnature subite nell’arco dei tempi regolamentari. Il dato corrisponde al 57%, anche se è pesantemente influenzato da quanto successo martedì nel derby e venerdì in casa contro il Berna (otto gol complessivi in quei periodi centrali). Tra il suono della prima e seconda sirena c’è dunque da stare attenti, anche se questo non significa che l’Ambrì nei secondi tempi ha fatto particolarmente male. Un esempio? Si guardi al derby, quando i biancoblù hanno vissuto degli ottimi momenti, per poi però commettere delle leggerezze che hanno visto il puck finire sistematicamente alle spalle di Conz e Manzato.
Contesti diversi, problemi diversi
In termini assoluti, l’Ambrì Piotta è statisticamente una delle squadre più fragili del campionato. Con 27 gol subiti sull’arco di otto incontri – dunque 3.38 a partita – la squadra di Cereda ha fatto meglio solamente del Davos, che in questo periodo è però tutt’altro che un termine di paragone. C’è dunque da essere preoccupati? Forse un po’, ma i numeri fanno sicuramente meno paura se si vanno a collocare nel loro contesto. I leventinesi hanno infatti incassato la grande maggioranza di questi gol (21 in quattro sfide, 5.25 di media) contro le quattro squadre che lo scorso anno sono arrivate sino in semifinale, mentre al cospetto di avversarie più abbordabili i dispiaceri per i biancoblù sono stati solamente sei (1.5 di media) sull’arco di quattro match. L’obiettivo è quello di essere solidi contro tutti, ma guardandola da questo lato il quadro appare meno nero.
Non dite che non vi avevano avvisati…
Quando Patrick Fischer era alla guida del Lugano lo scelse personalmente per dare profondità alla rosa e farlo crescere in una squadra ambiziosa. L’oggi selezionatore della Nazionale svizzera lo aveva definito un “attaccante moderno” che doveva solo essere lavorato per far sì che le sue qualità esplodessero. L’avventura di Fischer in bianconero purtroppo non andò a buon fine e nemmeno la presenza del vallesano lasciò il segno, con zero punti in 19 incontri disputati. Girato in B al Rapperswil, dopo una incoraggiante stagione nel campionato cadetto venne ingaggiato dal Langnau, di nuovo nella massima serie. In tre stagioni ai Tigers il suo bottino non è eclatante, fatto di 14 reti in totale, ma 4 di esse sono state segnate al Lugano, quasi a volersi prendere una rivincita su chi non aveva creduto in lui. E venerdì è partito già con una doppietta… Parliamo di Raphael Kuonen.
Lugano, i Buffalo Sabres e Fredrik Pettersson
Non riuscite a trovare il collegamento tra i soggetti del titolo? No, non c’è nessuna connessione di mercato, nessun trasferimento da e per la NHL, semplicemente si parla di record, positivi e negativi. Cominciando da quelli negativi citiamo allora i 10 tiri in porta messi a referto dal Lugano venerdì sera contro il Langnau e, se da una parte non vi è un archivio “diretto” per verificare se per la National League si tratta di record assoluto, allora ci affidiamo ai dati di NHL. Nel campionato nordamericano i Buffalo Sabres hanno toccato questo primato negativo (che resiste tutt’oggi, non facciamo fatica a crederlo) il 28 ottobre 2014 contro i Toronto Maple Leafs con appunto soli 10 tiri in 60 minuti di gioco. E cosa c’entra invece Fredrik Pettersson? Nulla, era solo per dire che sia in Lugano-Kloten del 13 novembre 2015 e il 7 gennaio di quest’anno in ZSC Lions-Friborgo, 10 tiri in porta in 60 minuti lo svedese li ha fatti da solo. Tutto qui.
Esordi… Da 90
Non è stata fortunata la prima partita in National League di Stefan Müller con la maglia del Lugano, sconfitto a Ginevra per 3-0 nella sera di sabato. Guardando però alla prestazione del portiere austriaco, i tifosi bianconeri possono consolarsi, la sicurezza e la pulizia in diversi interventi e la capacità di mantenere la concentrazione dopo il difficile inizio sono un segnale importante. Müller ha chiuso il suo esordio con la maglia del Lugano con l’ottimo 93,9% di parate, un numero d’esordio alquanto notevole. Quanto fecero al debutto i suoi predecessori bianconeri? Elvis Merzlikins uscì con il 94,7% dalla sfida contro il Losanna il 28 settembre 2013 (anche per lui esordio assoluto nel massimo campionato) Daniel Manzato registrò addirittura uno shutout al debutto in bianconero il 13 settembre 2012 contro lo Zugo, infine Benjamin Conz difese un buon 91% contro gli ZSC Lions il 9 settembre 2011.
L’importanza del primo disco
Non scopriamo oggi quanto sia importante vincere gli ingaggi di zona, soprattutto nei terzi offensivi (o difensivi, a differenza di come li si guardi), squadre come il Berna ci hanno costruito dei successi, prendendo per primi in mano il disco per controllare le azioni e gestirlo nel terzo avversario. Settimana scorsa abbiamo parlato di come il Lugano fosse in difficoltà in questo esercizio e, seppur ci sia stato un leggerissimo miglioramento, l’efficacia dei centri bianconeri rimane molto bassa, passati dal 43% al 46% di riuscita. Inutile ribadire come poi questo porti a difficoltà anche nelle situazioni speciali, con un powerplay ai minimi termini per la truppa di Ireland con solo il 9,09% di efficacia con l’uomo in più sul ghiaccio! Non va molto meglio in boxplay, lasciando la prima iniziativa all’avversario, il dato di “impermeabilità” del box bianconero si attesta infatti al 78,5%, davanti solo a Friborgo, Davos e Losanna.
Il cielo d’Irlanda
Nello sport di squadra si impara a seguire dall’esterno le gesta sul ghiaccio (o sui campi erbosi, fate voi) dei giocatori, si impara a vederne il collettivo, i movimenti, le gestualità, il linguaggio del corpo insomma. Spesso questi segnali sono visibili anche quando le cose sembrano andare per il meglio, basta fare attenzione a scorgerli. Un po’ come d’estate quando si osserva il cielo sdraiati sulla spiaggia, quella che sembra un’innocua nuvoletta in un cielo limpido si trasforma repentinamente in un temporale appena si distoglie lo sguardo per il troppo sole. Dei segnali che il Lugano stesse per attraversare un periodo duro sul piano dei risultati e della forza del collettivo li si potevano intravvedere tra qualche nuvoletta già contro il Losanna, con una vittoria sugli stessi vodesi e un derby da falò sulla spiaggia che sembravano poter scacciare i primi refoli temporaleschi. Purtroppo i bianconeri hanno sottovalutato quel cielo ancora estivo sopra il Ceresio e si sono trovati senza riparo nel temporale arrivato dalle valli dell’Emmental e che li ha seguiti fino a Ginevra. Mai uscire senza ombrello, Greg Ireland con il cognome che porta dovrebbe saperlo.