BERNA – Ultime pattinate per i New Jersey Devils in vista della partita di lunedì sera contro il Berna, dove la formazione allenata da John Hynes scenderà in pista per l’ultima partita di preparazione, prima del debutto in regular season sabato a Göteborg contro gli Edmonton Oilers.
Un’esperienza unica per la grande maggioranza dei giocatori in rosa, ma non per il veterano Brian Boyle, che già nel 2011 era passato dalla Svizzera con la maglia dei New York Rangers.
“Mi ricordo molto bene quella partita a Zugo, ci siamo divertiti davvero parecchio – ci ha raccontato Boyle – ma la pista di Berna è davvero diversa da qualsiasi altra in cui sono stato… Siamo stati ospiti nella loro ultima partita di NLA, e l’atmosfera era pazzesca. Per noi come squadra poter essere qui rappresenta un’esperienza stimolante ed una ventata di novità, e per un gruppo giovane come il nostro è importante poter passare del tempo assieme. Farlo in Europa ci farà sicuramente bene, abbiamo l’opportunità di conoscerci meglio e giocare del buon hockey in un ambiente nuovo”.
Sono noti i problemi di salute che hai affrontato nell’ultima stagione (Boyle ha dovuto combattere la leucemia, ndr)… Quanto è speciale per te poter essere qui?
“Sicuramente moltissimo. Il training camp rappresenta sempre un momento particolare e molto duro – specialmente nelle prime settimane – e dopo non aver potuto partecipare un anno fa, questo è un periodo dell’anno che attendevo con particolare impazienza ed entusiasmo. Avere un inizio di stagione normale e regolare ora ha per me ancora più valore, perché dopo quanto passato alcune prospettive cambiano radicalmente… Non ho mai dato per scontato l’opportunità che ho di fare il professionista e giocare nel miglior campionato al mondo, ma sicuramente ora mi sto godendo ogni singolo momento. Inclusi i giorni duri del preseason”.
Quella contro il Berna sarà per voi l’ultima partita prima dell’inizio della regular season, che tipo di match vedremo lunedì sera?
“Siamo qui per giocare duro, non per fare un’esibizione. Bisogna sempre portare rispetto alle partite e al proprio avversario, ed inoltre se non si gioca al massimo si creano delle situazioni in cui è più facile incappare in infortuni. Per la nostra filosofia è fondamentale mantenere delle buone abitudini, così da poterci concentrare sui dettagli del sistema di gioco… Tutti vogliamo proporre il nostro miglior hockey sin dall’inizio della stagione, dunque è importante prendere queste partite molto seriamente. Avremo ancora alcuni allenamenti prima di affrontare gli Oilers, ma è in partita che si costruiscono le giuste sensazioni”.
Sei uno dei giocatori più esperti e, vincendo il Masterton Trophy, lo scorso anno hai lanciato un messaggio importante… Che ruolo rivesti pensando ai giovani che avete in squadra, come gli svizzeri Hischier e Müller?
“Nel corso degli anni ho avuto il piacere di conoscere tanti ragazzi provenienti da tutta l’Europa, ed ho sempre apprezzato l’opportunità di poter scoprire grazie a loro nuovi punti di vista. Nico era però un caso particolare, è stato scelto con il primo pick assoluto e attorno a lui c’erano tante aspettative, ma ha gestito il tutto in maniera incredibile, specialmente per un giovane di soli 18 anni. Quello che ha saputo fare in pista ed anche lontano dal ghiaccio mi ha impressionato, non fatico ad ammettere che alla sua età non sarei mai riuscito a fare altrettanto. Sarà un leader per la nostra squadra, quest’anno e per molte stagioni a venire. Mirco invece si è dovuto confrontare con un infortunio, ma ha lavorato duro per tornare a giocare e sinora nel camp ha destato un’ottima impressione. Non è facile essere scambiato e poi ritrovarsi subito in infermeria, ma ha gestito la situazione come un veterano”.
La NHL nel corso degli ultimi anni è cambiata, passando da una lega fisica ad una più basata su tecnica e velocità. Questo aspetto credi stia favorendo l’inserimento di giocatori europei?
“Personalmente ho sempre pensato che questi cambiamenti importassero poco. Indipendentemente dagli aspetti dominanti del gioco, devi comunque essere in grado di giocare fisico e stringere i denti… Essere forti e portare competitività in pista ogni giorno sono aspetti fondamentali – dieci anni fa come oggi – anche se forse negli ultimi tempi è necessario avere una tecnica più sviluppata per dominare il gioco. L’hockey è però lo stesso in tutto il mondo, se hai le capacità di giocare poco importa da quale paese vieni, a patto di avere un’incondizionata volontà di raggiungere i propri obiettivi. Oggi, con tanta tecnologia a disposizione degli scout, ogni ragazzo nel mondo ha l’opportunità di essere notato… In carriera ho giocato con un piccolo ragazzo norvegese (Mats Zuccarello, ndr) che da anni sta facendo benissimo in NHL, dunque se hai in te le capacità di farcela le porte del miglior campionato al mondo sono aperte a tutti”.