Fine anni ’80, primi anni ’90: per i ragazzini ticinesi di quei tempi la NHL era un mondo lontanissimo. Internet non esisteva, in televisione non c’erano praticamente immagini disponibili. Il massimo della vita era acquistare TOP Hockey, mensile italiano di hockey che dedicava l’ultima pagina appunto alla NHL, oppure consultare i risultati al Teletext al mattino prima di andare a scuola.
Di conseguenza quando si giocava a hockey in cortile o su qualche ghiaccio invernale domestico chi andava in porta non faceva l’Andy Moog o l’Ed Belfour di turno, ed essere uno dei nostri, stile un Brian Daccord o un Thierry Andrey era troppo scontato e poco originale. Come ultima possibilità sexy rimaneva dunque solo quella di impersonare uno dei grandi portieri europei che si potevano ammirare ai Mondiali o alla Coppa Spengler.
I nomi più in voga dell’epoca? I cechi Petr Briza e Dominik Hasek, gli svedesi Peter Lindmark e Tommy Söderström, il compianto sovietico Belosheikin (chissà perchè Netflix non ha ancora creato una serie sulla sua tragica e travagliata vita), i suoi connazionali Mikhail Shtalenkov e Arturs Irbe oppure i finlandesi Sakari Lindfors, Jukka Tammi e Markus Ketterer.
Proprio con quest’ultimo abbiamo avuto il piacere e l’onore di fare una chiacchierata. Il suo palmarès parla da solo: sei partecipazioni ai Mondiali (premiato come miglior portiere nel 1991 e inserito nell’All-Star Team nel 1992, quando la Finlandia ottenne la sua prima medaglia mondiale della storia!), una partecipazione alle Olimpiadi, 4 titoli finlandesi (3 con il TPS Turku, 1 con lo Jokerit Helsinki), un titolo svedese con il Färjestad, ed una medaglia d’oro ai Mondiali U20 nel 1987 (la prima per la Finlandia).
Inoltre, a coronamento di una grande carriera, Ketterer è stato eletto nella Hall of Fame dell’hockey finlandese. Insomma una vera icona, la persona adatta per parlare dei portieri finlandesi che hanno “invaso” il nostro campionato, anche perché il classe 1967 negli ultimi 10 anni ha allenato i portieri dello Jokerit Helsinki.
Markus Ketterer, qual è il segreto dietro a questa lunga tradizione di grandi portieri finlandesi?
“Penso che l’ingrediente principale sia la formazione. Da noi esistono gli allenatori dei portieri già dall’inizio degli anni ’90, si è cominciato dunque prestissimo a coltivare in questo ambito. Tanti estremi difensori una volta terminata la carriera intraprendevano questa strada. Inoltre la Federazione ha sempre fornito grandi aiuti e sostegni, non solo ai massimi livelli, ma anche nei settori giovanili. Pur essendo una piccola nazione abbiamo sempre sfornato ottimi portieri, da ciò è nato una specie di effetto domino. Tanti bambini al fine di imitare i propri idoli decidono di andare in porta, e dunque il bacino di potenziali talenti aumenta”.
Il finlandese viene spesso visto come una persona calma, cool, che non mostra emozioni… Forse questo aspetto del vostro carattere aiuta in questo determinato ruolo?
“Potrebbe anche darsi, quando sei tra i pali se sei troppo emozionato non va bene, non devi farti prendere dall’aspetto emotivo, è fondamentale gestirlo e trovare il giusto bilancio. La calma è importantissima, idem la fiducia. Ma attenzione, mica siamo tutti come Kimi Raikkonen (l’ex pilota di Formula 1 viene spesso dipinto come lo specchio del finlandese di ghiaccio, ndr)”.
Nella scorsa stagione sono stati ben 11 i portieri finlandesi ad aver disputato almeno una partita in NHL, un numero incredibile. Due di loro, Mikko Koskinen (Lugano) e Harri Säteri (Bienne), li ritroveremo nel nostro campionato, cosa puoi dirci di loro?
“Mikko ha fatto molto bene specialmente in KHL, ha vinto due campionati svolgendo un ruolo di primattore. Dispone di molto know-how, è molto alto e ha dalla sua l’esperienza, dopo gli anni trascorsi in NHL ha deciso di tornare in Europa e sarà uno dei migliori portieri del vostro campionato. Il Lugano ha fatto un’ottima scelta. Harri ha pure alle spalle diverse stagioni in KHL, anche lui è una vecchia volpe, gioca a livelli molto alti e negli ultimi anni è sempre stato convocato in Nazionale”.
Il Kloten si è invece assicurato Juha Metsola, un portiere di statura bassa…
“Nella scorsa stagione per me è stato il miglior portiere della KHL, ha tanto talento, si muove in maniera velocissima e compensa così la sua stazza. Avrebbe potuto tranquillamente essere chiamato ai Mondiali o alle Olimpiadi, è tra i migliori 4 portieri finlandesi, ma la concorrenza è grande”.
Il quarto elemento è Janne Juvonen. Il portiere dei leventinesi è quello che conosci meglio…
“Ho allenato Janne nello scorso campionato allo Jokerit. È un eccellente portiere, ha tanta personalità, vuole sempre essere competitivo e cura molto il suo corpo. Se siamo ancora in contatto? Ogni tanto ci inviamo dei messaggi, ma nulla di approfondito in merito all’hockey, d’altronde ha i suoi allenatori ad Ambrì e dunque non ha mica bisogno di me”.
Torniamo indietro di 30 anni, a quell’epica semifinale ai Mondiali del 1992. Sotto i fischi dei 14’000 tifosi cecoslovacchi nella vecchia “Sportovni Hala” di Praga parasti tutti e quattro i rigori tirati dai padroni di casa, alla loro ultima apparizione prima della separazione, conquistando la prima storica finale…
“Fu un anno speciale per il sottoscritto. Vinsi il campionato con lo Jokerit, partecipai pure alle Olimpiadi e alla Canada Cup. Con la conquista dell’argento mondiale aprimmo le porte ai futuri successi dell’hockey finlandese. Nessuno ci dava credito a inizio torneo, fu un cammino incredibile e il culmine fu appunto quella semifinale, ho avuto fortuna a poter fare parte di quell’avventura e ne sono fiero. Non so però se sia l’highlight della mia carriera, l’unica sconfitta di quella rassegna iridata fu in finale contro la Svezia (dei vari Forsberg, Sundin e Nylander, ndr), ci fu parecchia amarezza”.
Hai partecipato alla Coppa Spengler sia da giocatore che da membro dello staff tecnico, che ricordi hai?
“Mi è sempre piaciuta l’atmosfera a Davos, la gente è molto aperta e simpatica ed è un posto magnifico. Spero proprio che quest’anno la manifestazione si possa disputare regolarmente dopo gli anni di stop dovuti alla pandemia. È un torneo molto sentito e l’ho capito subito, era in effetti sempre facile trovare giocatori di altre squadre che venivano a darti una mano”.
Ti sei ritirato nel 1999 a nemmeno 32 anni, come mai?
“A quei tempi i portieri non erano così longevi come oggi, non giocavano tanto più a lungo. Io avevo problemi alla schiena, malgrado le varie cure e riabilitazioni non ci prestavo molta attenzione. Mentalmente iniziava a diventare dura, affrontare le varie fasi di preparazione alle partite stava diventando un peso, nella testa mi frullò dunque l’idea di smettere, ne avevo abbastanza. Per questo adesso da allenatore punto molto sul fatto che i portieri si rilassino e si curino a puntino”.
Attualmente alleni a Schwenningen, come mai questa scelta?
“Lo Jokerit ha dovuto fermarsi per i noti motivi legati alla situazione in Russia, io volevo continuare a lavorare e vedere qualcosa di nuovo. Waltteri Immonen, attuale assistente allenatore del Davos e mio grande amico, ha assistito ai tempi di Zugo l’attuale allenatore degli Schwenninger Wild Wings, ovvero Harold Kreis. Tramite lui si è aperta questa porta. Lavoro all’incirca una decina di giorni al mese con gli estremi difensori”.
Una sorta di ritorno alle origini…
“Esatto, come si può intuire i miei antenati erano germanici. In Germania ci sono hotel, bar e persino una birreria che portano il mio nome (Ketterer ride, ndr). I miei avi emigrarono dalla Baviera in Russia e poi giunsero in Finlandia, mio nonno nacque già qui”.
A proposito di familiari, ma tuo padre faceva veramente lo speaker o il nostro informatore ha fatto cilecca?
“Ebbene sì, svolgeva questa mansioni durante le partite casalinghe dello Jokerit, quando ancora il club giocava nella Jäähalli (il vecchio impianto che ha ospitato i recenti Mondiali). Smise nel 1997, quando ci fu il trasferimento nella Hartwall Arena”.
Sei a un tiro di schioppo dalla Svizzera, prevedi di venire a vedere qualche partita del nostro campionato ormai pieno di tuoi connazionali?
“Certamente. In circa 90’ di tragitto sono a Zurigo, vorrei ad esempio vedere la nuova pista zurighese, magari in una sfida contro il Davos del mio amico Waltteri”.