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Lugano

5 spunti da Lugano: follia o attributi, corsie e bersagli, Frontaliers, parole del momento

(Berend Stettler)

Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.

Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!


1. Follia o attributi?

(Photobrusca & Luckyvideo)

Appena arrivato a Lugano, da Uwe Krupp ci si aspettavano scelte “facili” per il suo primo line up, specialmente per quanto riguarda il portiere e in una situazione di classifica precaria, e tutti si attendevano di vedere schierato Niklas Schlegel per il debutto in panchina del tedesco.

Invece il 59enne ha optato a sorpresa per schierare Adam Huska quale titolare (approfittando pure delle assenze di Sekac e Joly), scelta rivelatasi vincente contro il Davos e l’indomani di certo non alla base della sconfitta di Zurigo. In questi casi la verità sta nel mezzo, per una scelta del genere ci vuole coraggio, sapendo che lo slovacco non giocava da mesi e nell’ultima sua uscita era stato un mezzo disastro, ma ci vuole anche razionalità.

Krupp ha fatto ripartire tutti da zero, sa che il tempo è poco e che ci vorrà l’aiuto di tutti, quindi per prima cosa Huska deve diventare una risorsa affidabile e va recuperato sia sul piano del ritmo che psicologico. Non va dimenticato che Niklas Schlegel è reduce da un infortunio fastidioso nello scorso autunno, e va preservato al meglio possibile, recuperando quindi una pedina che scarsa non è ma che ha subito in pieno le difficoltà degli scorsi mesi.

2. Corsie preferenziali

Che in una settimana di allenamenti e due partite Uwe Krupp possa aver dato al Lugano una completa e nuova identità è alquanto improbabile, non per limiti del coach ovviamente ma per fattori “naturali” e di tempo. Però qualcosa di importante si è già notato nelle due partite giocate dal Lugano nel weekend, ossia la maggior propensione ad attaccare per vie verticali e di andare dritti sulla porta lottando nello slot basso, imboccando quindi quella che nell’hockey viene definita la “Royal Road”.

Teoricamente la strada in questione è una linea immaginaria che attraversa verticalmente i terzi offensivi andando dalla metà della linea blu alla porta, e quando i dischi nel corso dell’azione passano da un lato all’altro della linea hanno più probabilità di finire per battere il portiere avversario.

Contro il Davos il Lugano ha giocato il 73% dei dischi in zona offensiva lungo o attorno a questa linea, facendo partire il 34% dei tiri verso Aeschlimann e Hollenstein dallo slot basso, e almeno tre reti sono state costruite in quella maniera. Ancora meglio – paradossalmente – la squadra bianconera ha lavorato alla Swiss Life Arena, con un 71% di azioni offensive costruite sulla Royal Road ma con ben il 54% dei tiri arrivati in porta partiti dallo slot basso.

A Zurigo questo non ha portato al successo, ma insistere su uno stile del genere alza di molto le probabilità di arrivare al gol in maniera più regolare rispetto a quando il Lugano passava dalle stradine laterali.

3. I bersagli del Fazz

(Berend Stettler)

Con il gol segnato al Davos venerdì sera, Luca Fazzini ha trovato la 18esima rete stagionale (miglior scorer svizzero del campionato) la 175esima in totale con la maglia del Lugano. Tra gli attaccanti bianconeri di sempre, il numero 17 si è portato in quarta posizione per reti segnate tra regular season e playoff superando Fredy Lüthi, diventando il terzo svizzero di sempre dietro all’imprendibile Jörg Eberle e a Andy Ton, che ora dista solo 20 reti.

Per quello che riguarda il campionato svizzero il “Fazz” si trova in 87esima posizione sempre per i gol segnati, 60esimo tra gli svizzeri ma addirittura decimo tra i rossocrociati ancora in attività, guarda caso davanti di un solo gol all’ex e ora anche futuro compagno di squadra Dario Simion.

4. Frontaliers

(Photobrusca & Luckyvideo)

Uwe Krupp è solo il secondo allenatore tedesco a sedersi sulla panchina bianconera dopo Harold Kreis, che comunque condivideva l’incarico assieme a Ivano Zanatta nei playoff della stagione del titolo 2005/06. Se togliamo proprio Kreis dalla lista head coach per quel breve periodo in cui non c’era un ruolo ben definito, Krupp rappresenta quindi una primizia nella lista delle nazionalità degli allenatori capo bianconeri.

A fronte di 13 svizzeri (di cui solo due però tra il 1975 e il 2013, anno di Patrick Fischer, senza contare gli interinati di poche partite) la lista dei passaporti sulla panchina del Lugano guadagna quindi una bandiera, dopo aver visto 16 canadesi, 3 svedesi, 3 finlandesi, 2 cecoslovacchi (all’epoca) e 1 a testa tra italiani, russi, statunitensi e francesi.

E ci fu persino un cinese, quel Larry Kwong primo giocatore di passaporto del paese asiatico a giocare in NHL, arrivato ad allenare il Lugano con la doppia nazionalità canadese tra il 1959 e il 1961 dopo l’esperienza in Nord America e che prima di giungere sul Ceresio fece da allenatore-giocatore anche dell’Ambrì Piotta, per poi terminare la carriera a Losanna.

5. Le parole del momento

A Lugano certe frasi le hanno sentite parecchie volte, ma non è un caso che quando si salta in sella a una panchina a campionato in corso è perché la squadra ha bisogno di una scossa e il primo compito del nuovo coach è quello di normalizzare le cose.

“Questa squadra deve ritrovare la gioia di andare sul ghiaccio”, disse Doug Shedden quando prese il posto di Patrick Fischer. “I giocatori devono ritrovare il sorriso”, le parole di Greg Ireland quando sostituì proprio Shedden.

“Ora i giocatori devono ritrovare prima di tutto la serenità”, disse Luca Gianinazzi dopo aver preso il timone da Chris McSorley. “La squadra deve trovare la normalità nel lavoro di tutti i giorni”, ha detto Uwe Krupp in queste prime giornate da coach bianconero.

Le cose non cambiano nello sport, capiterà sempre che qualcuno macchi la tovaglia, e arriverà qualcun altro a spazzare la tavola, sperando che resti pulita il più a lungo possibile.

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