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Ambrì Piotta

Nel difficile ritorno alla realtà, l’Ambrì Piotta ha dimostrato la solidità dei suoi principi

Confrontato con tutti gli ostacoli ed imprevisti possibili, il club leventinese è cresciuto cammin facendo e con una solida base ha saputo trovare risorse e soluzioni per risolvere i propri problemi. Ora si attendono i playout

AMBRÌ – Con gli eventuali playout alle porte, si parla di “ritorno alla realtà” in casa Ambrì Piotta, dopo una passata stagione che ha rappresentato la dolce eccezione in quello che è il difficile contesto in cui si ritrova storicamente a lottare il club leventinese.

Proprio per questo l’annata ancora in corso aveva tanto da dire. Si trattava di avere delle conferme non tanto in termini di risultati, ma piuttosto sul piano della cultura e identità che si vuole instaurare nel club, elementi che devono rappresentare il filo conduttore del progetto indipendentemente dai nomi che scendono in pista.

Una scossa d’assestamento a fare da collegamento tra la stagione passata e quella attuale era inevitabile, a maggior ragione dopo un’estate che per l’Ambrì Piotta ha significato la partenza del giocatore nettamente più forte della lega, ma anche dell’infortunio prematuro di pedine fondamentali come Conz e Novotny.

Con l’inizio delle competizioni le assenze sono andate sommandosi, con Kostner che ha saltato praticamente tutta la stagione, mentre elementi come Rohrbach e Kneubuehler sono stati arruolabili nemmeno per un quarto del torneo. Fuori per porzioni importanti anche i vari Jelovac, Pinana, Hofer e Incir, a cui si sono aggiunti infortuni di minor durata di Manzato, Fora, Bianchi, Dal Pian, Upshall e Zwerger.

Una situazione difficile per qualsiasi squadra, figuriamoci per un gruppo dal talento limitato come quello leventinese, per giunta nell’ambito della stagione con il maggior numero di impegni nella storia del club. I dati finali parlano di 300 partite saltate per infortuni, con una media dunque di sei giocatori assenti ad incontro.

È però anche vero che l’hockey non si decide solo con il talento, ed in questo la squadra di Luca Cereda si è confermata il perfetto esempio di un gruppo capace di individuare con intelligenza le risorse a propria disposizione, utilizzandole poi per creare un mix che sul ghiaccio ha portato a prestazioni che in alcune serate sono state anche sorprendenti. Basti guardare ai dati degli special teams, con l’Ambrì capace di vantare il terzo miglior powerplay ed il secondo miglior boxplay, per capire che per arrivare ad un certo risultato si può fare leva su strumenti diversi.

Ha però dovuto anche scendere a patti con i suoi limiti, l’Ambrì Piotta, specialmente in una prima parte di stagione in cui a livello d’identità si è creato un vuoto che ha reso meno delineata la via da seguire. Non ha aiutato la mancanza di Kubalik – che con le sue azioni, in partita ma anche in allenamento, dava il giusto esempio e di riflesso rendeva i suoi compagni un po’ più sicuri di se stessi – l’inizio laborioso di Flynn e il mancato ambientamento di Sabolic, che piuttosto velocemente si è capito non essere il giocatore giusto per l’Ambrì.

Vissute le sue difficoltà la squadra ha però saputo crescere, trovando in D’Agostini un punto di riferimento ed iniziando a vedere sempre di più “il vero Flynn. Il contributo di Upshall e il ritorno di Novotny hanno aiutato, e con il passare del tempo il gruppo ha ritrovato identità e convinzione, lavorando su degli elementi che nella prima fase avevano rappresentato un problema soprattutto negli inizi di partita.

I passi avanti in questo senso si sono visti anche quando in squadra sono stati innestati dei nuovi elementi, da Hinterkircher ad Egli oppure Schwab, ma anche passando da giovani come Pezzullo e Joël Neuenschwander, la cui presenza stabile nel gruppo di Cereda è stata anticipata dalle circostanze. L’integrazione ed il contributo di questi elementi è stato praticamente immediato, rafforzando il senso di maturazione dell’intero gruppo.

Una stagione che inizialmente pareva slegata per un susseguirsi di circostanze – accentuate dal mix complicato di molti infortuni e tanti impegni – si è dunque via via consolidata nonostante lo “zig zag” che l’Ambrì ha dovuto continuamente fare per reagire agli imprevisti.

Bastano pochi numeri per rendere l’idea. Zwerger ha vissuto un campionato complicato ma ha anche dovuto giocare in linea con 12 compagni diversi, Müller addirittura 13, Hofer 11 ed anche Sabolic, D’Agostini e Flynn hanno visto girare nove volti nelle loro linee. Difficile trovare stabilità e continuità in questo modo.

Gli effetti non sono stati così marcati in retrovia – con 136 gol l’Ambrì ha giocato la sua miglior stagione difensiva dall’arrivo di Cereda – ma in avanti si sono segnati solamente 120 gol, di cui appena 71 a parità numerica (nettamente la peggior squadra, con il Langnau penultimo a 86). In termini di paragone, gli ZSC Lions hanno segnato più gol a 5-contro-5 (122) rispetto a quelli complessivi dei leventinesi, che sono anche la squadra ad aver tirato meno dallo slot (557 conclusioni).

In questo c’è sicuramente da migliorare, ma la base per farlo è rappresentata dalla stabilità, che porta con se maggiore confidenza nelle proprie potenzialità ed in generale la possibilità di crescere senza dover a cadenze regolari ricominciare da capo sotto alcuni aspetti.

Nonostante tutto questo l’Ambrì non ha lasciato che il suo “ritorno alla realtà” gli sfuggisse di mano, ed ha anzi visto il proprio lavoro resistere alla classica “prova terremoto”, garantendo prestazioni – e nel limite del possibile, pure risultati – in un’annata che per i biancoblù è stata l’apice del worst-case scenario.

Impossibile avere la controprova di cosa sarebbe successo con meno assenze, ma con sei infortunati di media e delle avversità in ruoli chiave come stranieri e portieri, tenere in vita la corsa ai playoff sino al penultimo weekend ed arrivare a soli sei punti dall’ottavo posto è un risultato da non sottovalutare.

Il punto esclamativo resta naturalmente in standby in attesa dei destini del postseason, ma nel frattempo la squadra di Cereda ha dimostrato di aver ben digerito la delusione della mancata qualificazione ai playoff. È stato un Ambrì unito e determinato quello che ha chiuso la regular season battendo Davos e Lugano, e questo era il segnale più importante da lanciare nel particolare weekend a porte chiuse.

Ora si resta in attesa, ma l’Ambrì Piotta il suo ritorno alla realtà l’ha elaborato nel corso dell’intera stagione, ed ha dato segnali importanti per credere che l’abbia digerito. La classifica dopo 50 partite parlerà forse di 16 punti in meno, ma nasconde anche qualche certezza e consapevolezza in più.

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