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Lugano

Zurighesi più lucidi del Lugano, ai Lions va il titolo svizzero

In Gara 7 i bianconeri sono sembrati scarichi fisicamente e mentalmente, mentre gli ospiti hanno difeso la rete di Geering in apertura. Per gli ZSC è il nono titolo

Zurighesi più lucidi del Lugano, ai Lions va il titolo svizzero

LUGANO – ZSC LIONS

0-2

(0-1, 0-0, 0-1)

Reti: 6’55 Geering (Miranda) 0-1, 59’40 Kenins 0-2

Note: Resega, 7’200 spettatori (esaurito). Arbitri Eichmann, Stricker; Borga, Obwegeser
Penalità: Lugano 1×2′ + 1×10′, ZSC Lions 1×2′

LUGANO – Il pianto a dirotto di Elvis Merzlikins, le lacrime trattenute a stento anche da altri ragazzi come Luca Fazzini, quelle di Philippe Furrer che avrebbe voluto chiudere in altra maniera la sua avventura in bianconero e che volge lo sguardo alle figlie altrettanto disperate.

Tutte le immagini di un Lugano che sa quanto stavolta sia arrivato vicino a quel sogno che rimane ancora un sogno, un traguardo che sfugge da 12 anni e che di nuovo si è rivelato maledetto sulla pista di casa. Non prendete queste parole come un rimbrotto, no, perché a nessuno venga in mente che il Lugano rimane una squadra perdente dato che ancora non è riuscita a rimettere le mani su quella coppa.

Non lo è, anche se per molti potrebbe essere difficile crederlo, perché se i bianconeri sono arrivati lì dove sono arrivati a braccetto con i nuovi campioni degli ZSC Lions è perché questa squadra ha trovato di nuovo la sua identità da top team svizzero, un fattore che deve permette al club di Vicky Mantegazza di restare in alto e lottare per l’agognata coppa ancora a lungo.

Due finali in tre stagioni, entrambe perse alla Resega, fanno male, maledettamente, ma spargono un granellino di zucchero sull’amaro in bocca che rimane dopo questo risultato, soprattutto per chi sa pensare già al futuro.

Però non pensiate di poter consolare Merzlikins, Furrer, Fazzini e tutti gli altri, perché la sconfitta non viene digerita da chi si è costruito un’identità vincente. Niente pacche sulle spalle, dure da ingoiare come quelle della squadra vincitrice, ma solo l’esortazione a riprovarci di nuovo e più forte di quanto non abbiano fatto finora, dopo 50 giorni di battaglie nei playoff.

Perché i bianconeri ci riproveranno, nonostante tutto, perché la squadra diretta da Greg Ireland ha dimostrato di poter andare oltre alle difficoltà più grandi, di avere un cuore e un coraggio che gli permette di sormontare il dolore degli infortuni e di rinascere dalle sconfitte, proprio quando si è ritrovata sull’orlo del baratro o ha dovuto attraversare le nebbie invernali.

Stavolta, in una Gara 7 ancora una volta maledetta per i colori luganesi, si è capito che nonostante il buon inizio, Reuille e compagni probabilmente erano con il serbatoio ai minimi termini, e nemmeno quella forza di risalire, nemmeno la resilienza, parola e concetto tanto caro a Ireland, sono riuscite ad evitare che la rete di Geering (disco deviato da Wellinger nel tentativo di bloccarlo) potesse risultare il gol che avrebbe deciso il campionato.

Purtroppo così è stato, e nonostante gli sforzi di chi ancora ne aveva nelle gambe e nella testa, come Lapierre, Lajunen, Ulmer, Furrer e pochi altri, i Lions hanno comunque gestito bene il risultato, impedendo ai bianconeri di passare attraverso la loro difesa per vie centrali. E quando non ci sono arrivati i difensori ci è arrivato Flüeler, con quella parata in spaccata su Lapierre, sull’unica vera occasione per il Lugano di raddrizzare la baracca negli istanti finali.

E allora, dopo la rete a porta vuota di Kenins, si è levato l’urlo dei leoni zurighesi, campioni per la 9a volta, a cambiare una pagina di storia che il Lugano avrebbe potuto scrivere a caratteri cubitali nella roccia se fosse riuscita.

Nonostante ciò, il tragitto nei playoff è stato esaltante, da applausi, quelli che i tifosi bianconeri hanno riservato a lungo anche durante i festeggiamenti di Seger e compagni, a dimostrazione che quello che ha fatto il Lugano nelle ultime settimane è stato apprezzato e non poco.

E va riconosciuto, ci mancherebbe, il pieno merito anche dei Lions, capaci di non abbattersi – o forse di conservare più energie – dopo la rimonta subita dal 3-1 nella serie, e alla fine non è un caso se in finale si siano ritrovate due squadre che in questi playoff hanno disegnato in parallelo le loro diverse ma durissime cavalcate.

Gli zurighesi hanno eliminato Zugo e Berna, una tra le favorite e l’altra candidata principale al titolo, mentre il Lugano ha combattuto contro i numerosi e gravi infortuni, risalendo in semifinale dallo 0-2 contro il Bienne e in questa stessa serie dall’1-3 contro i campioni dell’annata 2017/18. Questo tanto per sottolineare il calibro di attributi presenti nella finale per il titolo, spazio riservato a chi la mentalità da playoff la costruisce anche sui dolori e le sconfitte cocenti.

E si riparta da qui, sottolineando le imprese compiute dai bianconeri per arrivare fino a Gara 7 della finale, e anche se le lacrime resteranno inconsolabili, tra pochi mesi i gladiatori di Greg Ireland saranno pronti a far esultare di nuovo i propri tifosi, sotto la guida di un condottiero che ha dei meriti grandi quanto i sogni che i bianconeri hanno regalato in questa stagione.


IL PROTAGONISTA

Lukas FlüelerQuella parata in spaccata su Lapierre, magnificamente trovato da Hofmann, nei minuti finali di Gara-7, ha probabilmente consegnato la coppa in mano ai Lions.

Se sull’arco della serie, solo nella partita d’apertura il portiere zurighese era stato decisivo in tutto e per tutto, Flüeler è riuscito a ripetersi proprio nell’atto decisivo, con uno shutout e di quegli interventi che di solito valgono quanto un gol. Questa volta è valso un intero campionato.


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