Social Media HSHS

Lugano

Nei playoff il Lugano impari a volare dove osano le aquile

LUGANO – E dire che a soli 1’40” dalla fine della sfida all’Hallenstadion l’avversario dei quarti di finale sarebbe stato il Davos. E pure quella traversa colpita dallo ZSC a soli 19” dal 60’ è sembrata un segno del destino. Ma d’altra parte il Lugano di destino non vuol sentir parlare, e la voglia era quella di salire il più possibile in classifica senza fare calcoli, anche per dare un segnale forte alle avversarie, in particolare il famigerato Servette.

E quindi McSorley sia, di nuovo. Pareva una storia già scritta, quella che dopo l’amaro quarto di finale della stagione scorsa vede Lugano e Servette affrontarsi per una rivincita che già sa di vendetta.

Due le differenze sostanziali rispetto a quella sfida di una anno fa: il fattore casalingo – primo obiettivo bianconero della stagione – stavolta è a favore della squadra di Fischer, e in secondo luogo ma più importante, il valore tecnico e complessivo delle due squadre sembra essersi invertito.

Il Lugano può infatti contare su un gruppo decisamente più completo, più forte fisicamente e più maturo a livello di personalità rispetto a quella eliminato in 5 partite dai granata, e inoltre può contare nel proprio organico almeno tre fuoriclasse in più. Brunner, Filppula e Klasen (oltre a un Manzato decisamente “nuovo”) sono un valore aggiunto dominante nella sfida, contro un Ginevra che ha perso uno dei mattatori degli scorsi play off, il lettone Daugavins, e soprattutto un certo Tobias Stephan.

Pur autore di quasi un punto a partita, Lombardi non sembra essere ancora in grado di esprimersi sui livelli fenomenali della scorsa stagione, e Robert Mayer ha mostrato troppa incostanza per non far rimpiangere quello che ora è il portiere dello Zugo. Il Lugano inoltre può contare tra le proprie fila anche su un Simek che si porta dentro grande voglia di rivalsa, e il rendimento dello svizzero-slovacco nelle prime gare in bianconero – 3 reti di cui 2 game winning gol e 4 assist in 6 partite – non fa che aumentare il potenziale ticinese.

Ciò che più i tifosi temono è il gioco fisico del Ginevra, ma il Lugano delle ultime uscite sembra essere in grado di colmare questo gap, grazie a giocatori come Walker, Maurer, Chiesa, Vauclair, Hirschi, McLean e lo stesso Simek. Non da ultimo, il Lugano targato 2013/14 arrivò ai play off con il fiato corto, mentre quello di questa stagione arriva decisamente più rilassato e con i polmoni pieni ai giochi che contano.

Fin qui le considerazioni puramente tecniche e basate sulla stagione regolare appena conclusasi, ma nei play off occorrerà un salto ulteriore. Le pressioni aumentano, i pensieri vanno inconsciamente alla sfida della scorsa stagione e alle semifinali che in casa bianconera mancano dalla stagione 2005/06.

Ecco, è qui che il Lugano dovrà fare quel salto in più, attraversare il fossato della paura e far valere la propria posizione, quella di una squadra forte e determinata, che ha concluso la regular season al terzo posto a soli quattro punti dalla vetta, quella di una squadra che non è più dipendente dai soli svedesi ma che è in grado di vincere le partite anche con il secondo, terzo o quarto blocco.

Un’altra differenza rispetto a 12 mesi fa sta nell’unità del gruppo, costruito dalla mentalità vincente e moderna di Fischer, dalla silenziosa saggezza di Andersson con la collaborazione preziosa di Wohlwend.

Quel Lugano accusò i colpi delle cessioni importanti, soprattutto quella di Metropolit proprio alla vigilia dei play off, privando la squadra di un certo equilibrio e di un punto di riferimento. Oggi quell’equilibrio è stabile, il gruppo è coeso, ma soprattutto, grazie al fodamentale ma sottovalutato ruolo del mental coach Fausto Donadelli, quel gruppo da qualche settimana ha cominciato a pensare come una mente unica, riuscendo a catalizzare l’attenzione e la concentrazione cambio dopo cambio, con l’unico obiettivo di migliorarsi e fare un passo dopo l’altro nella medesima direzione.

Uscire ai quarti, indubbiamente andrebbe considerato come un passo non solo sul posto, ma addirittura anche un fallimento, sia per gli obiettivi stagionali che per come si è sviluppata la squadra nelle ultime settimane. Ma, ne siamo certi, lo staff e i giocatori ne sono coscienti e quella parola non vogliono sentirla nominare.

Allora basterà che trasformino quelle paure in coraggio e voglia di vincere, perché quell’aquila non può e non deve più far paura.

Click to comment

Altri articoli in Lugano