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Ambrì Piotta

Un derby dai bassi contenuti va all’Ambrì, Lugano KO all’overtime

AMBRÌ – LUGANO

3-2

(1-1, 1-1, 0-0; 1-0)

Reti: 5’42 Walker (Gardner, Ulmer) 0-1, 14’15 Zgraggen (Bianchi, Hall) 1-1, 33’40 Sannitz (Bertaggia, Furrer) 1-2, 37’25 D’Agostini (Lauper) 2-2, 63’34 Monnet (Lhotak) 3-2

Note: Valascia, 6500 spettatori (tutto esaurito). Arbitri Eichmann, Vinnerborg; Borga, Wüst
Penalità: Ambrì 1×2′, Lugano 3×2′

AMBRÌ – Sicuramente il derby numero 2 della stagione 2016/17 non verrà ricordato come una delle più belle – eufemismo – sfide cantonal ticinesi, piuttosto l’unico spunto storico scaturito da una partita a tratti persino soporifera è il fatto che per la prima volta sia stata risolta in un overtime a 3 contro 3.

Un overtime da alcuni amato, da altri odiato, in grado di regalare emozioni quando la partita ne è avara, ma anche in grado di punire il primo che abbassa la guardia e si rende protagonista di un errore e di una certa sufficienza. Un overtime che ha premiato l’Ambrì Piotta grazie a una rete tanto rocambolesca quanto strana, ma forse addirittura meno di quanto non lo fosse stata l’occasione mancata in maniera sciagurata da Klasen e Martensson solo pochi attimi prima davanti a Zurkirchen, e allora che la crudeltà della “sudden death” faccia il suo dovere.

Proprio il portiere leventinese è stato il protagonista della vittoria biancoblù, non tanto per il numero delle parate (24 su 26 tiri da parte bianconera) ma piuttosto per l’importanza e per il momento in cui ha saputo salvare il risultato. In particolare, oltre a quel salvataggio su Klasen nei prolungamenti, Zurkirchen ha vinto due faccia a faccia contro Brunner durante il match, duelli che normalmente il numero 98 difficilmente sbaglia.

Brunner che è stato invece uno dei simboli della sconfitta del Lugano, tra i primi a farsi pericolosi in attacco sfruttando alcuni “canyon” lasciati dalla retroguardia di Kossmann, ma sconfitto al netto delle occasioni avute, con il portiere suo avversario di serata diventato un vero e proprio incubo. È stato un simbolo perché oltre a quelle sfide perse dall’ala luganese, quasi tutto l’attacco di Shedden ha fatto cilecca, o meglio quelle buone occasioni che si è creato, soprattutto nei primi 40 minuti non è stato in grado di sfruttarle.

In quei primi due tempi l’Ambrì ha infatti concesso diversi turn over in zona neutra o in entrata del proprio terzo, lasciando che qualche attaccante ospite restasse solo nello slot, inoltre ha fatto molta fatica a gestire i dischi negli angoli, soffrendo la fisicità dei vari Gardner e Walker (vedasi il primo gol, ad esempio) e molte delle azioni più pericolose del Lugano sono nate da lì.

I biancoblù dal canto loro per i primi due tempi hanno cercato di giocare di più in ripartenza, prendendo in velocità i difensori del Lugano grazie agli inserimenti di Pesonen e Guggisberg, ma le difficoltà maggiori le ha create con il lavoro e il disturbo davanti a Merzlikins, ed è proprio così che sono nate le reti di Zgraggen e D’Agostini.

Tanto si è parlato del primo e del secondo tempo, che poco c’è da dire sul terzo conclusivo, giocato con poco “ardore” da entrambe le squadre, ricco di errori in impostazione e di poche occasioni da rete.

Alla fine l’ha spuntata l’Ambrì Piotta, che a dispetto delle difficoltà viste nella costruzione del gioco e di una difesa a tratti confusionaria riesce a portare a casa altri 2 importantissimi punti per sesta vittoria nelle ultime 7 partite. I biancoblù sopperiscono ad alcune difficoltà con la capacità di andare a trovare reti pesanti in momenti importanti, sorretti da un Zurkirchen che sta attraversando un momento di altissima forma.

Il lavoro per Kossmann non manca comunque, nonostante la striscia positiva, a partire da un power play che crea più difficoltà agli stessi leventinesi piuttosto che agli avversari e a una manovra offensiva che in molti casi nasce dalla zona neutra sfruttando gli errori altrui con la velocità di Pesonen e Guggisberg, mentre le uscite dal terzo difensivo pulite e dirette sono ancora lungi dall’essere una normalità.

Discorso inverso per il Lugano, che se ha manovrato meglio in fase di transizione, arrivando davanti a Zurkirchen con un paio di passaggi, ha lavorato troppo poco e male davanti al portiere avversario per fare male con regolarità, perdendo spesso il disco al momento buono o prendendo la decisione sbagliata al momento sbagliato.

Poco o per nulla incisiva la linea degli svedesi, che hanno giocato molti dischi ma spesso andando a perdersi in inutili fronzoli per la conclusione perfetta (l’overtime ne è la prova, senza poi contare il disastro di Martensson sul gol di Monnet), mentre è sembrata più legata la linea di Hofmann, spesso imbrigliata nella difesa senza troppi sbocchi. Ancora una volta Shedden ha potuto contare su un bottom six di qualità, che ha prodotto gioco e rotto quello avversario, ma ora serve la continuità da parte degli uomini più tecnici.

In sostanza questo derby bruttino e “poco” derby – solo 4 penalità – è stato un passo avanti per l’Ambrì, che continua a foraggiare una classifica debilitata dal disastroso inizio di campionato, ma è stato un passo indietro per il Lugano. I biancoblù rimangono agganciati alle migliori 8, e il Lugano vi torna dentro grazie alla contemporanea sconfitta del Davos, ma per la squadra di Shedden è un passo indietro sul piano della forza e del ritmo mostrate lo scorso week end.

fattore2
LA GESTIONE DELL’OVERTIME:
È vero, è logico che una rete all’overtime diventa per forza decisiva, ma a volte bisogna vedere come accadono certi episodi nel loro insieme.

Per la prima volta un derby tra Ambrì Piotta e Lugano è stato deciso da un prolungamento a 3 contro 3, e ciò che può accadere in quei minuti spesso sfugge al controllo di chi è sul ghiaccio.

Monnet ha battuto Merzlikins al termine di un contropiede finito in maniera rocambolesca, con gli svedesi del Lugano protagonisti in negativo. Martensson ha completamente dimenticato il backcheck sull’azione leventinese, e pochi momenti prima Klasen si è incredibilmente incartato davanti a Zurkirchen con l’occasione più grossa della serata, mancando di cattiveria e decisione.

Il sangue freddo tradisce anche i migliori, e in un overtime a 3 contro 3 ogni errore può essere pagato col prezzo massimo.

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