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Interviste

Waeber: “Ho vissuto una grande esperienza, non ho rimpianti ed ora voglio aiutare il Kloten”

Il portiere è rientrato dopo un anno in Nordamerica: “Volevo avvicinarmi il più possibile alla NHL, sono felice di averci provato. Ora mi concentro sugli aviatori, ed anche arrivare in Nazionale è un mio obiettivo”

KLOTEN – Dopo un’esperienza in Nordamerica, Ludovic Waeber è tornato in Svizzera e tenterà di aiutare il Kloten a fare un passo in avanti. Con il 27enne estremo difensore friborghese abbiamo discusso della sua avventura oltre oceno, degli infortuni e altro ancora.

Ludovic, raccontaci un po’ della tua ultima annata trascorsa in Nordamerica. Com’è stata la tua esperienza nell’organizzazione di Florida, freschi vincitori della Stanley Cup?
“All’inizio è stato un po’ un salto nel vuoto. È stata un’esperienza arricchente, ho imparato molte cose. Dapprima sono stato al camp d’allenamento dei Florida Panthers, per circa 3-4 settimane. Lì ho vissuto assieme a mia moglie e al nostro cane in un hotel. Al termine di questo primo mese sono stato assegnato al farm team di Charlotte. Dopo quattro giorni di permanenza è arrivata la lettera da parte dell’organizzazione che avremmo potuto cercare un appartamento. In quel momento abbiamo dunque avuto la certezza di poter rimanere. La stagione è iniziata bene, ho giocato parecchio conseguendo buoni risultati. Chiaramente la concorrenza con Knight ha complicato un pochino le cose. Spencer era reduce da qualche problema, all’inizio era previsto che giocasse con noi solamente per i primi due mesi, ma alla fine è restato in AHL per l’intero campionato e quindi è diventato lui il numero uno dei Charlotte Checkers”.

E per te è arrivato un altro trasferimento…
“È stata una grande sorpresa, è accaduto un’ora prima della chiusura del mercato. Al mattino mi ero ancora allenato regolarmente con Charlotte, poi ho ricevuto una telefonata in cui mi hanno informato che ero stato trasferito ai Pittsburgh Penguins. Ho ridato in fretta e furia l’appartamento, ho guidato per dieci ore e via verso un altro salto nel vuoto. Devo dire che ho trascorso due mesi magnifici nei Wilkes-Barre/Scranton Penguins, il farm team di Pittsburgh. Lì ho avuto un bel rapporto con l’altro portiere, il finlandese Joel Blomqvist, giovane prospect 22enne molto solido”.

Tornando indietro, rifaresti questa scelta? Gli ZSC Lions, con cui avevi un contratto, hanno pure vinto il titolo…
“Sì, la rifarei assolutamente. Come dicevo prima, è stata una grande esperienza di vita, sia per mia moglie che per me. Pure a livello sportivo sono contento di averla compiuta. Il mio sogno era di arrivare il più vicino possibile alla NHL e sono felice di averci provato. Non ho dunque nessun rimpianto… Anzi, ne avrei avuti se non avessi tentato”.

(Steven Ellis)

Onestamente, pensavi davvero di avere delle chance di arrivare in NHL?
“Quando firmai, sulla carta avrei dovuto essere il primo portiere della franchigia AHL. Ovviamente se fosse stato così, avrei avuto più partite a disposizione per mettermi in mostra. In seguito ci sono stati i problemi che ho già citato prima di Spencer Knight. Lui di base era previsto in qualità di secondo portiere dei Florida Panthers, invece a causa appunto di qualche noia è stato girato in AHL. Poco importa, io volevo guadagnarmi spazio, in AHL o in NHL, quello era il mio obiettivo quando ho deciso di andare oltre oceano. Chiaramente non puoi controllare tutto, ci sono delle variabili fuori dalla tua gestione ”.

Come mai il rientro in Svizzera, e perché hai sciolto il contratto con lo ZSC per firmare a Kloten?
“Ci sono tanti motivi. Il pacchetto offerto dal Kloten era la migliore soluzione, anche sportivamente parlando. Io e mia moglie inoltre conosciamo già bene la regione di Zurigo. Negli ultimi anni ci siamo sempre spostati parecchio e in autunno nascerà inoltre il nostro primo figlio. Questo sicuramente ha influito nella scelta. Con il Kloten sarà una sfida molto stimolante, voglio aiutare il club a progredire”.

Spesso si dice che i romandi hanno difficoltà ad ambientarsi in Svizzera tedesca. Non è il tuo caso…
“Esatto, anche perché non ho nessun problema a livello linguistico. Quello aiuta molto in termini d’integrazione. Io e mia moglie ci troviamo veramente a nostro agio nel Canton Zurigo, ci piace molto”.

Tornare un giorno da titolare nella tua Friborgo resta comunque nella tua testa?
“Adesso mi concentro semplicemente sul Kloten, dove ho firmato un contratto biennale. Sono qui per fare bene e dare il massimo. Poi vedremo cosa mi riserverà il futuro”.

(JustPictures)

A proposito di futuro, la Nazionale è un tuo obiettivo? Ci hai già giocato, ma non sei ancora stato selezionato per un Mondiale…
“Sì, è chiaro, voglio arrivarci. Ovviamente dipenderà dai risultati ottenuti in stagione. Presto ci sarà un cambio generazionale. Reto Berra e Leonardo Genoni non sono eterni, anche se stanno ancora facendo grandissime cose sia per i loro rispettivi club che per la Nazionale”.

Torniamo indietro. Da giovanissimo hai spesso subìto degli infortuni. Due molto gravi, a entrambe le ginocchia. Non hai mai pensato di mollare?
“È stata dura, quello sì, ma ho sempre voluto dare tutto al fine di tornare al top e in fin dei conti sapevo di essere ancora giovane. Insomma il tempo c’era. Magari questi infortuni hanno frenato un po’ il mio percorso, ho impiegato più a lungo per arrivare ai massimi livelli, ma alla fine ci sono riuscito. Ho gestito bene la situazione . Sono stato anche sostenuto e aiutato da tantissime persone. È stata la mia fortuna. Come detto in precedenza, ci sono cose che non puoi controllare. Quando arrivano quelle negative, come un infortunio, puoi solamente controllare la tua reazione, è lì che devi mettere il focus”.

Viriamo sull’aspetto mentale. Come gestisci l’adrenalina? Fai fatica ad esempio ad addormentarti alla vigilia oppure dopo le partite?
“Prima dei match non parlerei di adrenalina. Non ho particolari problemi, inizio magari a captare il match che incombe quando mi alzo dopo la siesta. Le notti dopo le contese invece fatico a trovare il sonno, ho sempre bisogno di qualche ora per lasciare passare tutte le emozioni dell’incontro”.

Ora in quasi tutte gli impianti ci sono maxischermi di qualità che ti permettono di rivedere le scene. Quando incassi una rete, ci butti uno sguardo per capire se hai fatto un errore, oppure ignori il tutto?
“È un po’ un mix delle due cose. Ogni tanto un replay può essere utile e interessante e quindi può succedere di darci un’occhiata, ma non devi focalizzarti troppo. Non puoi pensare troppo alla rete subìta. La partita continua, devi concentrarti e osservare il puck senza rimuginare su quanto accaduto in precedenza”.

Terminiamo con una curiosità. Tua moglie è la figlia di René Matte, l’assistente di Luca Cereda ad Ambrì. Alle feste di famiglia tu e René parlate di hockey o preferite sorvolare?
“Occasionalmente capita di discuterne, ma chiaramente la nostra è perlopiù una relazione familiare e quindi parliamo di altro. Non c’è solo l’hockey nella vita”.

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