Nella giornata di mercoledì la SIHF ha comunicato ufficialmente la decisione di passare all’overtime a 3-contro-3 a partire dalla stagione 2016/17, dividendo così l’opinione di addetti ai lavori, giornalisti ed appassionati.
La formula, già in vigore dall’attuale campionato in NHL, presenta infatti aspetti positivi ed altri negativi, a dipendenza anche dei punti di vista dai quali si analizza la questione. La redazione di HSHS non fa differenza, con Alessandro Zacchetti convinto che si tratti di una buona scelta, mentre Andrea Branca schierato per la scuola di pensiero opposta.
Di seguito le argomentazioni di entrambi. Voi da che parte state? Esprimete la vostra opinione nei commenti e partecipate al sondaggio!
Sì al 3 contro 3, per lo spettacolo e perché le sfide si decidano giocando
La riduzione a 3-contro-3 nell’overtime dalla prossima stagione di National League è un bene per gli amanti dell’hockey. Soprattutto per chi ama l’hockey fatto di intensità, ritmo e ribaltamenti di fronte. Un overtime giocato con così pochi uomini in un grande spazio come le piste europee esalterebbe i playmaker, i grandi pattinatori e i giocatori più dotati sotto il profilo tecnico, creando situazioni di gioco tatticamente ingestibili ma incredibilmente spettacolari sotto il profilo delle emozioni.
Pensiamo per esempio a un overtime giocato da gente come Matthews, Klasen, Brunner, Bouchard, Martschini, Conacher e altri ancora, lo spettacolo sarebbe da leccarsi i baffi con così tanta libertà. E poi diciamocelo, la volontà è quella di riuscire prima o poi ad eliminare i rigori, e non per nulla si è cominciato a farlo in Nord America, dove la priorità è definire il vincitore giocando fino in fondo, quasi allo sfinimento.
E lo scopo dell’overtime a numero ridotto è proprio questo, indurre una delle due compagini all’errore, per scongiurare sempre di più un finale deciso dai duelli tra rigoristi e portieri, spesso decisi dal caso e dalla buona o cattiva sorte individuale.
Tatticamente opinabile, certo, ma un overtime del genere unisce lo spettacolo per il pubblico e la quasi certezza che prima o poi lo spazio a disposizione permetta a una delle due squadre di decidere il match giocando, e sarà interessantissimo vedere come i coach gestiranno gli schieramenti.
Tutti i cambiamenti portano a discussioni, come avevano già fatto la riduzione al 4-contro-4 e l’allargamento dei terzi, tutte decisioni che sembravano rivoluzionarie e assurde, ma di cui oggi quasi ci scordiamo tanto sono normali e radicate. Anche la sfida in 3-contro-3 appassionerà presto gli amanti dell’hockey nella sua purezza e nella sua essenza, soprattutto chi vuole vedere le partite decidersi con le squadre in pista a giocarsela fino in fondo, fino allo sfinimento.
Alessandro Zacchetti
No al 3 contro 3, perché le partite non si decidano snaturando l’essenza dell’hockey
Dopo aver ridotto la dimensione della zona neutra, la SIHF ha deciso di continuare la sua “emulazione” della NHL introducendo alla prossima stagione un overtime di cinque minuti a 3-contro-3. Oltre oceano la formula non sta mancando di far discutere, con i fans che sono divisi – ma tendenzialmente favorevoli – a questa impostazione, mentre i giocatori si sono spesso schierati contro la novità.
Spaesati i portieri che, più di tutti, si trovano confrontati con “un qualcosa” che potrà anche essere divertente e spettacolare, ma che poco ha a che vedere con il vero hockey. “Non so cosa sia…. Spero che almeno alla gente piaccia”, ha affermato Henrik Lundqvist, mentre il difensore dei Jets, Dustin Byfuglien, l’ha definito come “un affronto ripugnante a tutto ciò che l’hockey dovrebbe essere”. Ad aggiungersi al coro ci ha pensato uno dei difensori più talentuosi – e dunque adatti a questa formula – al mondo, Erik Karlsson: “Non è hockey. Vince chi osa barare di più… Non vedo veramente lo scopo di tutto questo, se non far stancare i giocatori ancora di più”.
Se da un lato la NHL rappresenta un esempio da seguire per molti aspetti, non è detto che ogni decisione presa dalla miglior Lega al mondo sia da sposare, soprattutto considerando come il feedback in questo senso oltre oceano sia ancora molto instabile.
Lasciando per un attimo in un angolo l’entusiasmo che può derivare dalle molte occasioni da gol che si vengono a creare, se si va ad osservare alcuni overtime a 3-contro-3 per intero, si resta piuttosto perplessi. I giocatori sembrano spaesati e timorosi, ed il tutto si basa più su contropiedi e ribaltamenti di fronte, piuttosto che azioni di squadra vere e proprie.
Se si vuole evitare assolutamente i rigori – se si cerca lo spettacolo, allora perché “odiarli” così tanto? Il fatto che sia una lotteria è un falso mito e la tecnica conta eccome, soprattutto sull’arco di 5 esecuzioni – sarebbe opportuno affidare l’esito delle partite ad una fase di gioco in linea con i 60 minuti precedenti, e non snaturando il tutto in una sorta di “minigame” di natura completamente diversa. Modifiche di questo tipo dovrebbero essere apportate per vedere le partite decise nella maniera più equa possibile, non per andare alla ricerca di uno spettacolo il cui esito rischia di essere troppo casuale.
I dubbi crescono se si pensa che, rispetto alla NHL, le piste sono più grandi, i giocatori meno dotati tecnicamente e fisicamente meno preparati. Vi è inoltre realmente la necessità di ridurre il numero di match decisi ai rigori, quando meno del 14% degli incontri di NLA in questa stagione sono andati oltre i tempi regolamentari? L’accorgimento più importante in questo senso è probabilmente già stato fatto, assicurando un punto in caso di sconfitta, evitando così che le squadre si chiudessero ed invogliandole a cercare la rete decisiva.
Andrea Branca
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