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Ambrì Piotta

Il Lugano vince ai rigori per 3-2 un derby a due facce

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LUGANO – AMBRÌ

3-2

(1-0, 1-0, 0-2)

Reti: 11’42 Ulmer (Fazzini) 1-0, 29’19 Kienzle (Bertaggia, Maurer) 2-0, 52’55 Giroux (Pestoni, Gautschi) 2-1, 57’26 Lhotak (Duca, Lüthi) 2-2

Rigori: Hall, Klasen, Pettersson

Note: Resega, 7’800 spettatori. Arbitri Stricker, Wiegand; Tscherrig, Wüst
Penalità: Lugano 3×2′, Ambrì 5×2′

LUGANO – Il derby, che sia domenicale o meno, rimane sempre l’affascinante eterna sfida cantonale ticinese, e a dispetto degli incontri stagionali definiti da molti quanto “troppi”, alla Resega si è registrato il pienone, per un match che alla fine non sarà mai di troppo.

Lugano ed Ambrì ci arrivavano da strade diverse, con sentimenti diversi e obiettivi diversi, e a dieci giornate dal termine della regular season, per entrambe le squadre il derby della Resega assumeva un’importanza che trasuda aldilà del “semplice” prestigio.

Il Lugano arrivava da una serie di partite dal rendimento altalenante, qualche giorno dopo la fastidiosa sconfitta delle Vernets, e aldilà del logico ritorno alla vittoria, Fischer si attendeva qualche segnale sul fronte della concentrazione e della personalità, per continuare a rincorrere quel quarto posto ora in mano allo Zugo.

L’Ambrì Piotta era reduce dalla corroborante e rocambolesca vittoria interna contro la capolista Berna, ma soprattutto, in questo mese di gennaio ha mostrato ben altro carattere rispetto ad alcune disarmanti prestazioni mostrate nel 2014. Da questo devono ripartire gli uomini di Pelletier, perché se una vittoria nel derby avrebbe rappresentato una nuova speranza verso la qualificazione ai playoff, una sconfitta non deve demoralizzare l’ambiente, perché tutti devono farsi trovare pronti di spirito nella fase calda della stagione, playoff o playout che siano.

I bianconeri si sono presentati sul proprio ghiaccio con poche ma importantissime novità – come la defezione di Sartori, compensata dal recupero di Andersson – e soprattutto il rientro del capitano Hirschi, confermando il resto della formazione vista all’opera nelle ultimissime uscite, compresa la presenza di Manzato tra i pali. Una sola novità sul fronte leventinese, confermato l’ex bianconero Flückiger in porta, Pelletier ha riproposto la medesima formazione che venerdì ha sconfitto gli orsi alla Valascia, con il solo rientro di Schlagenhauf a discapito di Dostoinov, in sovrannumero.

Il primo tempo, passato in maniera abbastanza piacevole e intensa, ha visto il Lugano proporre un dominio territoriale abbastanza marcato, ma aldilà del vantaggio di casa ad opera di Ulmer, anche i biancoblù hanno potuto dire la loro. Una clamorosa asta colpita da Hall con Manzato fuori causa è stato il segnale d’allarme per i bianconeri, che seppure con il gioco sotto controllo, hanno avuto un buon da fare a rintuzzare certi contropiedi ospiti.

Meno occasioni da parte degli uomini di Pelletier, non per questo meno pericolosi, e parziale di 1-0 dopo 20’ giusto per ciò che si è visto in pista, compresi due – uno per parte – inguardabili power play, ma anche diverse incursioni pericolose di Klasen e compagnia.

Il pallino del gioco è rimasto in mano al Lugano, anche e soprattutto per il primi 10-12 minuti del periodo centrale, nel quale i biancoblù, aldilà di un paio di incursioni di Pestoni e Lauper, si sono scontrati con una difesa di casa estremanente ben piazzata, disposta ad usare il fisico e puntuale nell’uscita dal terzo.

Vi è da dire che la mancanza di concretezza del Lugano e un buon pattinaggio dell’Ambrì Piotta hanno mantenuto in gara gli ospiti, andati sotto per 2-0 solo per una mezza papera di Flückiger su un appoggio di Kienzle.

Da quella rete, i biancoblù hanno perlomeno cominciato a difendere con più vigore, applicando un maggiore filtro a centropista, portando la sfida su livelli leggermente più equilibrati, anche se la precisione e la fluidità di Duca e compagni sono sempre state decisamente inferiori a quelle avversarie.

Quando ci si aspettava che il Lugano potesse amministrare con relativa calma la situazione è salito in cattedra l’Ambrì Piotta. La rete del 2-1 di Giroux ha risvegliato i biancoblù e di pari passo ha affossato i bianconeri, che come spesso è successo sono caduti in un tremendo black out.

A nulla è servito il time out chiesto da Fischer, perché la ritrovata fiducia di Pestoni e compagni e un conseguente maggior pattinaggio hanno messo sotto il Lugano per diversi minuti a partire dal 50’, tanto da far sembrare il gioco un continuo power play leventinese.

Quasi – ma neanche troppo – di logica è arrivato il pareggio di Lhotak in mischia, meritato per lo sforzo ospite, ma anche per il lassismo e la paura in cui sono caduti i padroni di casa, tanto da far sembrare l’overtime quasi come una liberazione per Hirschi e compagni, anche se pochi secondi dopo il parreggio Bouillon ha tirato fuori un salvataggio sulla linea destinato a diventare famoso.

Un overtime più equilibrato e prudente ha portato le squadre ai rigori, dove Klasen e Pettersson hanno regalato la vittoria ai compagni.

Un Lugano autoritario e tranquillamente sicuro sui propri schemi, lisci e decisi, con poche sbavature e un uso puntuale del fisico, a fronte di un Ambrì che ha messo in mossa molti limiti in costruzione e in fase di ripartenza dal proprio terzo, ma che con pazienza ha atteso la propria occasione.

Sì, perché quel Lugano autoritario e sicuro di sé – ma sempre “monco” negli ultimi centimetri – si è improvvisamente spento attorno al 50’, e il merito di Giroux e banda è stato quello di averne saputo approfittare, alzando il livello di pattinaggio e di ingaggio fisico al momento giusto, trovando diversi buchi nel terzo offensivo e approfittandone con coraggio e cuore.

L’Ambrì Piotta non ha nulla di che rimproverarsi e deve ripartire da quegli ultimi 10-15 minuti “a fuoco”, perché in fondo la linea dei play off continua ad avvicinarsi, seppure a piccoli passi, mantenendo alta la speranza. I biancoblù possono sognare soprattutto grazie alle reti di un implacabile Giroux e di un reparto offensivo che seppur non di prim’ordine, è capace di segnare con regolarità.

D’altra parte in retrovia il lavoro da fare – anche se a gennaio sembra un po’ tardi – è ancora molto, soprattutto per la difficoltà negli schemi di uscita dal terzo, causa di vari momenti di panico.

Il Lugano deve recitare il mea culpa per aver gettato alle ortiche una partita saldamente in mano, ma i fantasmi di questo periodo sono riaffiorati nuovamente, in veste del consueto e pesante black out. Peccato per Fischer aver mancato la posta piena in un incontro che sembrava destinato a una “tranquilla” vittoria, ma questo è il risultato di un “buco” mentale che ancora separa i bianconeri dalle squadre ormai “grandi”.

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