Dopo ogni weekend di campionato HSHS vi proporrà una rubrica “semiseria” dedicata agli ultimi impegni di Ambrì Piotta e Lugano, da cui abbiamo tratto una serie di spunti che vi lasciamo di seguito.
Verranno selezionati cinque episodi o fatti interessanti che hanno caratterizzato i match delle squadre ticinesi, a volte con l’obiettivo di analizzare quando successo sul ghiaccio, altri semplicemente per strapparvi un sorriso!
Più vicini e più efficaci
Nell’ultimo weekend di regular season i biancoblù hanno fatto alcuni passi avanti in zona offensiva segnando sette reti sull’arco di due partite, ovvero lo stesso numero di gol ottenuti nelle precedenti cinque uscite. Da giocatori e staff era passato chiaro il messaggio di voler andare con più decisione nello slot, così da ottenere quei gol sporchi che in questo periodo dell’anno fanno la differenza, ed effettivamente dei passi avanti in questo senso si sono visti.
L’Ambrì resta tra le squadre ad aver ottenuto in media le sue reti dalla distanza maggiore (7.53 metri) ed è in assoluto quella che tira da più lontano (13.51), ma nelle ultime partite i dati hanno visto un leggero smussamento verso il basso, e le reti sono arrivate in media da 6.9 metri di distanza. Quasi la metà dei 59 tiri complessivi sono stati effettuati dallo slot, una tendenza che sarà importante accentuare con l’inizio dei playout.
Somme di fine regular season
Con 50 partite mandate agli archivi è naturale confrontare quanto è stato con le precedenti stagioni, e nel caso dell’Ambrì l’esercizio è sì interessante guardando all’eccezionale passato campionato, ma anche e soprattutto relazionando i numeri con il torneo 2017/18, quando l’impatto della “variabile impazzita” Dominik Kubalik è stato più limitato.
I biancoblù hanno conquistato sei punti in più rispetto al 2017/18, ma 16 in meno di un anno fa. Questo è stato il campionato in cui si è segnato di meno con 120 gol (138 un anno fa, 136 la stagione precedente), ma l’attuale -16 complessivo è un chiaro passo avanti rispetto al -32 del 2018. Questa è stata infatti la miglior stagione a livello difensivo, con 136 reti incassate rispetto alle 140 dello scorso anno e alle 168 di quello precedente.
In questa stagione si è fatta registrare la percentuale al tiro più bassa (7.45%), ma la percentuale di parate più alta (91.73%) ed il minor numero di pali colpiti (21, contro i 24 dell’ultimo anno e addirittura i 41 del 2017/18). Il powerplay si è confermato di ottimo livello (21.59%, migliorando il 20.73% dell’anno scorso), mentre il boxplay è stato il migliore in assoluto (85.79%).
Resta stabile – e dunque una debolezza – l’efficacia ai faceoff con il 48.45%, mentre in termini di penalità minori il dato è praticamente uguale a quello di un anno fa (228). La stagione 2017/18 rimane inoltre quella in cui l’Ambrì ha tirato di più, ben 1’669 volte, mentre sostanzialmente identico il dato degli ultimi due anni (1’490 e 1’499). Uguali invece i tiri incassati (1’487, uno in meno di un anno fa).
Freddezza e coerenza
Nella serata di venerdì Benjamin Conz ha abbassato la saracinesca, ottenendo il suo secondo shutout stagionale fermando tutti i venti tiri scagliati verso di lui dal Davos.
Questo non ha però fatto cambiare idea a coach Luca Cereda, che è stato fedele ai suoi principi ed ha mandato in pista nel derby Daniel Manzato, scelta che dalle valutazioni dello staff dava sulla carta alla squadra la miglior possibilità di successo.
In questo senso la filosofia è stata portata avanti con successo per tutta la stagione, questo nonostante Benjamin Conz abbia mancato per infortunio un numero importante di partite ad inizio torneo. Sia lui che Manzato hanno infatti visto gestito con cura il carico di lavoro ed entrambi hanno giocato solamente in due occasioni dei back-to-back, dato questo decisamente significativo.
In cima alla speciale classifica c’è il bernese Tomi Karhunen, schierato per 11 volte in back-to-back, seguito da Nyffeler (10), Berra e Hiller (9).
Usa la forza, Luke!
Il triste weekend a porte chiuse non ha impedito ai tifosi dell’Ambrì Piotta di dare il loro sostegno alla squadra, che ha potuto contare sull’apporto dei fans nei limiti di quanto possibile visto il particolare contesto in cui si è giocato.
La natura aperta della Valascia ha permesso ad una cinquantina di irriducibili di far sentire i propri cori dalla grata che delimita l’accesso agli spalti, ed il collegamento con la squadra è stato tanto forte da concludere la partita con un geyser sound “a distanza”.
Ancora più importante è stato il sostegno nella giornata del derby, con l’energia portata dai tanti tifosi a Castione alla partenza della squadra che è poi stata utilizzata per piegare il Lugano alla Corner Arena.
“È stato il momento più emozionante di sabato. Nella fase più complicata del derby ci siamo ricordati di loro e siamo riusciti a trovare le necessarie energie per fare un ottimo terzo tempo”, ha infatti affermato Cereda.
Insomma, l’Ambrì ha potuto contare su una risorsa unica anche nel finale di regular season, quando una “forza” esterna è andata a sostegno dei ragazzi di Luke… Ehm, Luca Cereda.
Un’esperienza unica…
…ma che nessuno vuole ripetere. Stiamo naturalmente parlando delle partite a porte chiuse, che nel weekend hanno dipinto un quadro desolato per un finale di regular season che aveva diverse sfaccettature esaltanti, ma che gli appassionati sono stati costretti a guardare da lontano.
Per gli addetti ai lavori che hanno potuto accedere alle pista c’era comunque una certa curiosità, e per certi versi è stato pure interessante vivere delle partite in un contesto completamente surreale, ma una volta fatte le foto di rito ed aver assimilato l’atmosfera unica, è subito prevalso il desiderio di tornare alla normalità.
Certo, sentire i suoni “puri” di una partita di hockey come pattinate, tiri e bastonate, il chiacchierio dei giocatori e le urla dei coach è stato particolare, ma quando sono arrivate le reti è anche stata netta la sensazione di vuoto. In fondo, che gioia è quella del gol se non può essere condivisa?