Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica “semiseria” dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.
Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!
SCUSI, CHI HA FATTO PALO?
Il Langnau nella partita di martedì ha tentato il tutto per tutto, togliendo il portiere nell’ultimo minuto nella speranza di battere l’Ambrì Piotta nei tempi regolamentari, per poi rimettere tutto in discussione sabato alla Valascia. Il piano dell’oramai ex coach Benoit Laporte non ha decisamente funzionato, ma ha portato Adam Hall a rendersi protagonista di un errore fantozziano. Con la gabbia sguarnita, infatti, l’americano ha centrato in pieno il palo, facendo per un attimo sudare freddo i tifosi biancoblù, che già temevano la beffa di una rete bernese sulla ripartenza. Fortunatamente Gautschi ha insaccato dopo un attimo il puck della salvezza, ma a rimanere impresso nella mente resta l’errore del numero 14… Come direbbe il noto ragioniere, “Scusi, chi ha fatto palo?”.
CHI FA DA SÉ, FA PER TRE
Si parla parecchio del mercato dei difensori, ma ad Ambrì si ha un grande valore che spesso rischia di passare addirittura inosservato. Dopo il ritorno di Michael Fora, che alla sua prima stagione in NLA ha dato delle ottime indicazioni, nella sfida di sabato sera è tornato in formazione Christian Pinana, il quale ha ottenuto il primo punto in NLA e che può e deve rappresentare una delle pedine della futura retroguardia biancoblù. Con l’arrivo di Jelovac, Ngoy e la conferma di Trunz è difficile immaginare quanto il giovane Pinana troverà spazio, ma certo è che i biancoblù hanno l’opportunità di ritrovarsi mezza difesa fatta in casa… Aggiungendoci un ipotetico ritorno di Moor tra un anno, con Fora e Pinana sembra proprio che “chi fa da sé, fa per tre!”.
PORTE APERTE ALLA VALASCIA…
Il livello della partita di sabato tra Ambrì Piotta e Langnau non sarà stato dei più eccelsi, ma con il risultato che è arrivato sino sul 9-4, perlomeno si può proprio affermare di essersi divertiti. Gli unici tre a non avere apprezzato la piega che ha preso l’incontro saranno però stati i portieri, autori di prove personali assolutamente da dimenticare. Povero il giovane Punnenovs, bucato per cinque volte nel primo tempo e lasciato poi in panchina da Laporte con una surreale percentuale di parate del 50%… Non è poi andata meglio al suo sostituto, Damiano Ciaccio, che ha chiuso il match con un approssimativo 80%. E sull’altro fronte? Beh, Tim Wolf ha evidenziato più di un’incertezza, ed anche lui con l’85% di salvataggi non ha certo brillato… Si salvi chi può!
… PORTE CHIUSE NEGLI SPOGLIATOI
L’unico ad aver davvero abbassato la saracinesca nella serata di sabato era stato il team manager del Langnau, Jörg Reber, il quale ha chiuso fuori dallo spogliatoio tutto il suo staff tecnico, ed ha poi “alzato di peso” la squadra dopo la figuraccia rimediata alla Valascia. Una volta uscito, ha fatto buon viso a cattiva sorte affermando che Laporte non sarebbe stato licenziato. 36 ore dopo il buon Benoit aveva l’ennesima valigia in mano.
GLI OCCHI DELLA TIGRE, OTTO ANNI DOPO
Vedere l’Ambrì segnare nove gol è un avvenimento che sconfina quasi nel mondo della fantascienza e, dopo la serata di sabato, sono in molti ad essere andati a curiosare tra le statistiche per scoprire quando una simile goleada si era verificata per l’ultima volta. La risposta al quesito è il 26 gennaio 2008, in una partita che finì 9-6 proprio nei confronti del Langnau. Insomma, a distanza di 492 partite, l’Ambrì è tornato ad avere… gli occhi della tigre!
RIUSCIRE DOVE TUTTI HANNO FALLITO
Doug Shedden è riuscito finalmente a sfatare il tabù dei quarti finale, qualificando il Lugano per il turno successivo. Una cosa che prima di lui era riuscita solo all’accoppiata formata da Ivano Zanatta e Harold Kreis (guarda caso) che avevano rilevato Larry Huras nel 2006, anno dell’ultimo titolo svizzero. In mezzo tantissimi tentativi, alcuni buoni e di belle speranze, altri decisamente scarsi, alcuni persino improbabili: da Zanatta fino a Shedden passando da Ruhnke, Slettvoll, Virta, Johansson, Bozon, Ireland, Smith, Huras e Fischer, senza contare i brevi interinati dei vari McNamara e Fontana. Ma alla fine ci è riuscito un altro coach arrivato in corsa e lo ha fatto nella maniera più clamorosa possibile e senza tanti giri di parole, con un 4 a 0 che parla chiaro sull’enorme lavoro svolto in pochi mesi. Shedden non solo è il primo allenatore dopo 10 anni a portare il Lugano in semifinale, ma detiene un altro record particolare: è stato l’unico coach a riuscire a vincere una partita di playoff alla Bossard Arena alla guida dello Zugo. Vero che Kreis è l’unico suo successore, ma in due anni ha vinto solo due match di playoff, entrambi lontano da Zugo.
PIÙ SACRIFICIO DI COSÌ…
Che Maxim Lapierre fosse uno che non ha paura di farsi male lo si è capito subito, d’altra parte la sua fama se l’è costruita soprattutto nei playoff di NHL, di cui è vero specialista. Un’azione in particolare vista in questi quarti di finale è l’esempio perfetto delle capacità del canadese: in gara 3 alla Bossard Arena provoca Grossmann per tutto il secondo tempo, il difensore dello Zugo cade nel tranello e risponde con un fallo tanto stupido quanto pericoloso, con un open ice a gamba aperta. Lapierre subisce anche un paio di cross check quando è sul ghiaccio, ma non fa una piega (ride…) si rialza senza bastone, fa cenno a Pettersson di sparargli uno slap sul petto (o lucida follia o coraggio da vendere) e quando il disco lo colpisce lo serve immediatamente a Furrer col pattino. Risultato? Gol del 4 a 1 al 39’38” e partita chiusa. Un animale.
DI ARTISTI, GAZZELLE E BANG-BANG
Niente come il Lugano visto all’opera nei quarti contro lo Zugo ha dimostrato quanto deve essere completa una squadra per fare strada nei playoff. Doug Shedden ha bene chiaro questo concetto e ha costruito una gruppo secondo il suo credo, ogni blocco diverso dall’altro, con un unico denominatore comune, il lavoro. Gli svedesi sono stati definiti dal coach canadese gli “artisti”, Brunner, Hofmann e Bertaggia le “gazzelle”, i quintali di Sannitz, Lapierre e Walker costituiscono la linea “bang-bang”, senza dimenticare i ragazzi del quarto blocco, pronti a sacrificarsi per far rifiatare i compagni. E fa strano, ma anche piacere, vedere che lo Zugo è stato eliminato in 4 partite con 3 sole reti degli artisti (oltre ai rigori di gara 1) a conferma che anche le gazzelle e i ragazzi bang-bang hanno dato il loro enorme e decisivo contributo.
SPETTACOLO VIETATO AI MINORI
Già la regular season di Raffaele Sannitz è stata da ricordare, con il record di reti segnate per l’attaccante fresco di rinnovo, ma anche nei playoff ha subito dimostrato che quei 10 gol non erano frutto del caso. Oltre al grande lavoro fatto in linea con i compagni di botte Lapierre e Walker, Sannitz si è reso protagonista di una rete da antologia in gara 3 allo Zugo: dopo aver soffiato il disco sulla blu difensiva a Martschini – mica proprio nessuno – ha battuto in velocità il micidiale attaccante di casa, resistendo in maniera decisa al suo tentativo di recupero prima di battere Stephan per il 5 a 1, una gran rete per Sannitz, una magra figura per Martschini. Eh, sì, i playoff sono uno spettacolo, a volte vietato per i piccoli fiorettisti da regular season.
QUALCUNO DICE CRUDELTÀ, ALTRI DICONO KARMA
Quando Pierre-Marc Bouchard al 56’51” di Gara 4 alla Resega ha infilato il pareggio, tutta la pista – tranne lo sparuto gruppo di tifosi ospiti – è caduta in una silenziosa delusione. Però Shedden lo aveva detto, alla Bossard Arena non voleva tornarci una terza volta, e sono bastati solo 21” a Brunner per ricordarsene. Bombardato di fischi e tanto altro durante tutta la serie, l’ex attaccante dei tori ha preparato la più crudele delle risposte, spedendo in rete quel delizioso disco appoggiatogli da Martensson, mandando in paradiso i suoi compagni e la Resega intera. Un pugno nello stomaco per i suoi ex tifosi, affossati dall’ultima persona che avrebbero voluto voluto vedere esultare in quel momento. Una dolce vendetta per chi un gol del genere lo sogna e ora lo può ricordare a lungo.