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Lugano

Contro il Bienne i rigori premiano un Lugano meno brillante

luganosettanta
LUGANO – BIENNE

3-2

(0-1, 1-1, 1-0; 1-0)

bienne
Reti: 14’58 Rouiller 0-1, 30’26 Martensson (Klasen, Furrer) 1-1, 33’52 Steiner (Olausson, Huguenin) 1-2, 48’37 Walker (Martensson, Furrer) 2-2

Rigori: Klasen, Huguenin, Pettersson

Note: Biasca, 892 spettatori. Arbitri Boverio, Prugger; Kohler, Espinoza
Penalità: Lugano 3×2′ + 1×10′ (Walker), Bienne 9×2′

BIASCA – Terza amichevole di preparazione per il Lugano, che nell’inedita “location” della pista di Biasca ha affrontato i futuri avversari in LNA del Bienne. Per affrontare la squadra di Kevin Schläpfer, i bianconeri sono saliti in Riviera con alcune modifiche al loro assetto, a partire dal portiere di partenza, che dopo Manzato contro l’Örebro, è stato scelto Merzlikins.

Per quanto riguarda i giocatori di movimento, i cambiamenti sostanziali sono due, a partire dallo “scambio” tra Filppula e Steinmann tra il centro del secondo e del terzo blocco, e finendo con l’esordio vero e proprio di Kostner, con Fazzini lasciato a riposo. Nei seeländer da annotare le assenze di Ahren Spylo e Tim Stapleton e la presenza invece di Mathias Joggi, dato per infortunato dopo una discata al piede.

Nel complesso del match – dominato per lunghi tratti dai bianconeri – Pettersson e compagni hanno mostrato ancora una grande intensità e continuità di pattinaggio, con e senza disco, risultando però imprecisi in fase di finalizzazione. Davanti al convincente Merzlikins, ossia dalla difesa, sono arrivati ancora ottimi segnali.

Movimenti intelligenti, durezza, calma e pazienza la fanno da padroni nonostante le assenze di Vauclair e Hirschi. Tutte doti viste anche nel sempre più convincente Sartori, che di nuovo ha stupito tutti – o forse non più – per la visione di gioco, il senso della posizione e la pulizia nello smistare il gioco. Qualità che eccellono anche nel nuovo arrivato Furrer, che ha già preso in mano il suo blocco di power play e formato con Chiesa una coppia d’acciaio.

Però è stato un Lugano diverso da quello visto contro l’Ōrebro, soprattutto per ciò che concerne le trame d’attacco e la capacità dei bianconeri di andare dritti sul portiere. Se contro gli svedesi – anche all’esordio con lo Schwenninger – a strappare applausi era stata la capacità di Brunner e compagni di arrivare con pochi e veloci passaggi dalle parti del portiere avversario, stavolta si è visto un Lugano un po’ più “vanitoso” che ha cercato l’ultimo fine passaggio incartandosi prima ancora di arrivare alla conclusione ideale.

Sono stati molti i tiri verso Rytz, ma parecchi fuori dallo specchio della porta e molti bloccati dai difensori avversari. Non è un caso se entrambe le reti sono arrivate in power play, identiche e sullo “schema McLean”, ossia col disco sul portiere dalla blu e un attaccante – nella fattispecie Martensson e Walker – a deviarlo facendo schermo sul portiere. Schemi semplici quanto efficaci, ma anche in superiorità numerica c’è stata più di una difficoltà.

Meglio, molto meglio il box play, che ha tenuto anche in una nuova situazione di doppia inferiorità, ma questo è un segnale che arriva ancora dal passato, lo stesso passato che porta qualche difetto di regolazione.

Chi si trova in uno stato di forma già smagliante è Bertaggia, tra gli unici a crearsi occasioni nitide e a prendere le vie centrali, un po’ come Morini, dotato di un senso della posizione innato e capace di muoversi con decisione e senza paura.

Da rivedere l’esperimento dello scambio tra Steinmann e Filppula – poi rientrati entrambi nei propri blocchi – mentre la linea svedese, anche se non ancora nemmeno al 50% delle sue capacità comincia a trovarsi, grazie un Martensson a tratti invisibile ma solo perché impegnato in un lavoro sporco e di qualità superiore.

Alla fine il Lugano l’ha spuntata lo stesso nonostante le difficoltà, grazie al rigore “circense” di Klasen e a quello probabilmente irregolare di Pettersson, ma tant’è, ciò che deve più interessare Patrick Fischer è il lavoro che si è visto nei 65’, a tratti buono, a tratti meno. A singhiozzo, un po’ come è stato il Lugano alla sua terza uscita.

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