AMBRÌ – Alla transenna a Pechino sabato sera, ancora alla guida dello Zagabria martedì per la sua ultima partita in KHL e di corsa alla Valascia mercoledì per il primo allenamento con l’Ambrì Piotta.
Li ha passati così gli ultimi pazzi giorni il 39enne canadese Gordie Dwyer, arrivato alla Valascia per cercare di dare la svolta ad una situazione che stava vedendo i biancoblù incapaci di uscire da un pericoloso vortice di negatività.
Presentato alla stampa dopo l’allenamento mattutino, Dwyer ha posto l’accento proprio su questo, ovvero sul fatto che con il suo arrivo “la squadra avrà l’opportunità di ricominciare e dimostrare ciò che vale veramente. Il grande Scotty Bowman ha sempre affermato che ‘tutto ciò che conta è l’attitudine’, e questo è vero sia nell’hockey che nella vita, anche perchè l’attitudine è qualcosa che puoi sempre controllare. Sono molto eccitato di essere qui e ringrazio l’Ambrì Piotta per aver riposto fiducia in me in questo periodo difficile”.
Gordie Dwyer, arrivi ad Ambrì in un momento molto delicato…
“Accettare un posto del genere è visto da alcuni come un rischio, ma io la ritengo una grande opportunità. Sappiamo che questa squadra può giocare meglio e, con il poco tempo a disposizione, ci concentreremo su quei precisi aspetti che possono permetterci di avere risultati migliori… Il vero cambiamento è tutto nelle mani dei giocatori, starà a loro reagire. A livello professionale ho capito sin dalle conversazioni al telefono di arrivare in un ottimo club, con tanta storia alle spalle. Quando una società del genere ti chiama, parti e dai il meglio di te stesso”.
Quanto conosci dell’hockey svizzero?
“Tutto è logicamente un po’ nuovo per me, anche se il mondo dell’hockey sta diventando sempre più piccolo. Recentemente ho avuto l’opportunità di lavorare con il Team Canada, aiutando l’organizzazione ad assemblare la squadra per la Deutschland Cup e in quel frangente abbiamo osservato da vicino le varie leghe europee… La stessa cosa è poi successo prima della Coppa Spengler, dunque mi sono fatto un’idea migliore dei vari campioanti. La NLA è diventata una destinazione ambita per giocatori e allenatori, so che non è certo evidente poterne fare parte”.
A Zagabria avevi in rosa giocatori che in Svizzera hanno giocato a lungo, come Alexandre Giroux oppure Goran Bezina…
“Sì, nel Medvescak c’erano tanti ragazzi con dei legami con la NLA, penso ad esempio anche al nuovo arrivo a Ginevra, Francis Paré, oppure a Colby Genoway. Giroux ha avuto solamente cose positive da dire sull’Ambrì, mentre nel caso di Genoway tutti sanno la sua storia in questa lega, ed infatti era uno dei nostri leader a Zagabria”.
Arrivi a campionato inoltrato, ci sono dunque a disposizione tanti dati statistici rappresentativi… Ne trarrai vantaggio?
“Sicuramente li considero un mezzo molto utile, anche se il metodo che uso principalmente sono i video. Sono un coach moderno e lavoro molto in questo modo, anche se naturalmente non mi baso solo sulla teoria. Credo nelle capacità delle persone e nel creare giusti collegamenti tra i giocatori. Nella nostra situazione attuale vogliamo cambiare alcune cose nelle aree che ci permetteranno di avere performance migliori e le statistiche saranno parte di questo processo. Mi tufferò immediatamente anche nel mondo dell’analisi statistica dell’Ambrì”.
A soli 39 anni sei da considerare un allenatore molto givoane, come è nata questa vocazione?
“Mi sono ritirato quando avevo solo 30 anni, dopo aver giocato in NHL, in Europa e in tanti altri posti. Durante la mia carriera da giocatore ho imparato molto dai miei coach, avendo avuto l’opportunità di lavorare con personalità importanti come Alain Vigneault, ora allenatore dei New York Rangers, oppure Claude Julien dei Boston Bruins. Ho avuto tanti eccellenti allenatori nella mia carriera che mi hanno ispirato… Ho sempre apprezzato la loro posizione di leadership e subito dopo il mio ritiro ho voluto entrare in questo mondo”.
Parlando della tua carriera, hai giocato con due giocatori che hanno fatto la storia recente dell’Ambrì, Erik Westrum e Jean-Guy Trudel..
“È vero. Purtroppo non ho avuto l’opportunità di parlare con loro in questi giorni, visto che tutto è successo molto velocemente. Ho però grandissimo rispetto per entrambi, con Erik ho giocato in AHL mentre Jean Guy era mio compagno di squadra quando io avevo 16 anni… Erano due ragazzi destinati a delle grandi carriere e non mi sorprende sapere che abbiano lasciato il segno qui ad Ambrì”.
È evidente lo spirito che avevi da giocatore… Lo porti anche nel tuo modo di allenare?
“Quando scendevo sul ghiaccio avevo la mentalità di voler dare tutto per aiutare squadra e i miei compagni… Volevo essere un leader e dare una mano in tutti i modi, usando anche aggressività e combattività. Sono una persona che ama la competizione ed anche per questo motivo ho intrapreso la carriera da coach. Apprezzo i giocatori che sanno dare tutto, ma ho anche tanta ammirazione per il puro talento… In una squadra ci vogliono entrambe le componenti per avere successo”.
Il tuo nome è diventato celebre per quella famosa squalifica di 23 partite, tra le più lunghe della storia NHL… Che rapporto hai con quel ricordo?
“È stata un’esperienza di vita, sicuramente. Ai tempi ero un giocatore giovane e la NHL si trovava in un periodo in cui c’era la volontà di inasprire le sanzioni. Il mio non fu un gesto violento oppure gratuito, ma una conseguenza di quanto avvenuto sul ghiaccio e della mia volontà di aiutare un compagno. Ho ovviamente imparato da quell’episodio e fa parte di chi sono e della mia carriera… Ho però voltato pagina e come allenatore guardo sempre avanti”.
L’Ambrì guardando avanti ha invece un problema principale da risolvere, ovvero le difficoltà di trovare la rete…
“Questo è sicuramente uno degli aspetti su cui vogliamo lavorare, concentrandoci specialmente sull’avere maggiormente il possesso del disco e la nostra abilità di concretizzare le occasioni. Siamo coscenti di questa lacuna… I giocatori non si possono cambiare, dunque bisogna agire sul sistema di gioco e sulla loro fiducia”.
Fiducia che sarà necessaria per affrontare al meglio il derby di sabato…
“Ho capito subito la caratura dell’evento, la gente me ne parla da quando sono arrivato… Anche su Twitter i fans mi hanno mandato foto e video di partite contro il Lugano. È un po’ come quando ho debuttato con i Canadiens giocando contro i Maple Leafs, in diretta TV su ‘Hockey Night in Canada’. Queste rivalità sono bellissime ed è bello poterle vivere!”.