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Lugano

Il Lugano torna da Bienne con il match ball per la finale

I bianconeri rischiano di farsi rimontare ma è decisivo il rapido 0-3 del secondo periodo. La serie è ribaltata, sabato la prima occasione per l’accesso alla finale

Il Lugano torna da Bienne con il match ball per la finale

BIENNE – LUGANO

2-4

(0-0, 0-3, 2-1)

Reti: 33’22 Lapierre (Johnston, Hofmann) 0-1, 34’06 Romanenghi (Fazzini, Cunti) 0-2, 35’46 Hofmann (Fazzini, Walker) 0-3, 47’20 Rajala (Micflikier, Pouliot) 1-3, 57’52 Micflikier (Forster, Pouliot) 2-3, 59’29 Sannitz 2-4

Note: Tissot Arena, 6’521 spettatori. Arbitri Stricker, Urban; Progin, Wüst
Penalità: Bienne 2×2′, Lugano 3×2′

BIENNE – Durante il concitato finale di partita, tra il Lugano costretto a difendersi anche in doppia inferiorità numerica, il buon vecchio (non ce ne voglia) Andreas Wyden, avrebbe pronunciato il suo famoso “deboli di cuore astenersi”.

Eh sì, perché in quel finale, che a livello di disciplina, vedasi il fallo di Fazzini soprattutto, il Lugano avrebbe potuto e dovuto gestire meglio, il Bienne ha rischiato di ritornare clamorosamente in parità dopo essere andato sotto per 0-3 nel secondo periodo, di nuovo in un black out perfettamente sfruttato dai bianconeri.

In fondo il Lugano aveva capito quale fosse la ricetta per avere la meglio di questo Bienne, soprattutto lo aveva capito dopo il famoso gol del 3-1 in shorthand di Reuille in Gara 3. Quando tutto sembrava inabissarsi i ragazzi di Ireland hanno scoperto la più fragile mentalità dei seeländer, incapaci di reagire se presi per il collo sui loro passaggi a vuoto.

Quindi, pazienza, pazienza e ancora pazienza, da parte del Lugano, capace di contenere piuttosto bene il primo tempo dei padroni di casa, trovando poche ma grosse occasioni, sulle quali Paupe – titolare al posto dell’infortunato Hiller – ha risposto bene, sorretto dal pubblico di casa.

I locali non hanno proposto un forcing iniziale debordante, pur giocando di più e meglio il disco dalla zona neutra in avanti, ma senza riuscire – di nuovo – ad incunearsi nello slot davanti a Merzlikins, ben protetto dai suoi scudieri.

Partita sontuosa in questo senso ancora di Furrer, Lajunen e Sannitz, quei giocatori che nei playoff esaltano la loro fisicità unita alla grande intelligenza di gioco, ancora una volta grandi protagonisti dell’incontro. Questa è un’altra differenza che caratterizza la squadra ticinese dai giallorossi, che negli stranieri e negli altri top player hanno ottimi attaccanti e tiratori – Rajala sembra aver quasi esaurito i bonus aldilà del gol – ma non hanno quegli all-rounder capaci di rompere il gioco, di fare male con i muscoli e poi di ripartire in contropiede per trovare le reti decisive.

Questa è una delle fortune del Lugano (se proprio si vuole di nuovo parlare di Dea Bendata), chi deve fare la differenza ha capito – sempre da quella famosa Gara 3 – che occorre farla su più fronti se se ne hanno le capacità.

E allora, quando vediamo Lapierre segnare di furbizia con un potente rasoghiaccio, FazziniHofmann combinare alla grande in power play e Romanenghi tuffarsi su un disco in mezzo a mille bastoni e pattini, capisci che il Lugano ha qualcosa in più.

Ma quel qualcosa in più i bianconeri ce l’hanno anche nella testa, per riuscire ad attendere quei momenti di sbandamento del Bienne per colpire con una crudeltà pazzesca, e anche per riuscire a resistere a quei momenti difficili stavolta ribaltatisi sulle proprie spalle, quando tutto sembrava andare per il verso giusto e all’improvviso qualcosa è andato storto.

Ma nell’andare storto qualche passaggio di partita ci sta, pur senza perdere la tramontana e la citata mentalità per rimediare e resistere a un avversario che vinto ancora non è, ma che sembra cominciare ad avere ginocchia tremolanti. Non occorre nascondersi, da parte dei bianconeri, qualcosa è cambiato sul serio altrimenti la serie non sarebbe sul 2-3 in loro favore dopo essere stata sul 2-0 per il Bienne con Earl e compagni in vantaggio 3-0 in Gara 3.

Senza nascondersi ma nemmeno pensando che tutto sia finito per il Bienne, il parziale rientro in partita di giovedì sera è segno che in un attimo le cose possono cambiare, ma il Lugano finora ci ha abituato a vederlo con la mano fermissima. E stavolta pure con quel pieno di fiducia rubato dal capiente serbatoio della Tissot Arena.


IL PROTAGONISTA

Maxim Lapierre: A volte perde qualche disco gestito in maniera un po’ pericolosa, ma è anche il primo a prendersi responsabilità scottanti. Il suo contributo in ogni fase di gioco è incredibile, sbaglia una prima occasione su Paupe ma poi trova il primo gol che spacca la partita e la serie.

In backcheck è il primo a farsi trovare pronto e il suo atteggiamento in panchina è trascinante, come quando su un tiro bloccato di Reuille esulta come avesse segnato un gol. Senza dimenticare che è sempre il topscorer di questi playoff


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