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Interviste

Alfio Molina: “Un grande onore, questo club mi ha dato più di quanto abbia dato io”

L’ex numero 1: “Questo mi fa capire quanto il Lugano tenga a me, è un momento importante”. Vicky Mantegazza: “Molina, Coté e Rogger hanno lasciato un segno indelebile nel club, è un atto dovuto”

LUGANO – Prima della partita contro il Davos in programma alla Cornèr Arena venerdì sera, l’Hockey Club Lugano ha inaugurato ufficialmente la sua Hall of Fame, dedicando dei settori di tribuna a Bernard Coté, Bruno Rogger e Alfio Molina.

Alla presenza dei dirigenti del club e dei membri delle famiglie delle ora “leggende” bianconere, a Coté, Rogger e Molina sono stati consegnati pure degli anelli personalizzati in ricordo del loro passato sul ghiaccio della Resega.

Tra i più emozionati c’era proprio Alfio Molina, lo storico numero 1 del Lugano è stato il primo a tagliare il nastro del suo settore e a ricevere gli omaggi. A cosa pensa guardando questo anello e al suo nome all’entrata della tribuna? “Devo dire la verità, quando eri sul ghiaccio, parlando ovviamente dei miei tempi da giocatore, facevi tutto con spontaneità e non pensavi al dopo – esordisce MolinaPensavi a divertirti e a giocare per anche per lavoro, lo facevi con spensieratezza. Oggi invece, con questo omaggio della Hall of Fame mi rendo conto quanto questo club tenga a me e al ricordo di quello che ho fatto assieme agli altri ragazzi, è veramente una bella emozione e soprattutto un grande onore”.

E se ci sono ricordi che riaffiorano in questi momenti, l’ex portiere bianconero ripensa ai suoi esordi: “Ce ne sono tanti di ricordi, come i titoli vinti naturalmente, ma in momenti come questi si ripensa agli inizi, quando la società decise di buttare nella mischia per puntare alla promozione in LNB un ragazzino di 15 anni. Una vera scommessa, o forse una pazzia”.

Oltre ai titoli svizzeri c’è stata una lunga carriera anche in Nazionale, con diversi mondiali e pure i Giochi Olimpici invernali di Sapporo in Giappone. Per la maglia rossocrociata Molina ha un affetto particolare: “La Nazionale Svizzera per me è sempre stata un traguardo importantissimo, già a livello giovanile venivo selezionato regolarmente nelle varie formazioni, però poi in età adulta non credevo invero di poter trovare spazio e invece sono arrivato al punto di ritirarmi dalla nazionale maggiore nonostante mi avrebbero ancora invitato”.

Parlando di portieri e di presente, Molina non dimentica il percorso che sta facendo Elvis Merzlikins, anche lui partito dalle giovanili bianconere: “Personalmente non ho seguito passo passo il suo percorso fuori da Lugano ma so che sta cominciando a tracciare la sua strada anche in Nord America e questo mi fa piacere perché è sempre stato il suo obiettivo e ha sempre fatto tutto per raggiungerlo. Ha la determinazione per raggiungere certi traguardi – termina il 71enne – e la “sfacciataggine” necessaria per non mollare mai”.

Mentre le tre leggende sono occupate nelle interviste e nelle foto di rito il presidente del club bianconero Vicky Mantegazza spiega l’idea dietro a questa Hall of Fame: “Abbiamo voluto costituirla per onorare al meglio chi ha lasciato un segno nel nostro club – afferma il presidente – e dato anche che abbiamo già ritirato diverse maglie dei nostri giocatori più rappresentativi questa ci è sembrata la soluzione migliore per poter ringraziare anche altre persone che si sono distinte”.

Per il presidente del Lugano tutti e tre gli ex giocatori hanno lasciato segni indelebili nel club ma anche nel suo cuore da tifosa: “Di tutti e tre ho grandi ricordi, dalle grandi parate di Alfio Molina, alla classe e lo stile di Bernard Coté, fino a Bruno Rogger, il quale è stato il mio primo giocatore preferito e per il quale serbo un affetto particolare.”

Per Vicky Mantegazza però non è vero che non esistono più le bandiere come Coté, Rogger e Molina, anche se le generazioni sono cambiate profondamente: “È vero che oggi l’hockey è cambiato profondamente rispetto ai tempi in cui giocavano Molina, Coté e Rogger, è molto più facile cambiare squadra e tantissimi giocatori possono coltivare e calvalcare il sogno della NHL. Però credo pure che ci siano ancora quei giocatori fortemente rappresentativi di un club e della sua storia, pensando per esempio a Raffaele Sannitz e Julien Vauclair. Di bandiere ce ne sono meno ma esistono ancora.”

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