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I top e flop dei quarti di finale dei playoff secondo HSHS

Al termine di ogni serie, per tutto il corso dei playoff, HSHS vi proporrà la rubrica dedicata ai “top e flop”, ovvero ai giocatori che secondo noi si sono distinti, così come a coloro da cui ci si aspettava invece qualcosa in più.

Vengono selezionati un portiere, due difensori, tre attaccanti ed un allenatore, tra chi ha fatto particolarmente bene e chi, invece, ha deluso le aspettative.

Di seguito la selezione basata sui sulle partite dei quarti di finale dei playoff 2016.


I TOP DI HSHS

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Elvis Merzlikins (Lugano): Alla vigilia dei playoff, sulle pagine di un famoso giornale d’oltre Gottardo, era stato definito un “Lottergoalie”, mettendo in dubbio la sua affidabilità e la tenuta mentale nel postseason. Ma chi conosce veramente il giovane Elvis sa benissimo che davanti alle fasi più calde della stagione lui non ha alcuna paura, anzi, si esalta. Dai quarti di finale contro lo Zugo è uscito con il 94,2% di parate, mantenendo un sangue freddo e una calma pazzeschi, con già un picco in quell’eroica gara 1 alla Bossard Arena da cui è uscito sfinito dopo 80 minuti di grande lavoro e i rigori. Ha vinto nettamente la sfida interna contro il suo dirimpettaio ed esperto Tobias Stephan e, nel caso ce ne fosse bisogno, ha di nuovo dimostrato a tutti di essere di gran lunga uno dei più forti portieri del campionato.

Goran Bezina (Ginevra Servette): Pur essendo l’unica squadra tra quelle qualificate ad aver dovuto ricorrere ad una quinta partita, il Ginevra si è dimostrato formazione intrattabile davanti al proprio pubblico, dove i granata non hanno mai incassato più di un gol in questi playoff. In passato sul punto di andarsene, capitan Bezina sta giocando la dodicesima stagione con il Servette, e si è confermato pedina fondamentale risultando il difensore più produttivo di questi quarti di finale! Si è distinto con cinque assist – uniti ad un +4 e a due sole penalità minori – e in combutta con Antonietti forma una linea di difesa da oltre 200 kg che rappresenta una vera e propria muraglia davanti a Mayer. A Lugano il compito di abbatterla o aggirarla…

Timo Helbling (Berna): Il buon Timo è un difensore destinato a far discutere e, come da “tradizione”, aveva iniziato i playoff tra alti e bassi. Autore di un gol stupendo con un violentissimo slapshot in Gara 1, ha anche fatto una figuraccia sull’incursione di Suter, che gli aveva fatto perdere l’equilibrio in velocità e costretto a provocare un rigore per il lancio del bastone. Lui però non si è fermato, ha continuato ha proporre il suo gioco fisico ed ha colpito nuovamente nella terza sfida, sfruttando un rebound concesso da Flüeler. Mai in negativo e con 11 tiri complessivi in porta, per il prossimo anno ha già firmato a Kloten, ma con gli aviatori in guai seri potrebbe tornare ad essere un giocatore molto interessante disponibile sul mercato.

Tony Martensson (Lugano): La cosa giusta al posto giusto e nel momento giusto, sempre. Il centro svedese conferma la crescita avuta in regular season e nei playoff sta dimostrando di essere di un’utilità pazzesca. Capacità di leggere il gioco come pochi, calma, ordine e visione a tutta pista, ora forse si capisce perché per un paio di anni ha giocato in una delle linee offensive più forti d’Europa. Klasen si è sbattuto, creato gioco, assist e ha fatto i numeri, non c’è dubbio, ma Martensson con le sue due reti fotocopia ha deciso Gara 2 e Gara 3, come il più implacabile dei killer da slot. E, dulcis in fundo, in Gara 4 ha piazzato quel delizioso assist per Brunner che ha eliminato lo Zugo. Semplice e  fondamentale.

Kevin Romy (Ginevra Servette): Con un bottino di sette punti è stato il miglior marcatore di questi quarti di finale, in compagnia dell’avversario burgundo, Marc-Antoine Pouliot. Centro imprescindibile della prima linea completata da D’Agostini e Pedretti (prima) oppure Kast (poi), l’ex bianconero è un perfetto mix tra esperienza ed agonismo, che gli hanno permesso di essere più volte decisivo. Suo il tiro che ha portato a compimento l’epica rimonta dal 3-0 in Gara 2, i due assist per D’Agostini che hanno deciso la seconda sfida, ed il wrap-around che ha chiuso la serie. Con lui, Slater e Lombardi il Ginevra ha una profondità al centro di grandissima qualità, che giocherà un ruolo importante nella serie contro il Lugano.

Perttu Lindgren (Davos): Nessuno ha segnato quanto lui – quattro gol – in questa prima fase dei playoff, ma d’altronde dopo una regular season a livelli stratosferici non ci si aspettava altro dal finlandese! Andato a punti in tutte le partite della serie contro il Kloten – ed in gol in tre occasioni su quattro – non ci ha messo molto a ritrovare il feeling con il postseason, battendo due volte Boltshauser già nella prima partita della serie. Il suo capolavoro rimane però quel 3-3 ottenuto in Gara 2, direttamente su azione d’ingaggio da centro pista e soli sei secondi dopo il vantaggio locale!

Lars Leuenberger (Berna): Non si è certo trovato in una situazione facile, Lars Leuenberger. Promosso ad head coach a metà novembre, ha avuto il compito di portare ai playoff un Berna che mancava di gioco, fiducia e che ha avuto dalla sua parecchia sfortuna, con un grandissimo numero di infortunati. Si è poi dovuto confrontare con la partenza del fratello Sven, con la consapevolezza sin dall’inizio di non avere piena fiducia – confermarlo per il 2016/17 non è mai stata nemmeno un’opzione – e con il fatto di dover affrontare la corazzata Zurigo al primo turno. Il karma gli ha dato una mano (vedasi i molti ferri colpiti dai Lions, e la clamorosa rete annullata a Rundblad), ma Leuenberger ha avuto il merito di ridare entuasiasmo ad una squadra che ora vuole credere di poter andare fino in fondo. D’altronde, di coach vincenti ed in partenza dopo il titolo, in Svizzera ne è zeppa la storia…


I FLOP DI HSHS

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Benjamin Conz (Friborgo Gotteron): Non è stato il peggior portiere a livello statistico di questi quarti di finale – quel “titolo” tocca a Stephan con l’88.64% di parate – ma l’estremo difensore dei burgundi è sicuramente apparso quello maggiormente fuori dal contesto dei playoff. Disattento sui rebound, mai realmente decisivo e autore del rilancio errato che ha dato una direzione precisa alla serie – quello che ha permesso a Romy di firmare il 3-3 in Gara 2 – l’ex bianconero non è mai riuscito ad elevare il suo gioco. Ha concluso malamente la serie con quel goffo gol concesso nuovamente a Romy, che ha messo in cassaforte la qualificazione per il Ginevra.

Erik Gustafsson (Kloten Flyers): Non che ci si attendesse molto dal Kloten nella sfida contro un Davos decisamente più attrezzato, ma il difensore svedese è stato tra coloro che nelle fila degli aviatori hanno deluso di più. Nessun punto ed un bilancio di -6 lo hanno reso il peggior difensore di tutti i quarti di finale, con il contributo del 27enne che avrebbe potuto cambiare il destino di almeno una partita. Ha vissuto il suo miglior momento tra fine dicembre e fine gennaio (11 punti in 10 partite), ma per gli aviatori si è poi spento proprio sul più bello.

Patrick Geering (ZSC Lions): I playoff degli ZSC Lions sono stati una catastrofe, e le prestazioni approssimative di Geering non hanno certo contribuito ad arginare l’entuasiasmo del Berna, tant’è che il difensore zurighese ha chiuso il suo postseason con il bilancio peggiore tra i difensori (-6), in compagnia di Gustafsson. Poco convincente il suo senso della posizione, che lo ha visto spesso rincorrere gli avversari con l’errato tempismo, inducendo infine Crawford a rimuoverlo dalla prima coppia di difesa, che per le prime tre sfide lo aveva visto in coppia con Rundblad.

Jarkko Immonen (Zugo): Doveva essere l’uomo in più dello Zugo, per fare il passo avanti nei playoff, e invece si è rivelato una delle più grosse delusioni del postseason. Centro two way tra i più duttili e intelligenti del continente, ha messo a segno la bellezza di 9 game winning gol nella stagione regolare, confermandosi come il giocatore più decisivo del campionato. Nella serie dei quarti di finale è però sparito completamente dai radar, annullato dal gioco fisico del Lugano e sorpreso anche dalle capacità agli ingaggi – altra sua specialità – di un certo Maxim Lapierre. Zero reti e due assist contro i bianconeri, di cui uno sull’autorete di Brunner dopo l’appoggio alla cieca di Bouchard. Per tutte le quattro partite è rimasto in balia degli eventi, quando il citato Bouchard tra i suoi compagni era l’unico che ci provava veramente fino alla fine.

Roman Wick (ZSC Lions): Già in stagione regolare non aveva assolutamente brillato, passando nell’ombra dei vari Nilsson e Matthews, ma nei quarti di finale è stato uno dei “simboli” del fallimento dei Lions. L’aver giochicchiato per tutta la stagione senza avversari ha privato lo ZSC della necessaria cattiveria da playoff e anche l’attaccante 30enne non ha saputo fare l’auspicato salto di qualità necessario per vincere, che si giochi nei prestigiosi Lions o negli ultimi in classifica. Nessun punto all’attivo, solo 8 tiri in porta in quattro partite e nessuno spunto che potesse dare un segnale verso i suoi compagni, confermando il fatto che la forza caratteriale e la leadership non sono di certo tra le sue corde.

Fredrik Pettersson (Lugano): Potrà stupire il fatto che il numero 71 bianconero trovi posto tra i flop, nonostante i suoi 5 assist all’attivo nella serie contro lo Zugo. Ma i numeri, si sa, non sono sempre tutto. Lo svedese autore di 26 reti in regular season è apparso infatti come il meno ispirato del Lugano, commettendo spesso errori gravi in uscita col disco sul bastone. Quegli errori sono costati svariati pericoli, sventati da Merzlikins alla Bossard Arena o finiti in rete come nel caso del turn over sciagurato in Gara 4 alla Resega (rete di apertura di Grossmann). Il Lugano ha saputo vincere la serie anche senza le sue reti, e questo è indice di grande forza della squadra di Shedden, ma si spera che il micidiale svedese ritrovi la vena giusta con l’avversario giusto, guarda caso il Ginevra…

Marc Crawford (ZSC Lions): Uno squadrone che ha spadroneggiato per tutta la stagione regolare, che ha fatto capire a tutti che non aveva avversari. Invece un avversario per lo ZSC Lions c’era – con tutto il rispetto per l’onesto Berna di Leuenberger – ed era lo ZSC stesso. Puniti da un’eccessiva sicurezza nei propri mezzi, i Lions non hanno avuto dal proprio allenatore la scintilla per accendersi nei playoff, e vedere il già vincitore di una Stanley Cup andare nel pallone contro il neofita ad interim Lars Leuenberger ha fatto indignare i propri tifosi. Mancanza di grinta dalla panchina, comunicazione confusa e mancanza di coraggio, come nel caso di Schlegel. Il portierino zurighese aveva terminato la regular season come il miglior portiere della LNA, ma Crawford nei quarti ha preferito schierare un Flüeler assente da metà novembre e chiaramente fuori condizione, fisica e mentale. Non la ragione principale del fallimento, ma un sintomo grave dell’approccio sbagliato ai playoff del coach canadese.

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