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Interviste

Ann-Louise Hörnestam: “È bello che mio fratello Pelle Lindbergh sia sempre ricordato”

Il portiere svedese perse la vita in un incidente nel 1985, a soli 26 anni e poco dopo aver portato Philadelphia in finale. La sorella ricorda nella nostra intervista la vita e la carriera di un giocatore che non è mai stato dimenticato

(Ann-Louise con il marito Göran e Kerstin, la fidanzata di Pelle, nel 2019 | Foto: Bertil Littmar)

STOCCOLMA – Probabilmente solo ai nostri utenti che hanno raggiunto almeno il mezzo secolo di vita questo nome risulterà essere familiare: Pelle Lindbergh. Lo svedese fu il primo portiere europeo della storia a essere draftato in NHL.

Nel 1979 all’età di 20 anni, fu scelto al secondo turno da Philadelphia. Sempre in quell’anno vinse la medaglia di bronzo ai Mondiali con la Svezia e nel 1980 si ripeté alle Olimpiadi. Nel 1981 il grande salto oltre oceano, dapprima un anno in AHL nei Maine Mariners, e poi l’approdo in NHL. Una costante progressione che lo fece diventare il primo estremo difensore del Vecchio Continente ad avere successo in NHL.

L’apice lo raggiunse nella stagione 1984/85. Con le sue parate Lindbergh portò i Flyers sino alla finalissima per la Stanley Cup e vinse il Vezina Trophy riservato al miglior portiere del campionato. Mai un portiere europeo era riuscito in tale impresa. Tutto sembrava spianato per una lunga carriera ai massimi vertici, per lui era un pronto un nuovo contratto milionario di 6 anni, sarebbe diventato il portiere più pagato di tutta la NHL.

(Facebook)

Alcuni mesi dopo la finale della Stanley, nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1985, la magnifica storia però purtroppo s’interrompe bruscamente. Una notte brava, trascorsa con alcuni compagni di squadra ed amici a fare festa. Il rientro a tutta velocità a bordo della sua amata Porsche rossa e lo schianto fatale contro un muro attorno alle 5:40 del mattino in quel di Somerdale nel New Jersey, a una mezz’oretta da Philadelphia.

Il 26enne, con un tasso alcolemico nel sangue superiore al consentito, non muore sul colpo, ma le condizioni appaiono subito disperate. Un arresto cardiaco mentre viene estratto dalle lamiere dell’auto porta alla morte cerebrale. Le macchine che lo tengono artificialmente in vita vengono spente il giorno dopo, una volta che il padre dalla Svezia arriva al capezzale del figlio (la mamma si trovava già negli Stati Uniti). Alcuni suoi organi vengono donati per salvare altre vite.

Gli altri due passeggeri a bordo del veicolo sopravvivono nonostante le gravi ferite, mentre il celebre Rick Tocchet è una sorta di miracolato. Anche l’ex giocatore, attuale allenatore dei Vancouver Canucks e ai tempi compagno di squadra di Lindbergh, sarebbe dovuto essere a bordo della Porsche, ma per ragioni di spazio rinunciò a salire a bordo e optò per un altro mezzo.

A distanza di quasi 39 anni la sorella di Lindbergh, la signora Ann-Louise Hörnestam, ha accettato con grande disponibilità di parlare con noi di suo fratello Pelle, i suoi ricordi e della sua vita attuale.

Ann-Louise, innanzitutto come stai, dove vivi e cosa fai attualmente nella tua vita?
“Sono appena rientrata dalle vacanze, ero a Maiorca, quindi sto bene. Io abito a Bagarmossen, un sobborgo di Stoccolma, distante una ventina di minuti in metro dalla Capitale. Ormai ho 80 anni, vivo con mio marito Göran che ha quattro anni più di me, abbiamo due figli, Stefan e Anna, di 49 rispettivamente 53 anni e tre nipoti, ovvero Anton e Linus, figli di Anna, e Robin figlio di Stefan. Purtroppo ho dei problemi alle gambe e non posso più camminare molto, cosa che mi piaceva fare molto, specialmente nella natura. Ora adoro stare in balcone e curare le piante e i fiori. Fino a poco tempo fa avevamo anche un piccolo cottage a circa da 10 km da qui, ma era diventato problematico per noi gestirlo dato l’età che avanza e quindi ce ne siamo separati”.

Torniamo indietro di oltre mezzo secolo. Che rapporto avevate tu e tuo fratello Pelle?
“Lui aveva 15 anni e mezzo in meno di me. In sostanza mi prendevo cura di lui. Lo amavamo tutti. Mi ricordo che io terminai la scuola dell’obbligo due giorni dopo la sua nascita e iniziai a lavorare in una compagnia di assicurazione quando Pelle aveva appena cinque settimane. Colui che trascorreva più tempo con Pelle era mio marito Göran. Lui guidava i bus e spesso, a seconda dei turni, era libero durante la giornata. Insieme giocavano molto a ping-pong”.

(Ann-Louise con la sorella Ann-Christine e Pelle, nel 1961)

Che tipo di ragazzo era Pelle?
“Era molto divertente e spensierato. Pensava sempre all’hockey o al pallone. Era molto bravo e talentuoso anche a calcio, ma alla fine scelse il disco su ghiaccio e si concentrò solo su quello. In generale amava praticare qualsiasi tipo di sport. E poi adorava pescare. Per tutta la sua vita la pesca è stata una sua grande passione. Quando Pelle era piccolo, in inverno tutta la nostra famiglia – ad eccezione di mia madre – andava qui in Svezia a pescare nel ghiaccio”.

Gli facesti visita in Nordamerica?
“No, mai. Ci andai solo una volta, nel 1988, tre anni dopo la sua scomparsa. Era in programma un torneo di golf, con cena e altri eventi nei pressi di Philadelphia. Mi recai con i nostri genitori, conservo tante belle memorie di quei giorni, era tutto nuovo per me, un altro mondo”.

Ti va di parlare di quella tragica notte quando perse la vita?
“Fu terribile. Ricevetti una telefonata da mio marito, mi raccontò cosa fosse accaduto e mi comunicò che Pelle era cerebralmente morto. Fu uno shock. Göran si trovava con mia madre a Philadelphia al momento della tragedia, proprio a casa di Pelle e Kerstin, la sua fidanzata di allora. Mio marito nel tempo libero si dilettava a fare il carpentiere, era molto abile, il nostro cottage fu lui a costruirlo assieme a degli amici. Era andato a Philadelphia per aiutare a costruire il tetto di una casettina che sarebbe dovuta sorgere all’interno della proprietà di mio fratello”.

Vai spesso a trovare Pelle al cimitero?
“Sì certo, è sepolto qui vicino, nella tomba di famiglia, assieme ai nostri genitori, Sigge e Anna-Lisa, e a nostra sorella Ann-Christine (stroncata da una malattia nel 1987 a soli 38 anni ndr). Mi occupo dei fiori, delle candele e tengo tutto in ordine”.

(Quinto compleanno di Pelle, come regalo la maglia di calcio dell’Hammarby e il pallone, 1964)

Ho visto in rete diverse foto di tifosi e amici che passano a rendere omaggio, lasciando a volte anche gadget con i colori dei Flyers, il cui simbolo è pure scolpito sulla tomba. Insomma Pelle non è stato dimenticato, malgrado gli anni scorrano via…
“Esatto, mi fa molto piacere. Ad Hammarby una volta all’anno si tiene una festa del fanclub della squadra di hockey chiamato Bamsingarna e specialmente in quella circostanza la tomba diventa un vero spettacolo di colori. Su Facebook c’è inoltre un gruppo chiamato “Remember Pelle Lindbergh”, è pieno di utenti, persone che quasi quotidianamente inseriscono vecchie foto con lui, articoli di giornali, gadget, autografi. Insomma tanti ricordi. È bellissimo tutto questo”.

Tu hai ancora qualche cimelio, qualche trofeo o parte dell’equipaggiamento di Pelle?
“Conservo solamente alcune foto. La maggior parte delle sue cose rimasero per un po’ nella nostra casa materna, poi mia madre decise di separarsene. Alcune furono vendute a dei collezionisti, altre date in beneficenza per raccogliere fondi e infine ci furono pure oggetti donati a dei musei”.

Hai ancora dei contatti con qualche suo ex compagno di squadra?
“Praticamente no. Solamente con pochi, qualche ragazzo che all’epoca da giovanissimo giocava con lui ad Hammarby”.

Tralaltro, non ti abbiamo chiesto se a te piace l’hockey…
“( Ann-Louise ride ndr) A dire la verità no, non particolarmente, non mi è mai interessato”.

Ultima domanda, a 80 anni hai ancora qualche desiderio?
“No, spero solo d’invecchiare bene e senza troppi problemi. Mi piacerebbe semplicemente non avere troppi dolori alle gambe. Penso siano ereditari, già mia madre ne soffriva”.

Ann-Louise ti ringraziamo di cuore per averci dedicato un po’ del tuo tempo, averci aperto l’album delle foto di famiglia e aver accettato di parlare di una pagina a tratti dolorosa della tua vita…
“Prego, mi ha fatto piacere. Un saluto in Svizzera, purtroppo non ci sono mai stata. Tu però hai il nome italiano e mi hai detto che l’intervista apparirà in italiano. In Italia ci andai: Firenze mi era piaciuta tantissimo”.

(Matrimonio di Ann-Louise. Vicino a Pelle la mamma, 1968)

E così si conclude la testimonianza e il ricordo di Ann-Louise Hörnestam. Malgrado siano passati ormai quasi 40 anni dalla sua scomparsa, la figura di suo fratello Pelle Lindbergh, soprannominato “Gump”, ovvero gomma, per via della sua flessibilità e dei suoi movimenti, è sempre radicata a Philadelphia ed è diventata una sorta di culto.

Un quartiere della città, “Pelle Circle”, porta questo nome in suo onore. Il suo numero 31, sebbene non sia mai stato ritirato ufficialmente dalla franchigia, non è mai più stato portato da nessun altro elemento. I Flyers inoltre dal 1993 hanno istituito il “Pelle Lindbergh Memorial Trophy”, assegnato annualmente al giocatore ad avere compiuto la maggiore progressione.

Insomma, il tempo scorre, ma il ricordo e le memorie rimangono. Ed è importante tramandare anche ai più giovani le storie dell’hockey di un tempo, come quella di Lindbergh (il cui vero nome era Per-Eric), un vero precursore. Pelle fu tra l’altro anche il primo estremo difensore a portare una borraccia con sé durante le partite e ad appoggiarla sul tetto della porta.

Oltre a un libro sulla sua vita, già pubblicato nel 2006 e dal titolo “Dietro la maschera bianca” (il suo marchio di fabbrica), a cui fece seguito nel 2009 la versione inglese, l’anno prossimo, in occasione del 40esimo anniversario della scomparsa, verrà pubblicato un documentario prodotto dalla TV svedese.

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