
(Photobrusca & Luckyvideo)
Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.
Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!

1. La redenzione

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Calle Dahlström e David Aebischer. Questi due giocatori alla fine della scorsa stagione erano finiti sul banco pubblico degli imputati come tra le peggiori delusioni in bianconero. Lo svedese addirittura veniva dato come uno dei primi a subire la legge della rivoluzione di Steinmann e a fare le valigie, mentre l’ex Rapperswil era finito in un anonimato tale da non capire quale ruolo assegnargli nel reparto arretrato del Lugano.
Oggi invece i due formano la coppia di difesa – numeri alla mano – più affidabile della squadra, Dahlström ha ritrovato le sue qualità grazie a uno staff che lo conosce bene e che ne sa sfruttare le caratteristiche, mentre su Aebischer è stato ritagliato un ruolo di difensore “all rounder” più equilibrato, affidabile in retrovia (31 tiri bloccati) e comunque capace di pungere in attacco come dimostrato dagli 8 punti in campionato e il +8 personale, che va a sommarsi al +7 del collega svedese, autore fin qui di 1 gol, 4 assist e 22 tiri bloccati.
2. Non te la cavi così

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Quando l’arbitro Roland Gerber ha sancito il rigore alla Postfinance Arena per l’infrazione in area di porta commessa da Louis Füllemann, tutti avevano già capito che sul ghiaccio ci sarebbe finito ovviamente Luca Fazzini a tirare il rigore.
Lo specialista bianconero, tra i più affidabili in questo esercizio ormai da diversi anni in National League, vede però il suo tentativo andare sul palo. Con un sorriso amaro rientra verso la panchina, ma Mitell lo rispedisce sul ghiaccio per la ripresa del gioco assieme alla sua linea.
Ingaggio vinto da Sanford e disco al numero 17 che con un polsino malefico nel traffico stavolta Reideborn lo batte sul serio, soli tre secondi di gioco più tardi. In qualche maniera non poteva lasciar correre la cosa, è questione di principio.
3. C’è spazio per tutti

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L’equilibrio tra i tempi di gioco dei vari giocatori di una rosa è fondamentale per poter reggere e comandare il ritmo durante una partita e per poter reggere fisicamente sul lungo periodo. In questo momento il Lugano è la squadra che meglio applica questo metodo assieme al Davos in tutta la National League, e questo lo si può notare già dalle ultime sfide giocate dai bianconeri.
La squadra di Mitell è infatti l’unica del torneo a non avere giocatori che superano i venti minuti di gioco a partita (Mirco Müller è il più utilizzato in assoluto con 19’33 di ghiaccio a incontro, tra gli attaccanti Sanford si distingue con 18’32) in una lega comandata dai biancoblù Virtanen e Heed con oltre 24’ a partita.
Inoltre si è assottigliata la differenza tra le prime linee e la quarta, con una media di 10’40 per i vari Morini, Marco Zanetti e Aleksi Peltonen – senza dimenticare Tanner a 9’40 – per un divario di soli 9 minuti verso i giocatori più utilizzati, quando solo la scorsa stagione questa differenza superava anche i 12’.
4. Le piccole grandi cose

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Il compito di un leader è quello di guidare con il suo esempio un gruppo, di correggere e di motivare i propri compagni, così come quello di prendere a volte delle decisioni a scapito personale ma che vanno a favore degli altri.
Calvin Thürkauf ha perfettamente dato esempio di questo nella trasferta di Berna, quando nel finale a pochi secondi dalla terza sirena, invece di insaccare facilmente il disco nella porta vuota, lo ha passato a Simion che ha infilato il 4-1 definitivo.
Agli occhi di molti potrebbe essere stato un gesto normalissimo e di poco peso, ma in una squadra un esempio del genere che arriva dal proprio capitano ha un grande valore agli occhi dei compagni, anche perché fatto verso un giocatore come Simion che non è nemmeno lui un ragazzino ma un altro di quegli uomini che nello spogliatoio possono avere una grande influenza sugli altri. Molto più di un dettaglio.
5. Cambio di prospettiva

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Le due reti in due partite di Brendan Perlini fanno notizia soprattutto perché l’attaccante numero 96 ha dovuto attendere ben sedici partite prima di poter gioire in questo campionato. In realtà quelle due reti non sembrano casuali per il contesto e la posizione in cui si è trovato lo stesso Perlini al momento del tiro.
Fino a quei momenti il 29enne aveva litigato con le porte avversarie cercando la soluzione personale in maniera ossessiva, tentando il tiro da posizioni poco probabili o trovandosi nel posto sbagliato secondo i movimenti della sua linea.
Da quando è schierato con Sekac, Perlini si muove in maniera più allargata, il ceco attira a sé i difensori e il numero 96 ha più tempo per leggere le giocate e inserirsi negli spazi giusti, attenendo un disco che arriverà nel posto giusto per essere infilato in rete. Senza ossessioni, senza tentativi assurdi, solamente grazie all’istinto e al tiro giusto.


