Sembra impossibile a crederci oggi, ma ci fu un tempo in cui l’hockey in Québec visse un periodo di crisi. Si deve tornare indietro fino agli anni trenta, quando la scia della Grande depressione del 1929 fece vittime illustri, non solo negli ambiti privati e aziendali, ma anche in quelli sportivi.
All’epoca Montréal si divideva su due fronti dell’hockey, la parte francofona tifava per i Canadiens mentre quella di lingua inglese si schierava per i Maroons, nati sulle ceneri dei Wanderers.
Il nome “Maroons” non era ufficiale in verità, ma fu adottato dai giornalisti in virtù del colore delle maglie, quando la denominazione originale era Montreal Professional Hockey Club. I Maroons hanno già detenuto un primo record, essendo stati gli ultimi non facenti parte degli Original Six a vincere una Stanley Cup (nel 1935) prima dei Philadelphia Flyers nel 1974, trionfo che doppiò quello del 1926.
La storia dei Maroons è però destinata a finire già nel 1938, la crisi prolungata dopo il crollo del 1929 fece indietreggiare gli investitori, decisi a puntare sui Canadiens che attiravano più pubblico, e non aiutarono nemmeno i precedenti incendi della Montreal Arena e della Jubilée Arena, che indebitarono i proprietari dei Maroons per anni.
Ospiti al Forum assieme agli Habs, i Maroons videro ridursi notevolmente i propri spettatori e altri debiti si accumularono, in particolare verso la società che aveva in gestione la pista, la Canadian Arena Company. Ritiratisi dalla NHL in attesa di poter dislocare la franchigia, i Maroons non ottennero i permessi da parte della lega per fondersi con i Canadiens, e alla fine vi fu solo un trasferimento di parte dei giocatori verso la squadra francofona.
La richiesta di trasferimento a St. Louis venne rifiutata per il recente fallimento degli Eagles nel Missouri mentre quella per ricollocare la squadra a Philadelphia entrò nel merito grazie alle garanzie finanziarie favorevoli, ma poi tutto sfumò dato che la città della Pennsylvania non disponeva di una pista adatta che potesse accogliere un minimo di spettatori. Fu quindi scritta la fine di una squadra che in tredici anni di vita mise in bacheca due Stanley Cup e diede vita alla più lunga ed estenuante partita della storia della NHL, una vera e propria maratona disputatasi al Forum di Montréal.
È il 24 marzo 1936, l’inverno non è finito a dispetto del calendario e all’interno del Forum nemmeno i 10’000 spettatori riescono a scaldare più di quel tanto l’ambiente. I Maroons, da campioni in carica, devono affrontare i Detroit Red Wings, altra squadra tra le favorite alla vittoria finale e quindi ci si aspetta una partita equilibrata, ma nessuno avrebbe mai pensato ad una serata del genere.
Dopo i tre tempi di gioco regolamentare le squadre sono ancora sullo 0-0, i Maroons hanno spinto molto ma il portiere dei Red Wings, Normie Smith, è stato l’assoluto protagonista dei primi sessanta minuti.
Passano i minuti nell’overtime, il primo dei tre tempi aggiuntivi se ne va, il ghiaccio comincia a dilaniarsi (le Zamboni non esistono ancora e la superfice viene spazzata a mano con risultati poco brillanti), il freddo si insinua sempre più sia sugli spalti che sulle panchine, si racconta addirittura che al rientro negli spogliatoi le squadre trovarono le bottiglie di acqua ghiacciate perché la rete di teleriscaldamento della città veniva staccata dopo una certa ora nel Forum.
Passa anche il secondo overtime, il ghiaccio si fa impossibile, l’equipaggiamento dei portieri pesa qualche chilo in più perché zuppo di acqua e sudore, sulle panchine girano bottiglie di caffè corretto con il brandy e qualcuno si fa passare boccette di alcol dagli spalti.
Pete Kelly ricordò così quegli istanti: “Più si andava avanti più il ghiaccio somigliava a una distesa di ghiaia, controllare il disco era impossibile. E il fatto che bevessimo del brandy per scaldarci dopo ogni cambio non contribuiva di certo a migliorare la situazione”.
Anche il terzo overtime viene superato, ma i portieri quasi non corrono pericoli, per la stanchezza dei giocatori e per un disco quasi impossibile da controllare e da tirare in porta, la partita diventa più una lotta per la sopravvivenza e qualcuno chiede di continuarla la sera dopo, ottenendo risposta negativa. Arriva il quarto overtime, poi il quinto e il sesto.
Il ghiaccio e i giocatori sono in condizioni pietose, tra il pubblico c’è chi dorme con le coperte addosso, ma finalmente dal nulla appare il giovane Modere Bruneteau, poco utilizzato in campionato e in partita, che con la forza della disperazione e un po’ di freschezza in più degli altri riesce a battere Lorne Chabot e a mettere fine a quella maratona quando stava apparendo il settimo overtime all’orizzonte.
I giocatori crollano letteralmente, persino i Maroons sono sollevati nonostante la sconfitta, il disco rimane impigliato e sospeso nella rete tanto da sembrare rifiutarsi di toccare di nuovo il ghiaccio.
L’orologio del Forum segna le 2:25 del mattino, la partita è durata 176 minuti e 30 secondi, praticamente come tre incontri e Normie Smith ha parato qualcosa come 92 tiri.
Lo stesso portiere dei Red Wings ricorda bene la stanchezza di quella serata: “Alla fine della partita andai al Lumberjack Club di Montréal a bere qualcosa con qualche compagno, io mi scolai una bottiglia di birra in un colpo e mi addormentai sul bancone. Entrò un poliziotto per far chiudere il bar e credendo fossi un ubriacone voleva portarmi in centrale. Dovette arrivare il coach Jack Adams a spiegare la situazione”.
La vita dei Montreal Maroons non durò molto, ma quella partita sembrò più lunga persino di tutta la loro storia.